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L’Arcobaleno per un nuovo socialismo

di Bruno Pierozzi Esponente nazionale della SPI-CGIL

Il 13 e 14 aprile la sinistra politica italiana si gioca il proprio futuro. Su questo punto ritengo che il candidato premier della Sinistra Arcobaleno Fausto Bertinotti non possa in alcun modo essere contraddetto. Il voto alla Sinistra Arcobaleno è allo stato attuale l’unica ancora di salvezza per tutti coloro che si richiamano ad una sinistra seriamente riformatrice e tra questi anche per chi – come me – ritiene che la Sinistra Arcobaleno dovrà in ogni caso aprire dopo le elezioni una approfondita analisi sul capitalismo attuale e su come costruire una adeguata strategia di alternativa, che per essere tale, deve avere un respiro che valichi certamente i confini angusti dello stato italiano guardando in prima istanza all’Europa.
Contrariamente ad alcune forze che hanno dato vita alla nuova aggregazione non ritengo che il futuro di SA debba essere quello della nicchia minoritaria, ovvero delle forze che in Europa si collocano nel gruppo della Sinistra Unitaria Europea. E’ venuto il tempo di ricomporre tutta la sinistra all’interno del Partito Socialista Europeo superando le divisioni che nei primi due decenni del novecento portarono a scissioni interne ai partiti socialisti e alla nascita del partito comunista. Nel frattempo vengono buoni segnali dalla vittoria socialista sia in Spagna che nelle elezioni municipali francesi. In entrambe i casi dovrebbe far riflettere molte compagne e compagni la quasi scomparsa delle formazioni alla sinistra dei socialisti.
Come ho avuto modo di scrivere in altre occasioni (su Aprileonline) la frattura politica che portò alla nascita dei partiti comunisti era determinata da una concezione rivoluzionaria della presa del potere, con il conseguente superamento del parlamentarismo e del sistema rappresentativo democratico. Oggi a quasi un secolo dalla rivoluzione bolscevica i partiti comunisti rappresentano una realtà estremamente minoritaria e nei paesi occidentali sono tutti dentro le regole della democrazia rappresentativa, un tempo definita borghese, quindi a rigor di logica sono in contraddizione con le stesse motivazioni da cui nacquero dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, avvenimento del quale peraltro affermo essere stato un fenomeno importante di rivoluzione sociale e cambiamento economico per la Russia, che superò secoli di sfruttamento da parte della nobiltà e poi della nascente borghesia. Senza per questo accordare alcuna giustificazione per quanto avvenne in termini di repressione delle opposizioni politiche e sociali avvenute dall’avvento di Stalin in poi.
Sono quindi cadute tutte le motivazioni che portarono alla nascita dei partiti comunisti e sarebbe davvero senza senso perpetuare artificiosamente delle divisioni che non trovano oggi alcuna valida ragione, se non quella del richiamo sentimentale ai simboli e ad una storia che per le nuove generazioni è una storia frutto dei racconti di chi l’ha vissuta, con tutto il carico di sentimenti, ma anche di mai sopiti rancori, che non sono certo utili ad una nuova politica.
Occorre anche a mio avviso aprire subito la fase costituente della SA ed in tale senso mi accingo ad avanzare alcuni temi su cui portare la riflessione subito dopo le elezioni.
La necessità di una alternativa di sistema: pace e decrescita – La crisi dei paesi capitalisti dell’occidente si fa sempre più evidente. La decadenza degli USA è iniziata con l’11 settembre 2001 e la guerra con l’Iraq è stato soltanto un disperato tentativo di usare la risposta militare come strumento per rideterminare una egemonia economica e politica che nei fatti si sta man mano esaurendo. L’incapacità di riprendere il controllo dell’economia mondiale potrebbe a breve sfociare in un nuovo pericoloso conflitto armato in Medio Oriente. Dopo l’Iraq si affaccia infatti lo spettro di un nuovo intervento militare in Iran, con tutte le possibili conseguenze per il dialogo Israele – Palestina e per l’affermarsi di un percorso di pace condiviso, che metta fine ad una assurda guerra permanente tra i due popoli che abitano quella regione.
Nel frattempo la Cina e l’India marciano con uno sviluppo intenso. La Cina dal 2003 vede un incremento del Pil del 10% e nel 2007 ha toccato il tasso più elevato (11,4%) avviandosi a scavalcare la Germania dopo aver già abbondantemente superato Italia, Francia e Gran Bretagna.
Lo sviluppo intensivo di queste economie, se da un lato consente un miglior livello di consumi interni alle popolazioni locali, origina però scompensi che pagheranno sia le popolazioni di riferimento che l’insieme dell’umanità. In particolare l’uso smodato di materie prime, di consumo di fonti energetiche non rinnovabili, avranno a breve una ricaduta immediata sul già debilitato ecosistema mondiale. Come sappiamo il cambiamento climatico è ormai una realtà che richiede interventi strutturali immediati e questo massiccio inquinamento portato dai paesi asistici è davvero catastrofico.
Si pone quindi come problema prioritario delle forze della sinistra e del socialismo internazionale quello di una pianificazione mondiale che metta al centro del nuovo modello di società il tema della decrescita – di cui negli anni recenti si è fatto interprete Serge Latouche – come unica vera alternativa al capitalismo.
L’idea di sviluppo e di consumo propria dell’economia capitalistica intrinsecamente connessa al profitto d’impresa è ormai giunta al capolinea. Il socialismo è oggi come ieri l’unica vera alternativa al modello di produzione e consumo capitalista. Alcuni potrebbero pensare che si voglia rilanciare con la pianificazione l’idea di un nuovo centralismo e del comunismo autoritario. Non è così, si può benissimo coniugare una seria pianificazione con la democrazia e con la partecipazione popolare. Anzi, è proprio dal connubio partecipazione – pianificazione che il movimento socialista può ritrovare i connotati originari della propria elaborazione politica ed economica, dimenticando così la “degenerazione liberista”, che ha soggiogato gran parte dei partiti socialisti occidentali dagli anni ’80 ad oggi. D’altra parte credo che ebbe ragione Gilles Martinet quando nel suo libro di dieci anni fa “La sinistra al potere” scrisse che non si può pensare alla linea politica del socialismo europeo come qualcosa di statico e immutabile. La storia del socialismo è stata attraversata da diverse fasi, e l’autore affermava in quello scritto che anche la fase “ liberista” sarebbe alla fine stata superata, riportando i partiti socialisti europei alle loro politiche tradizionali, in direzione del superamento del capitalismo.
Il capitalismo globalizzato produce aumento della povertà – Il capitalismo della fase della cosiddetta “globalizzazione” sta producendo l’illusione dello sviluppo per i paesi emergenti che stanno aumentando il loro tasso di produzione industriale e nel contempo sta realizzando un arretramento sostanziale del livello di benessere e dei consumi nei paesi occidentali. Nel contempo nei paesi in fase espansiva la ricchezza e il benessere rimane concentrato nelle mani dei nuovi padroni (Cina), oppure resta saldamente appannaggio delle imprese estere che delocalizzano nei paesi più poveri, spostando di volta in volta le imprese là dove il costo della manodopera è sempre più basso.
Ecco dunque che a fronte di un sistema economico che dilapida beni naturali, che distrugge progressivamente l’ecosistema, che produce povertà e sfruttamento intensivo, si fa sempre più pressante l’esigenza di un nuovo governo dell’economia mondiale, ovvero di una alternativa socialista all’autodistruzione imposta dal capitalismo.
La Sinistra Arcobaleno come alternativa ai due liberismi – In Italia il paradosso della attuale situazione politica, determinata in larga parte dal sistema elettorale vigente, consiste nella contesa tra due formazioni partitiche formalmente alternative (PDL – PD) nei fatti molto simili per quanto concerne i contenuti della piattaforma economica. Entrambe le formazioni si richiamano esplicitamente al liberismo economico, entrambe hanno una impostazione interclassista, entrambe non credono alla necessità di riforme strutturali del sistema capitalistico, né di quello italiano, né tanto meno di quello internazionale.
Dunque nei fatti avremmo due partiti intercambiabili, la cui unica differenza consiste (parzialmente) nella politica fiscale. Il PDL è per una impresa sempre più liberata da ogni controllo fiscale, mentre il PD ritiene la lotta all’evasione uno degli aspetti costitutivi della propria politica fiscale. Su questo ultimo versante siamo ovviamente in piena sintonia con il PD.
Per la Sinistra Arcobaleno gli elementi di sintonia con la piattaforma di politica economica del PD finiscono qui. Ci sono infatti nette divergenze su tutta un’altra serie di questioni, prima delle quali è il riconoscimento della precarietà, verso la quale il PD non fa proposte per il suo superamento, ma soltanto di interventi correttivi quali quello relativo alla determinazione di una soglia reddituale minima mensile (1.000 euro). Ma il problema non è quello di una soglia di reddito minima, ma della discussione del sistema produttivo e contrattuale complessivo. Tale discussione riguarda in primo luogo i lavoratori e le forze sindacali che li rappresentano e dunque l’intervento del PD rischia di ingenerare quanto meno confusione su una questione che richiede una ampio confronto tra governo, sindacati e rappresentanze delle imprese. Altra cosa sarebbe invece se il PD avesse chiesto la revisione del sistema dei cosiddetti ammortizzatori sociali e all’interno di questo della definizione di un “reddito di cittadinanza” di riferimento per quanti sono disoccupati in cerca di prima occupazione e di quanti sono licenziati, sopratutto in età avanzata.
Ad ingenerare ulteriori preoccupazioni sono state infine le candidature di Ichino e Calearo, che sebbene da versanti diversi sono entrambi favorevoli al superamento del sistema di tutele rappresentato dalla Statuto dei lavoratori. Che lo Statuto vada aggiornato rispetto alla struttura delle imprese odierne non c’è dubbio, altra cosa è invece lo snaturamento della legge 300 attraverso la riproposizione del superamento dell’articolo 18 e con il contestuale avvio di un nuovo modello di contrattazione che metta in soffitta il contratto collettivo nazionale di lavoro. Su questo terreno non ci può essere davvero alcun confronto, ma va anzi rilanciato con forza il tema dell’estensione dello Statuto dei Lavoratori anche alle piccole imprese, che in Italia rappresentano oltre il 90% della struttura produttiva italiana.
Il “riformismo” del PD in materia economica non ha dunque alcuna prospettiva di realizzare trasformazioni del sistema, né a livello produttivo, né sul fronte dei diritti. Esistono allo stato dell’arte soltanto labili “speranze” di un abbassamento della pressione fiscale sui redditi da lavoro e sulle pensioni medie e basse. Ma come sappiamo tutto è legato sul fronte fiscale alla tenuta del sistema economico complessivo e vista l’aria di recessione che spira dagli USA, non è attualmente credibile una diminuzione della pressione fiscale, in una fase quantomeno di stagnazione economica, tant’è che rispetto a Veltroni risulta più credibile Tremonti che afferma che la crisi internazionale del sistema globalizzato mette a rischio la politica del PDL, basata principalmente sul calo dell’imposizione fiscale.
L’alternativa della Sinistra Arcobaleno – Ecco dunque la necessità di una alternativa sia nell’economia che nelle politiche sociali e dei diritti. La Sinistra Arcobaleno ha lanciato il suo programma, che nelle linee fondamentali ritengo sia ben costruito. Certo nella fase elettorale non è possibile fare approfondimenti di merito, ma dobbiamo impegnarci sin da ora ad aprire subito dopo il 14 aprile una grande discussione sulla costruzione del programma politico strategico, ovvero, delle coordinate di politica economica che dovranno sostanziare l’iniziativa politica dei prossimi anni. Dobbiamo contestualmente aprire sul fronte politico la fase costituente della Sinistra Arcobaleno. In questo quadro ribadisco che dovrà essere affrontata la “questione socialista”. Come detto nella parte introduttiva è oggi necessario riposizionare il socialismo su un fronte di elaborazione e proposta avanzato ed innovativo. la Sinistra Arcobaleno può essere davvero il laboratorio per creare le premesse di quella “rifondazione socialista” che superi la frammentazione esistente, riconducendo ad unità i diversi pezzi della sinistra, in un progetto politico innovativo che può ridare slancio all’idea socialista, sia in Italia che in Europa.

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