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Il patrimonio culturale di una nazione è parte inseparabile della sua identità 

«Il patrimonio culturale di una nazione è parte inseparabile della sua identità e solido punto di riferimento nell’evoluzione dei popoli»: con queste parole Michalis Liapis, ministro ellenico della Cultura, lunedì 17 marzo ha aperto i lavori del primo convegno mondiale, chiusosi il 18 marzo, dedicato al ritorno dei beni culturali nei Paesi di provenienza, organizzato dal ministero ellenico della Cultura di concerto con l’UNESCO, che ha visto la partecipazione di consulenti legali, di museologi e di specialisti del settore riunitisi ad Atene con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale su una questione che oltre alla Grecia e ai marmi del Partenone, riguarda molte altre opere d’arte divenute, nel passato ma anche oggi, altrettanti oggetti di desideri inconfessabili che i governi non sempre si dedicano con zelo a contrastare.
A questo proposito sono impressionanti i dati forniti nel suo intervento da Yorgos Anastassòpulos, ambasciatore della Grecia presso l’UNESCO e presidente della 34.a Conferenza Generale dell’organismo. Secondo i dati ufficiali delle Nazioni Unite, infatti, il giro d’affari mondiale prodotto dal commercio di opere d’arte ammonta a sessanta miliardi di dollari, con aumento del cinquanta per cento negli ultimi dieci anni, buona parte dei quali riguardano beni culturali trafugati, mentre i Paesi africani nel loro complesso hanno smesso di essere proprietari del 95% del loro patrimonio culturale. Un vero e proprio saccheggio a cui i Paesi aderenti all’UNESCO hanno deciso di porre rimedio firmando nel 1970 la convenzione sul ritorno dei beni culturali nei Paesi d’origine. Tra questi figurano anche Paesi come il Giappone, la Svizzera, la Danimarca, il Regno Unito, gli Stati Uniti, la Germania ecc., tradizionalmente refrattarie al problema della restituzione.
Il convegno si è svolto nell’anfiteatro del nuovo museo dell’Acropoli e com’è ovvio qualsiasi riferimento è assolutamente voluto. Infatti il completamento dell’opera dell’architetto svizzero Tschumi sottrae alla controparte britannica quella che era l’argomentazione più forte nei confronti della richiesta greca di riottenere i marmi trafugati da Elgin duecento anni orsono, ossia quella della conservazione ottimale dei manufatti. E non a caso nel suo discorso di apertura il ministro Liapis, accennando alla rigorosa legislazione greca in materia di protezione del patrimonio culturale, ha fatto notare che il nuovo museo dell’Acropoli costituisce lo spazio ideale in cui esporre i rilievi del Partenone nel loro ambiente storico e naturale. Al ministro Liapis ha fatto eco Christiane Tytgat, già sovrintendente dei Regi musei di arte e storia di Bruxelles, durante la sua relazione: «Basta dare un’occhiata intorno per capire a chi appartengono davvero i marmi del Partenone». Una delle relazioni più interessanti del convegno è stata quella di Giorgio Croci, docente di problemi strutturali dei monumenti e dell’edilizia storica presso la Sapienza di Roma, di Tullio Scovazzi, docente di diritto internazionale presso l’Università Bocconi di Milano, e di Jara Haile Mariam, direttore generale dell’organismo per la ricerca e la conservazione del patrimonio culturale di Etiopia.
I tre relatori hanno esposto la cronistoria del trasporto a Roma e della restituzione (nel 2004) all’Etiopia del celebre obelisco di Axum, trafugato nel 1937 dall’Italia. Secondo Croci «questa vicenda, conclusasi con cinquantasette anni di ritardo, costituisce un esempio straordinario dell’evoluzione dei principi legali internazionali concernenti la salvaguardia del patrimonio culturale di Paesi terzi». Scovazzi invece ha ricordato che l’Italia, oltre a quelle di trasporto, ha sostenuto anche le spese di restauro e di ricollocazione di questo monumento sacro, per un totale di quattro milioni di dollari, dimostrando così fattivamente la volontà di ripristinare i buoni rapporti tra i due governi. Dal canto suo Francoise Rivier, assistente del direttore generale della cultura dell’UNESCO, ha parlato del pericolo corso dai beni culturali in Paesi che si trovano in stato di guerra ricordando soprattutto i casi dell’Iraq e dell’Afghanistan, e annunciando un grande incontro su questo tema che si svolgerà nella Repubblica Coreana alla fine del 2008. «Restituire un’opera d’arte al suo legittimo proprietario è indice di generosità, di rispetto per l’identità dell’altro, e segna l’inizio di una nuova stagione, governata da nuovi principi», ha fatto notare Elena Korka, direttrice del Dipartimento delle antichità preistoriche e classiche presso il ministero ellenico della Cultura, chiudendo il primo convegno di una serie che ne prevede altri sei. Che il conto alla rovescia per il ritorno in Grecia dei marmi sia cominciato?

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