di Dario Ghezzi
« Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione. »
(Piero Calamandrei, Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza. Milano, 26 gennaio 1955)
Si potrebbe affermare, senza paura di essere smentiti, che questa data segni inequivocabilmente la festa della Libertà. Fa di un Popolo e della Libertà i protagonisti assoluti. Una ricorrenza che abbraccia allo stesso tempo oppressi ed oppressori e che deterge pagine di storia ancora macchiate dalla crudeltà delle dittature. Chi non prende parte ad una festa di questo tipo confessa la sua natura maligna, denuncia a chiare lettere l’erebo che si nasconde dietro al suo sorriso, la particolare propensione all’inganno e al tradimento. Non c’è nessuno che, avendo patito le vicissitudini dell’ultimo conflitto mondiale, non riconosca in questa data la Liberazione dallo straniero e dalla cecità di posizioni ideologiche nefaste.
Non c’è ombra di dubbio che la nostra Costituzione sia figlia di un periodo di sofferenza di grande intensità. La natura, l’impostazione semplicemente disarmante della sequenza degli articoli, la facilità di esposizione, il peso dei contenuti, ne fa ancora oggi, una delle più belle al mondo.
Il 25 aprile è il latte detergente che smaschera ed indica. Scopre chi bleffa.
L’orgoglio di essere italiani, in fondo, si sostanzia soprattutto in questa data affermando la propria portata senza incolpare nessuno perché nessuno aveva torto, nessuno ragione.