L’umiltà di chi sente tutto il peso del mandato conferito dagli elettori e vede nel ruolo parlamentare l’espressione alta di una rappresentanza che impegna e che onora. Grazie quindi a tutti gli italiani che mi hanno sostenuto con la loro passione civile e politica, a tutti coloro che hanno lavorato al mio fianco, alla forte candidatura di Romina Crosato, giovane sudafricana che per la prima volta ha deciso di essere parte di un progetto politico, quello del Partito Democratico, e che con coraggio ha sfidato una visione “provinciale” della rappresentanza che ci vorrebbe tutti legati ad un territorio di appartenenza: dobbiamo continuare a far capire che la diaspora italiana nel mondo porta i germi della solidarietà, dell’integrazione, di una visione “globale” che tutela interessi, rappresenta aspirazioni e promuove azioni concrete per gli italiani nel mondo ma che è anche capace di sottrarsi ai nazionalismi ed alle divisioni di parte per lavorare insieme. Porterò avanti questo lavoro con Romina e con tutti i nostri sostenitori e collaboratori.
Ho voluto, in questa campagna, tenere un diario di bordo. Un diario di questa avventura elettorale che pubblicherò – spero prima che poi – perché racconta la storia degli italiani d’Australia e del loro rapporto di odio-amore con l’Italia. Non è solo l’amore, come spesso accade, che tiene insieme le persone, i rapporti e le relazioni. La mia campagna elettorale è stato anche un momento esplorativo: volevo capire se davvero i politici erano tanto odiati, se davvero – come gli avversari dicevano – le persone disprezzavano la politica, si sarebbero astenute dal voto e comunque avrebbero espresso un voto di reazione.
Volevo vedere, prima di tutto, se il voto all’estero muove le coscienze, anche per alcuni giorni di campagna e voto, se avvince, persone e famiglie, se, in altre parole, la politica italiana entra nella vita delle persone anche quando vivono a 25mila chilometri di distanza.
Ho capito che la politica italiana non è stata mai avvincente come in questi giorni di “veltroniana” memoria: che il cambiamento che proponevamo per l’Italia è stato davvero capito bene dagli italiani d’Australia. Non l’annullamento della sinistra o della destra ma – dagli elettori – la conferma che occorre cambiare, che occorre tornare a credere nella politica e nei politici e che l’unico modo per farlo, visto che la politica dei partiti, anche quelli di sinistra e di destra, era bloccata al nastro di partenza, era un’autentica rivoluzione. E la rivoluzione c’è stata.
Ho divorato chilometri di autostrade deserte per arrivare nelle case di siciliani e calabresi, per sentirmi dire che il loro voto onesto e libero sarebbe andato a chi vuole cambiare l’Italia: altro che sud berlusconiano. I cittadini italiani, liberi, in un paese come l’Australia dove la politica viene vissuta intensamente ma con equilibrio, dove l’opposizione ha un ruolo importante tanto quanto la maggioranza, dove è normale incontrare il leader dell’opposizione e concordare un atteggiamento comune su una questione di politica estera, dove la politica non è scontro ma è “governo” delle vicende umane, i cittadini italiani scelgono i candidati migliori, le proposte migliori, la via del cambiamento.
Ho volato nelle ore più strane da Melbourne a Perth, sui cieli di Alice Springs, la montagna rossa aborigena, per parlare con donne e uomini, pensionati e commercianti, che chiedono più attenzione, non solo da noi ma dal sistema Italia, dal sistema Paese: non soldi o assistenzialismo ma opportunità di conoscenza e crescita reciproca.
Ho navigato su internet per parlare ai giovani, da face-book a my-space, ed ho vissuto la campagna più bella della mia vita: da cibernauta cinquantenne (compiuti il tredici aprile!). Mi chiedevano, i giovani, perché votare, capire e vivere, anche fosse per un giorno, la politica italiana? Spiegavo che nel mondo delle opportunità il legame con l’Italia e l’Europa è importante e non può passare solo attraverso il Regno Unito. Spiegavo che votare in questa elezione era un modo per dire all’Italia di uscire dal tunnel, che c’è una speranza, che in altri Paesi si vive – da destra a sinistra – facendo politica e cambiando la vita delle persone, senza drammi, senza nostalgie, con la voglia di fare: una democrazia che funziona, che decide, che migliora la vita dei cittadini. Dicevo che la circoscrizione estero ci serve a dire queste cose in Parlamento e che le diaspore del mondo hanno bisogno di questo riconoscimento.
Ho imparato che l’Italia fuori d’Italia è matura e consapevole, che vede l’Italia come un paese in difficoltà e vuole fare tutto ciò che può per rinnovarlo.