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L’antiproibizionismo assunto come valore costituzionale.

di Domenico Bilotti

Se la libertà d’espressione per cui si è manifestato a Cosenza il 2 febbraio del 2008 è una particolare, peculiare forma di libertà personale, anche la riservatezza derivante dalle e la non inquisitorietà delle norme su sicurezza e ordine pubblico costituiscono a buon titolo elementi necessari per la piena affermazione di quell’ordinamento liberal-democratico che, giusto o sbagliato che sia, è stato scelto dagli Stati Nazionali ormai ben più di un secolo fa. È allora forse probabile che in Italia si avvertano le ferite, ancora, del regime autoritario, che scosse la “forma Stato” per ben un ventennio, creando coattivamente lo spazio per la forma “Stato Fascista”, cioè lo Stato modulato sulla base del “Partito Nazionale Fascista”.
Questa premessa non è un ingrandimento storiografico di stile. Dal 1992, da quando cioè ci siamo misurati da un lato con la Seconda Repubblica e dall’altro con un preciso orientamento di politica legislativa in tema di stupefacenti e loro consumi, ci sono stati cinquecentomila (non è un errore di stampa) casi di schedatura. L’80% di essi ha riguardato consumatori di droghe leggere. Ovvero, quattrocentomila casi di intervento di autorità statale -nella più parte dei casi, direttamente autorità di polizia- nella sfera diretta e personale dell’individuo.
Cosa ha prodotto questo sistema? Dai tempi di Sciascia, analizzando le contaminazioni tra malaffare e politica, si parla di tre livelli: l’affiliato, il referente, il politico. Il mercato della droga a dir poco consta di tre livelli generali (mediatore, grossista, spacciatore), ma la filiera che attacca, attraverso cicli di taglio su cicli di taglio, il contenuto farmacologico della sostanza è molto più lunga, più torbida e segmentata. Ed è ancora la voce più importante nel procacciamento dei liquidi monetari che servono ai cartelli, il nucleo fondamentale perché quello che meglio consente di ottenere banconote di ogni taglio. Nel contempo si è data grossa rilevanza a una ricerca medico-scientifica che attestava il potere ultracancerogeno delle sostanze stupefacenti “leggere”. Un’ottima cosa, se però ogni tanto si desse voce e risalto a quelle ricerche, quantitativamente in soprannumero, che invece riconoscono qualità particolari ai derivati da cannabis: sull’appetito, sulla circolazione, sui centri del dolore. Bisogna essere pluralisti anche in questo, in attesa di una verità scientifica minima sulla questione (che ad avviso di chi scrive comunque già esiste, e non è soltanto quella sugli effetti cancerogeni del cannabinoide). Per questi tre punti -contenuto apertamente repressivo della legislazione attuale, incidenza sui guadagni delle organizzazioni di malavita, mancata compiutezza dell’informazione medica al riguardo- l’altro aspetto di una battaglia libertaria & democratica, per i diritti individuali, per il funzionamento anch’esso democratico delle istituzioni costituzionali, una politica antiproibizionista e consapevole, può essere una risposta importante, più seria e più nobile di forme di “contenimento”, se non di aperta repressione, di sensibilità critiche italiane.

Comitato Politico dei Radicali di Sinistra
Coordinatore regionale della Calabria

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