Appare certamente preoccupante la notizia dell’avvenuta devastazione all’interno dell’appartamento del collaboratore di giustizia, Ulisse Serpa, a Paola. Non v’è dubbio che l’allarmante messaggio si appalesa come il tentativo di frenare il fenomeno del pentitismo che, in questo momento, in Calabria sta rivelandosi estremamente importante e produttivo per il contrasto alla ‘ndrangheta.
La struttura familistica dell’ organizzazione criminale calabrese non può che essere conosciuta e combattuta anche attraverso i collaboratori di giustizia, decisamente pochi rispetto a quelli che hanno contribuito ad assestare i duri colpi contro la mafia siciliana.
Il messaggio intimidatorio contro Ulisse Serpa fa trasparire la preoccupazione della ‘ndrangheta, che in questo momento non sta sicuramente vivendo “sonni tranquilli”, non solo perché allarmata dalla forte attività di contrasto nei suoi confronti, ma anche perché alcuni collaboratori stanno iniziando a rendere noti i rapporti che in Calabria si instaurano tra mondi politico e criminale, in occasione delle varie campagne elettorali. Non vanno, ad esempio, sottovalutate le deposizioni rese, nella giornata di ieri, da un collaboratore di giustizia durante il processo per l’omicidio Fortugno, giacché le stesse non solo evidenziano da quale parte sono finiti i voti della ‘ndrangheta nelle elezioni regionali calabresi del 2005, ma, a mio parere, potrebbero anche dare qualche maggiore indicazione sulla pista da seguire per giungere all’individuazione delle vere responsabilità che hanno portato al delitto del Vice Presidente del Consiglio calabrese.
Componente Commissione Nazionale Antimafia