di TOMMASO MERLO
Anche a me piacerebbe recarmi alle urne per esercitare il mio diritto-dovere di votare, e invece no. Me me ne starò a casa. E' la mia prima volta da astensionista e non è una senzazione piacevole. Io credo nell'importanza del voto e credo in quella della politica, ma questa volta rinuncio. Assurdo? Per niente, almeno dal mio punto di vista. Il mio problema è semplicemente che nella scheda elettorale non c'è nessun simbolo che mi rappresenti, o per cui ritengo valga la pena metterci la crocetta sopra. Tutto qui. E penso sia ridicolo andare comunque al seggio a far finta di votare. Potrei, come in passato, votare per il meno peggio, ma questa volta non ho nemmeno la forza di tapparmi il naso. Votando per simboli e partiti a cui non credo, infatti, contribuirei a tenere in piedi un sistema politico che invece io vorrei completamente rinnovato, o meglio ancora sostituito da uno nuovo. Ed è questo il punto, la mia astensione ha un significato politico ben preciso. Non votando, denuncio il fatto di essere un cittadino privo di rappresentanza politica ed esprimo la volontà di un rinnovamento radicale della politica vigente. Un rinnovamento generazionale della classe dirigente e di cultura politica. Il mio non voto è quindi un gesto consapevole a cui attribuisco un significato politico. Ritengo la mia astensione una forma di protesta legittima e assolutamente democratica. Ed essendo una forma di protesta, è per definizione temporanea e vincolata allo stato di cose esistente. Non esiterò a tornare al voto nel momento in cui nella scheda vi saranno simboli, o meglio progetti, in cui credo. Per tutte queste ragioni, la mia astensione consapevole è molto più carica di contenuti politici del voto fatto a caso, per abitudine o per tradizione di famiglia. Quanto ai benpensanti che invitano comunque a votare, si tratta di coloro che hanno interesse a che ciò avvenga, e cioè che nulla cambi o che cambi attraverso i partiti esistenti a cui sono in qualche modo legati. Il punto che ignorano i benpensanti è che l'astensionista consapevole non è la causa ma l'effetto della malapolitica, e della distanza che separa il cittadino dai partiti e dalla loro cultura. L'effetto di un sistema politico che, nonostante una situazione ormai drammatica, si ostina a rimanere uguale a se stesso e riproporre uomini e formule che hanno già ampiamente fallito. Un'immobilismo irresponsabile che col tempo ha svuotato perfino il gioco democratico del suo senso allontanando chi, come me, sogna di poter tornare a crederci, e a votare.