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Una costituente per le riforme

di on. Chiara Moroni

La scelta di affidare l’incarico esplorativo a Franco Marini, Presidente del Senato, rispondeva all’esigenza di salvare la prassi costituzionale. Il Capo dello Stato ha, saggiamente, voluto evitare ‘strappi istituzionali’: prima di sciogliere le Camere è bene tentare tutte le vie. Se questo è lo spirito che ha animato il Colle, nulla quaestio. Non avrebbe, d’altra parte, senso prestarsi a tatticismi e ad inutili strategie per tenere in vita questa maggioranza. Il centrosinistra ha fallito. La maggioranza che ha provato a governare in questi due anni è, oggi più di ieri, sfilacciata. Il mandato ‘finalizzato’ conferito da Napolitano a Marini non aveva nessuna possibilità di successo. Un Governo non si può reggere sul solo obiettivo di riformare la legge elettorale, non può farlo per diversi motivi. Il più evidente, ed allo stesso tempo insormontabile, è costituito dal fatto che la maggioranza che avrebbe dovuto sostenere Marini non aveva un’intesa sulla legge elettorale. La ‘bozza Bianco’, ritenuta dal Partito Democratico il punto di partenza di ogni discussione, era osteggiata dai piccoli partiti. Boselli, Pecoraro Scanio e Diliberto non hanno nascosto, infatti, il loro giudizio negativo sul testo. Il progetto di Veltroni di correre, poi, da solo alle prossime elezioni rende ancora più difficile l’intesa. E’ facile pensare che il centrosinistra, fra le divisioni endemiche e una sconfitta molto probabile, penserà ad una proposta di riforma elettorale che non andrà nell’interesse del Paese ma che avrà come unico obiettivo quello di salvare il più possibile ‘interessi’ di bottega. Detto questo, sarebbe il caso di sottolineare un’altra anomalia. In tutte le democrazie occidentali la discussione sulla riforma del sistema di voto è di pertinenza del Parlamento. Nelle aule parlamentari si confrontano le diverse posizioni e si lavora ad una sintesi e non è l’Esecutivo a mediare sottraendo ai parlamentari una fondamentale prerogativa. Fra le anomalie della ‘modernissima’ Seconda Repubblica, dunque, si registra l’ennesima invenzione: far nascere un Governo per varare una legge elettorale. La caratteristica principale e più preoccupante di questa fase è, però, l’assenza della politica. Il Paese vive un fase drammatica, i salari perdono potere d’acquisto, le famiglie sono in difficoltà, la Campania vive una tragedia che sta danneggiando l’immagine dell’Italia in tutto il mondo e l’attenzione delle forze politiche del centrosinistra è concentrata sulla esigenza di resistere a tutti i costi. La politica del palazzo è sempre più lontana dai cittadini perché non riesce a sintonizzarsi con le esigenza della società, il distacco aumenta nella indifferenza delle forze politiche. La politica muore quando nasce un Governo debole, quando in Parlamento non ci si preoccupa di perfezionare le proposte ma di trovare i numeri per ’tirare a campare’. La soluzione unica per rilanciare il Paese è il ritorno alle urne. La politica deve tornare protagonista e promuovere, già da questi giorni, un patto di responsabilità. Come ha sottolineato il Presidente Berlusconi sarebbe bene avviare una fase Costituente. Le principali forze politiche dovrebbero impegnarsi, nei primi mesi della prossima legislatura, ad avviare un percorso comune di riforme. La modernizzazione del sistema Italia non può avvenire nel clima da ’ultimo giorno di scuola’ e non può essere barattata con l’esigenza di tutelare piccole rendite di potere. Non c’è tempo da perdere e non c’è prassi da tutelare a fronte delle evidenti difficoltà degli italiani.

da 'L'opinione delle Libertà' del 27 febbraio 2008

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