Site icon archivio di politicamentecorretto.com

GIOVANNI SGRO’: dalla Calabria, al Senato australiano, a quello italiano…

“Giovanni Sgrò, emigrante italiano che nella metà degli anni ‘50 ha lasciato il suo paese in Calabria per raggiungere la lontana Australia e che con la forza delle proprie idee è diventato vice presidente del Senato australiano”. Doveva essere la traccia del film che Massimo Ghini, uno degli attori più rappresentativi del nostro cinema, si accingeva a interpretare nei panni di Giovanni Sgrò, appunto, che ne aveva tracciato il canovaccio nel suo libro autobiografico pubblicato nel 1995 in edizione italiana ed inglese: “Australia, per forza e per amore”.
Senonché il progetto evaporò, almeno per Giovanni, salvo ripresentarsi sotto altra forma, qualche anno più tardi, ma ri-ambientato in Canada: interpreti Massimo Ghini e Sabrina Ferilli.
Niente paura: Giovanni Sgrò mise insieme una mole impressionante di documenti video, foto, lettere, testimonianze dirette di giovani e vecchi emigrati e realizzò uno dei più bei documentari sull’emigrazione italiana in Australia: “The voice of the people”, la voce del popolo, (film visibile in rete: quella della gente comune, di quegli emigrati che, -come affermò in lingua italiana tra lo stupore generale e l’imbarazzo di molti suoi colleghi parlamentari australiani nel suo discorso di investitura quale primo parlamentare e ad oggi unico vicepresidente straniero del parlamento dello Stato del Victoria- “io sono qui a rappresentare e che costituiscono la colonna vertebrale di questo continente, l’Australia, multietnica ed emergente grazie al lavoro di milioni di italiani”.
Era il 1982 o giù di lì. Alcuni direbbero oggi che si tratta di una delle tante “esperienze di eccellenza” nate dall’emigrazione italiana nel mondo. Può darsi. Ma Giovanni Sgrò non la vede proprio così: nato e cresciuto a Seminara, bracciante tra i braccianti, parte per l’Australia, come altre centinaia di migliaia di giovani del centro-sud. Viene “internato” nel campo di concentramento di Bonogilla, nel deserto australiano, sorte che attende nei primi mesi tutti gli emigrati, in particolare quelli provenienti da paesi che avevano combattuto la seconda guerra mondiale contro l’impero di Sua Maestà. E in effetti, Bonogilla altro non è che un ex-campo di concentramento dei prigionieri catturati da inglesi e australiani. Come tutti gli altri, Giovanni di giorno lavora come imbianchino, ma allo scadere del tempo di lavoro deve rientrare nel campo. Pena l’arresto e l’espulsione. E’ il 1952. Scoppia la rivolta dei lavoratori emigrati. Intervengono polizia e esercito. Giovanni, insieme ad altri compagni greci e spagnoli è tra gli organizzatori della rivolta. Percosse, arresti ed espulsioni; ma anche un’occasione di riflessione per le autorità australiane: non si può continuare così. Nel paese ci sono già milioni di immigrati, e la sicurezza pubblica implica scelte avvedute.
Il labour party e i sindacati comprendono la nuova natura della classe operaia australiana e decidono per l’integrazione. Giovanni Sgrò diventa una bandiera del nuovo progetto di società multiculturale e assieme a molti giovani della sinistra sociale e politica australiana, tra cui quella che diventerà sua moglie, Annie, costruiscono il percorso che porterà Giovanni ad essere eletto parlamentare e vicepresidente del Senato del Victoria. Un percorso che è affiancato alla nascita delle organizzazioni associative etniche come la FILEF, fondata da Giovanni Sgrò nei primi anni ’70, sotto lo stimolo di Carlo Levi e di Giuliano Pajetta, che si diffonderà in tutte le principali città del continente, da Perth, ad Adelaide, a Melbourne a Sydney, partecipata da centinaia di giovani che successivamente approderanno a cariche istituzionali o alla direzione del Labour e dei sindacati.
La storia personale di Giovanni Sgrò, per certi versi, interpreta la storia dell’Australia del dopoguerra: un raro esempio molto originale di integrazione e allo stesso tempo di riconoscimento dell’identità dei migranti; solo oggi, poche settimane fa, è giunto anche il riconoscimento –e le scuse ufficiali del nuovo Governo del giovane premier laburista Kevin Rudd- per le brutalità perpetrate nei due secoli di colonizzazione anglosassone, contro le comunità indigene degli Aborigeni. Anche questa battaglia ha visto le organizzazioni sociali e i movimenti, tra cui la Filef, di cui Giovanni è presidente onorario, in prima fila.
Ma perché, quindi, dopo tanti successi, candidarsi per il Senato italiano ?
“E perché non dovrei ?” ci ha risposto. “Io continuo a credere nella partecipazione dal basso, nella discussione e condivisione di programmi e progetti; continuo a credere che la politica debba essere messa al servizio della gente e non essere fondata solo sulle ambizioni personali; l’altra volta mi si disse che c’era bisogno di innovare; ma, a parte la novità di Marco Fedi, che io apprezzo, non ho visto altre novità neanche generazionali; e poi si sono dette tante cose, sembrava che potevamo toccare la luna con un dito, invece mi pare che i risultati non siano stati eccezionali e i nostri, che sono stati eletti con il contributo di tutte le forze della sinistra italiana ed australiana, si sono visti molto raramente. Non metto in dubbio che ci siano delle difficoltà a lavorare tra Italia e Australia, ma in due anni 4 o 5 riunioni con i compagni della base potevano essere fatte; o no ? Oppure ci si poteva consultare anche per telefono, anche per internet per concordare con la gente quali proposte portare avanti; discutere un po’ di più insomma. O chiedevo troppo ?
Poi davvero non capisco perché si debba sempre dire di sì, o mettersi da parte, tantopiù che questa volta il quadro politico italiano è completamente cambiato. Non vorrei passare per uno all’antica, ma questo modernismo fondato sulla scomparsa delle differenze tra gli operai e i padroni, tra la gente comune e chi comanda, a me non convince affatto.
Sono stato un emigrato, ho vissuto con gli emigrati; mi sento vicino a loro, ai lavoratori di allora e a quelli di oggi. Io sono di parte. Non posso rappresentare l’altra parte, ma questa sì. E non ho mai sopportato che quelli dell’altra parte possano rappresentare la nostra parte. Come si fa a cancellare la storia? E anche l’evidenza del presente? A me pare che confondiamo i linguaggi con le cose concrete. E questo mi pare che accada molto più in Italia che in Australia. E in ogni caso posso comprendere l’avventura del Partito Democratico, ma non posso condividerla. Per questo ho accettato la candidatura con la Sinistra, l’Arcobaleno. Penso che ci sia bisogno di una sinistra forte in Italia e dovunque. I tempi che arrivano non sono belli. Soprattutto per le nuove generazioni. Forse bisogna riprepararci a lottare come abbiamo fatto in passato. Attrezzandoci e rinnovandoci, certamente, ma con le idee molto chiare. Se possiamo portare un contributo in questa direzione, è un altro passo, un altro piccolo successo della nostra esperienza di emigrazione.”
Perché la Sinistra, l’Arcobaleno, in Oceania si presenta solo al Senato ?
“C’è stata una discussione e una riflessione condivisa. Pensiamo che questo sia lo spazio per un’affermazione della Sinistra in particolare in Australia. Noi siamo responsabili. Noi non intendiamo favorire la destra. Ma non potevamo e non possiamo neanche accettare imposizioni o minestre preconfezionate. C’era lo spazio per un accordo tra il PD e la Sinistra. Non lo si è voluto percorrere. Chi di dovere si assumerà le sue responsabilità”.
Pensi di farcela ?
“Farò il possibile. E comunque questa esperienza vale per il futuro. Bisogna ricominciare a costruire la sinistra. Io voglio dare il mio modesto contributo.”

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Exit mobile version