L’on. Massimo D’Alema ha perso il pelo ma non il vizio proprio dei vecchi comunisti di dare le pagelle agli avversari. Quando liquida come “volgari e violente” alcune affermazioni fatte ieri da Silvio Berlusconi, D’Alema compie una sottile opera di provocazione di antica scuola comunista: bollare l’avversario come “violento” e additarlo al disprezzo morale perché “volgare”.
D’Alema sarà anche un esponente del nuovo Partito democratico, ma a nessuno sfugge come nel fondo del suo animo sia rimasto legato alla tradizione comunista fatta di demonizzazione dell’avversario. Avesse accusato Berlusconi di aver irriso gli avversari D’Alema avrebbe detto il vero. Ma che cosa c’entra l’accusa di violenza? Si rende conto D’Alema di essere lui un istigatore alla violenza?