Ormai stiamo assistendo ad un feroce “accanimento terapeutico” sul Comites, forse perché qualcuno si illude che possa ancora uscire dal coma o forse perché a qualcun’altro spiacerebbe perdere il titolo di “consigliere”, consapevole che, se mai si ripresenterà alle prossime elezioni, riceverà una sonora legnata.
Comunque prendiamo atto che il comitato degli italiani non funziona più.
Qualcuno potrebbe anche aggiungere: non ha mai funzionato.
Giusta precisazione.
Sono trascorsi quattro anni dal suo insediamento, ma ancora oggi – nonostante il lavoro di mediazione delle autorità che hanno cercato in tutti i modi di convincere i consiglieri a trovare una linea di compromesso su cui collaborare – la funzione e la presenza di questo Comites si dimostra essere del tutto “metafisica”, perché è un organo acefalo (non si raggiunge mai un accordo), bicefalo (sei consiglieri contro altri sei) e macrocefalo perché qualcuno, all’atto della sua costituzione, ha maldestramente usato il forcipe.
Ancora oggi si sta perdendo tempo per decidere se alcuni consiglieri “azzurri” devono essere dichiarati “decaduti”, per sapere se mai verrà approvato lo statuto, per sapere se alcune situazioni logistiche (la sede) e amministrative (la segretaria) sono “legali” o no.
Data la cronica situazione di stallo, il Comites non ha più alcuna ragione di continuare a far spendere inutilmente soldi (sarebbe comunque interessante conoscere l’ammontare della somma a disposizione del comitato) allo Stato Italiano perché ha perso rappresentatività, autorevolezza e credibilità.
È arrivato il momento di prenderne atto.
D’altra parte questo Comites aveva il destino già segnato fin dalla sua costituzione: un sostanziale pareggio tra le due liste: sei consiglieri contro sei consiglieri, un capolista – con il maggior numero di preferenze, 673, che si era presentato come l’uomo “al servizio della comunità” – per nulla intenzionato però a lavorare in favore della comunità stessa, ma determinato ad usare quei voti per ottenere il lasciapassare per i palazzi romani, l’altro capolista che non ha accettato che venisse applicato l’articolo riguardante l’elezione del presidente e si è impuntato a non mollare la presidenza per una questione di “anzianità”, un altro ancora, pochi giorni la sua nomina, distribuiva carte da visita con stampata la sua carica.
Alla fine di una lungo tira e molla, i sei consiglieri “azzurri” hanno espresso un presidente, appartenente all’altra lista, che però non ha mai goduto della loro fiducia.
Perché un presidente andava espresso, pena lo scioglimento.
Tanto basta.
Ma spesso ci si dimentica che questo Comites è nato con un “vizio di sostanza” che ne ha bloccato ogni possibilità di funzione.
Per tutti questi anni è circolata la voce che le elezioni si fossero svolte nonostante “irregolarità” nella raccolte delle firme: era il segreto di Pulcinella.
Per cui ritorniamo a quattro anni fa, al tempo della presentazione delle due liste partecipanti.
E analizziamo la tabella qui a fianco.
Totale firme apposte |
118 |
Totale firme da controllare | 52 |
Firme cancellate perché contraffatte | 2 |
Firme cancellate perché non apposte in presenza di coll. Cons. Onorario | 3 |
Totale firme che non è possibile verificare | 8 |
Totale firme controllate e giudicate valide | 39 |
Totale firme apposte regolarmente da controllare con i Comuni | 113 |
Firme cancellate perché apposte: | |
a) da conn. non iscritti AIRE | 7 |
b) da conn. assenti nell’anagrafe consolare | 2 |
Totale firme sicuramente valide | 104 |
Di norma è la somma che fa il totale, tuttavia nella tabella a fianco che riporta il computo delle firme raccolte da “Azzurri nel Mondo” per avere il diritto a presentare una sua lista alle elezioni Comites, questa regola non è stata applicata.
La somma fa 96, ma il totale fa 104.
Come è possibile? È possibile se si applica la matematica “creativa”, o nello specifico, “politica”: la lista “Azzurri nel Mondo” doveva partecipare alle elezioni, a qualunque costo.
Seguiamo la tabella.
Firme raccolte: 118, da controllare 52, il che significa che le altre 66 sono valide (è bene ricordarsi di questo numero).
Dalle 52 vengono sottratte 2 più 3 più 8, per cui il totale delle firme valide è 39, come correttamente riportato in tabella.
A questo punto le firme valide (66+39) dovrebbero essere 105.
Tuttavia la tabella scrive 113, specificando che il numero corrisponde al «totale delle firme apposte regolarmente…».
Perché aggiungere otto firme che in precedenza erano state sottratte perché «non è possibile verificare » la loro autenticità?.
Ancora dalla tabella: da queste 113 vengono sottratte altre 9 firme, totale: 104 firme.
Ma il risultato corretto sarebbe stato 96 firme valide: 105 (66 più 39) meno 9.
Ma con 96 firme valide Massimo Romagnoli di “Azzurri nel Mondo” non avrebbe potuto presentare la sua lista.
Si può sor volare sul fatto che due firme fossero false, sorvolare sulla procedura seguita – si legge dal verbale: «Il Console riferisce di aver interpretato il messaggio ministeriale come una autorizzazione a non invalidare le firme apposte regolarmente su fogli contenenti fir me apposte irregolarmente» (ma gli ar ticoli del c.p.c.
479 e 483 sono espliciti al riguardo) – ma il vulnus di irregolarità resta e ha creato un precedente di conflittualità.
È importante sottolineare che si era messo fine alle “indagini” sulla autenticità di alcune firme presentate da “Azzurri nel Mondo” per il bene della comunità: «Al fine di non rischiare – si legge nel verbale – di privare la comunità della possibilità di scegliere tra almeno due liste i propri rappresentanti, di dare un senso a tutto il processo elettorale… ».
In buona sostanza è stato il senso di responsabilità e di rispetto verso la comunità a cancellare l’irregolarità del processo elettorale? È stata presa una decisione per il “bene della comunità”, o per gli interessi specifici di “Azzurri nel Mondo”? E di quale “senso”, se non quello di riammettere una lista che aveva barato nella raccolta delle firme? Quindi il tutto si è svolto a “norma di legge”? Gli eventi successivi hanno fornito numerose risposte e svelato le diverse strategie individuali.
Ad esempio, il capolista di AnM doveva a tutti i costi partecipare alle elezioni Comites del 2004: era il suo biglietto da visita per il partito, in vista della sua strategia che lo avrebbe portato a Montecitorio.
Senza elezione, niente presidenza Comites, niente nomina a consigliere CGIE, e dunque niente candidatura al Parlamento nel 2006.
Per queste ragione che, si dice, che le pressioni affinchè la lista di AnM venisse riammessa sono state fortissime e sono state esercitate usando appoggi politici romani di una certo peso.
Da una breve cronistoria che andava resa pubblica alla proposta: dimissioni di tutti i consiglieri, inclusi i supplenti.
Ma dimissioni confermate da tutti, al di là di ogni ragionevole ripensamento.
Sarebbe un gesto apprezzato dalla comunità e sarebbe una dichiarazione di rispetto per coloro che hanno espresso il loro voto.
D’altra parte, la logica democratica impone ad un organismo rappresentativo, incapace di decidere e di agire, il dovere di sciogliersi.
In caso di dubbi e ripensamenti, preghiamo i consiglieri di leggere il primo comma dell’articolo 2 della legge istitutiva dei Comites : «Il comitato promuove – in collaborazione con l’autorità consolare ed enti, associazioni e comitati operanti nell’ambito della circoscrizione – idonee iniziative nelle materie attinenti alla vita sociale e culturale, all'assistenza sociale e scolastica, alla formazione professionale, alla ricreazione, allo sport ed al tempo libero della comunità italiana residente nella circoscrizione».
Ma il comitato fino ad oggi che cosa ha «promosso»?