RIFLESSIONI DI SOCIOLOGIA

RIFLESSIONI DI SOCIOLOGIA
Modernità e cambiamento

La sociologia è la scienza che studia, come tutte le scienze sociali, le quali si occupano dello studio sistematico di un oggetto empirico, la società intesa, però, come vita sociale, ovvero come insieme di fenomeni o eventi, lo fa attraverso una duplice procedura:
– la descrizione, cioè il racconto di un determinato evento
– e l’interpretazione, cioè la costruzione di oggetti mediante relazione causa-effetto, utilizzando categorie, ipotesi e un linguaggio specifico.
Per un approccio sociologico è necessario avere “immaginazione sociologica”, ovvero immaginarsi la realtà secondo 3 caratteristiche:
– sensibilità storica, cioè recuperare la storia della nostra società;
– sensibilità antropologica, cioè la capacità di percepire le differenze fra culture;
– sensibilità critica, cioè saper assumere un atteggiamento critico, fondato su dati emersi da un'analisi.
La sociologia è lo studio della realtà così come noi la osserviamo e, dato che il mondo sociale è indefinito nel tempo, essa studia il cambiamento e i processi di trasformazione delle forme della società.
I concetti (li società statica e di società dinamica sono relativi, poiché ciò che cambia è la velocità del mutamento. In un periodo che varia tra il XIV e il XIX sec, le società europee entrano in un epoca di mutamento sociale accelerato. La caratteristica fondamentale di questo processo è la sua globalità; esso investe infatti la sfera economica, politica e culturale delle varie società.
Questo ci permette di dire che la sociologia è quindi lo studio della modernità, che è legata a due eventi fondamentali:
– la rivoluzione industriale, che rimanda a cambiamenti della sfera economica e che si caratterizza per l'utilizzo della scienza e della tecnica nei processi produttivi. Si passa da un sistema economico mercantilistico a uno capitalistico, quindi a tecniche standardizzate di produzione, che ha come conseguenza la formazione di nuove classi sociali (borghesia) e il declino dell'aristocrazia.
– La rivoluzione francese, che rimanda a cambiamenti nell'ambito della politica perché porta alla sua secolarizzazione. Questo comporta: una ridefinizione della sovranità, che diventa popolare; la progressiva affermazione della cittadinanza; l’affermarsi dei diritti universali.
Se consideriamo la società moderna dal punto di vista delle trasformazioni nella sfera economica, la caratteristica dei cambiamenti è l'instaurarsi del capitalismo, che è un concetto nuovo per quanto riguarda sia la produzione, sia i rapporti sociali tra gli individui.
Consideriamo questo concetto a partire dall'analisi di tre autori:
Marx ha formulato per primo il concetto di capitalismo. Egli ha una concezione
materialistica della società. Sostiene infatti che per capire una società bisogna capire come in essa gli uomini provvedono a soddisfare i loro bisogni, e per farlo distingue tra:
– Forze produttive, cioè la tecnologia
– E rapporti di produzione, cioè i rapporti sociali.
Le società sono il risultato dell'intersezione tra l'uso della tecnica e i rapporti di produzione.
La società moderna è basata sull'affermarsi dei valori di scambio. Marx distingue tra:
– Valore d’uso, che è il valore personale di un bene
– Valore di scambio, che è il valore monetario e l'unico strumento di mediazione tra gli individui.
Tutto ciò porta alla distinzione di due prevalenti classi sociali: i detentori di capitale e i lavoratori salariati, che hanno come unica risorsa vendere forza lavoro.
Per Sombart il capitalismo è un'economia di scambio basata sul denaro che implica un mercato in termini di merci e di prestazioni lavorative tra una classe di capitalisti, che hanno ( bisogno di lavoro per far funzionare le loro imprese, e una classe di proletari, che per vivere non hanno altro da vendere se non la loro forza lavoro. Il capitalismo è un'accumulazione del profitto come fine in se stesso e il suo reinvestimento. L'organizzazione della produzione e la gestione d'impresa sono quindi improntate a criteri di razionalità economica.
Secondo Weber il capitalismo è sempre esistito, se per esso si intende un accumulo d denaro. Il nuovo spirito del capitalismo moderno è caratterizzato da un atteggiamento di tipo ascetico e di dedizione assoluta. Le origini di tale spirito sono da rintracciare nelle conseguenze prodotte dalla riforma protestante, in particolare dal dogma della predestinazione. Questa dottrina afferma che Dio ha stabilito dall'eternità chi sarà salvato e chi, invece, sarà dannato. Di fronte all'angoscia derivante dall'incertezza in merito al proprio destino eterno, i credenti hanno cercato nel successo terreno un segnale di salvezza; una vita attiva, lontana dall'ozio e dal lusso diventa il mezzo per acquisire la certezza della salvezza eterna. In questo senso il lavoro è operatività, risparmio, dedizione e ascetismo. C'è quindi una congiunzione tra protestantesimo e capitalismo.
Se consideriamo le trasformazioni nella sfera politica, assistiamo alla nascita dello stato moderno inteso come stato-nazione, quindi l'accentramento del potere territoriale e superamento del localismo e della dispersione feudale. Il processo di unificazione e pacificazione di vaste aree territoriali fu accompagnato da una serie di momenti decisivi:
la creazione di grandi eserciti per la difesa del territorio e per il perseguimento di politiche espansionistiche nei confronti di altri stati; le crescenti spese pubbliche, in particolare quelle militari; l'instaurazione di un monopolio fiscale da parte dello stato; l'instaurazione di un monopolio monetario da parte dello stato; l'instaurazione di un monopolio dell'amministrazione della giustizia da parte dello stato.
Questi concetti segnano l'avvento di una nuova concezione dello stato che vede nell'insieme dei cittadini, e non più solamente nel monarca, la fonte della sovranità. Il concetto di cittadinanza modifica quindi la struttura istituzionale degli stati-nazione attraverso: l'istituzione della repubblica; la secolarizzazione del potere; la separazione dei poteri; la carta costituzionale, espressione del parlamento.
Il potere quindi non si legittima più in qualcosa che sta al di là degli individui.
Nelle trasformazioni che avvengono nella sfera della cultura due sono le correnti culturali più strettamente connesse alla formazione della società moderna:
– l'individualismo; mentre prima la posizione che una persona occupava nella società (il suo status sociale) era in modo prevalente determinata dallo status ascritto (cioè acquisito dalla nascita) ora prevalgono invece gli status acquisiti in base ai meriti e alle capacità di un individuo. Si è quindi apprezzati non più per le caratteristiche che rendono uguale ai membri del gruppo, ma per le caratteristiche che distinguono un individuo;
– il razionalismo; ha le sue origini nell'avvento delle religioni monoteistiche, segna l'abbandono delle spiegazioni di tipo magico o religioso dei fenomeni, mentre la ragione diventa il valore sociale dominante. L'uomo è quindi un soggetto riflessivo.
Esistono diversi approcci che spiegano il cambiamento della società: l'approccio materialistico, che si rifà al pensiero di Marx, secondo cui il fondamento delle società umane è da ricercarsi nelle strutture economico-materiali, vale a dire nei modi coi quali gli uomini provvedono al soddisfacimento dei loro bisogni; l'approccio idealistico, che si rifà al pensiero di Weber, secondo cui le idee e i valori guidano e condizionano i comportamenti umani. Questi due approcci sono complementari; l'approccio evoluzionistico, influenzato dalla biologia, secondo cui le società possono essere considerate degli organismi viventi, nei quali le parti che lo compongono sono tra loro interdipendenti. Come nell'uomo, infatti, ogni organo è indispensabile alla salute dell'intero organismo, così ogni parte di una società contribuisce al suo buono o cattivo funzionamento generale; l'approccio dicotomico, che si rifà a Durkheim. Egli distingue la coscienza individuale, cioè i valori e le credenze del singolo individuo e la coscienza collettiva, cioè i valori e le credenze di una società.
La solidarietà è una condivisione di valori e credenze ed è elemento che permette il funzionamento di una società.
Nelle società pre-moderne vi è una solidarietà meccanica, in cui coscienza collettiva e individuale coincidono. Qui la divisione del lavoro è scarsamente sviluppata e, dato che non vi è spazio per le individualità, le varie unità sociali stanno insieme perché sono tutte simili. Nelle società moderne vi è, invece, una solidarietà organica, in cui prevale la divisione del lavoro. Ogni individuo e gruppo svolge funzioni diverse, il che fa si che nasca l'individualismo. L’approccio delle variabili modello, si rifà a Parsons, secondo cui per spiegare come le società moderne sono diventate quello che sono attualmente, così come per spiegare il comportamento degli individui in queste stesse società, bisogna tenere conto di una serie di variabili. I tratti delle società pre-moderne sono:
– affettività, poiché si privilegiano rapporti personalizzati, intimi e affettivi;
– interessi privati, per cui conta molto l'interesse individuale;
– particolarismo, e quindi orientamento ad azioni particolaristiche;
– diffusione, cioè la possibilità di ricoprire più ruoli;
– ascrizione, riguardante il fatto che le posizioni sociali sono determinate dalla nascita.
I tratti delle società moderne sono invece: neutralità affettiva, interesse collettivo, universalismo, specificità, acquisizione.
È possibile individuare delle proprietà elementari delle relazioni sociali che costituiscono la trama del tessuto sociale.
L’azione può essere considerata primo concetto base della sociologia. L'azione sociale, secondo Weber, è un agire riferito, secondo il suo senso intenzionato dell'agente, al comportamento degli individui, ovvero una relazione fra fini e mezzi.
Essa presuppone quindi: almeno due attori, la costruzione di un legame attraverso un comportamento (azione e contro-reazione) e intenzionalità.
Weber distingue quattro modelli di azione:
– azioni razionali rispetto allo scopo, se chi agisce valuta razionalmente i mezzi più appropriati per raggiungere uno scopo;
– azioni razionali rispetto al valore, se chi agisce ritiene ciò che compie gli sia comandato da una causa che reputa giusta;
– azioni determinate affettivamente, basate sull'affetto che si nutre nei confronti di un'altra persona;
– azioni tradizionali, se sono semplici espressioni di abitudini acquisite.
Questa è comunque una tipologia concettuale che semplifica perché nella realtà empirica, per descrivere un'azione, sarà necessario sovrapporre e combinare queste categorie.
Se invece di uno solo, l'attenzione è posta contemporaneamente su due o più attori, si individuano altre unità elementari dell'analisi sociologica: la relazione e l'interazione.
Due o più individui che orientano reciprocamente le loro azioni stabiliscono una relazione sociale che può essere: cooperativa, nel senso di essere orientate a raggiungere fini comuni e mosse da sentimenti amichevoli, e di conflitto.
L'interazione sociale è invece il processo dinamico secondo il quale due o più persone in relazione fra loro agiscono reagendo alle azioni degli altri. Inoltre sono gli elementi base per la definizione dei gruppi.
Il gruppo sociale è un insieme di persone che interagiscono con continuità secondo schemi relativamente stabili, le quali si definiscono membri del gruppo e sono definite come tali da altri. L'interazione può essere: diretta, con relazioni faccia a faccia e indiretta, in cui le persone non si vedono fisicamente.
Le dimensioni del gruppo possono essere varie (diadi, triadi,..) ma sopra le cinque persone il gruppo comincia ad essere troppo grande per una intensa partecipazione. I criteri di appartenenza a un gruppo possono essere più o meno chiari: nei gruppi formali gli individui agiscono sulla base di schemi di comportamento espliciti, ben definiti e con ruoli precisi, mentre nei gruppi informali vi sono relazioni spontanee e senza che siano state fissate regole precise per il suo funzionamento.
I gruppi possono essere: totalitari, che quindi impegnano il comportamento di tutti i ruoli di un individuo, o segmentali, cioè riguardano alcuni dei loro ruoli.
Il termine ruolo è usato per indicare l'insieme dei comportamenti attesi, che in un gruppo tipicamente ci si aspetta da una persona che del gruppo fa parte. Si distinguono due tipi importanti di ruoli:
– specifico, è un ruolo che riguarda un insieme di comportamenti limitato e precisato;
– diffuso, un ruolo in cui i comportamenti attesi sono un insieme più ampio e meno definito.
Secondo Weber il potere è la possibilità di trovare obbedienza a un comando che abbia un determinato contenuto. Esso può essere: pura imposizione, e in questo caso si parla di potenza, o un’imposizione legittima, dove si parla di autorità.
Il conflitto è una modalità di azione attraverso cui gli individui cercano di affermare la propria volontà contro quella degli altri rispetto ad un dato obiettivo che può essere: autorità, ricompense materiali, ricompense simboliche (status, prestigio,..).
Le sue proprietà sono quelle di stabilire e mantenere i confini del gruppo, poiché attraverso il conflitto i soggetti di un gruppo acquistano o conservano facilmente la consapevolezza della loro identità e particolarità; distruggere il gruppo se si basa su imposizioni e quindi sulla potenza; il conflitto con altri gruppi normalmente aumenta la coesione interna poiché il richiamo alla lotta induce spirito di collaborazione e anche sacrificio in nome del gruppo; può generare nuovi tipi di relazione, poiché un conflitto è spesso il modo in cui due gruppi o persone entrano in contatto conoscendosi e questo può essere una prima base per lo sviluppo di rapporti più cooperativi.

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