Riformulare una nuova politica scolastica.

di Cristian Ribichesu

riceviamo e pubblichiamo volentieri

Un’opinione di un professore sulla scuola italiana :Ad aprile avremo le elezioni e sicuramente tra i punti più importanti di qualsivoglia Governo ci sarà l’esigenza di riformulare una nuova politica scolastica.
Il nostro sistema dell’Istruzione fa acqua da tutte le parti e dai dati che si riferiscono al 2007 risulta che la Scuola italiana è fra le peggiori d’Europa.
La Scuola è l’organizzazione specializzata nell’educazione ufficiale rivolta alle nuove generazioni. Questa educazione mira all’acquisizione di conoscenze teoriche e pratiche e al conseguimento di criteri di orientamento della condotta individuale, in una serie di discipline e ambiti di vita, attraverso una trasmissione graduale del sapere, dagli ordini inferiori a quelli superiori in cui è ripartito il sistema dell’istruzione. La società riconosce l’importanza della Scuola per il suo valore educativo, ma l’importanza scolastica non si limita solo alla formazione dell’individuo, influisce direttamente, anche, sul miglioramento economico della società dove è inscindibile il collegamento economia-scuola-lavoro.
Possibile causa della sottoccupazione, nonostante alti livelli di scolarità, è la stessa massificazione e democratizzazione dell’istruzione, non negativa per il coinvolgimento maggiore di persone, ma per un abbassamento dei livelli culturali.
Caratteristica fondamentale della Scuola è o dovrebbe essere quella di creare delle possibilità di ascesa sociale, rendendo tutti uguali, con la valorizzazione dell’individuo per quelle che sono le sue potenzialità e il suo impegno, e non in base alla provenienza sociale. Però, sia per l’esigenza del mondo lavorativo, che richiede il conseguimento di un numero maggiore di titoli di studio, anche oltre la laurea, sia per il citato abbassamento dei livelli culturali, si è osservato che le istituzioni scolastiche non diminuiscono il divario fra chi proviene da classi avvantaggiate e chi no. Non solo i primi hanno la possibilità di accedere a titoli e istituti “migliori” e/o superiori, come ulteriori qualifiche post-universitarie o master, ma anche nella frequenza delle stesse scuole questi hanno, di base, dei vantaggi di competizione e di successo scolastico maggiori dei secondi, nonché una maggiore possibilità di inserimento nel mondo del lavoro.
Malgrado ciò la Scuola è lo strumento principale per aspettative di vita migliori e per superare la disuguaglianza indicata bisognerebbe tendere a un continuo perfezionamento dell’istruzione.
Proprio per questo cresce l’importanza del lavoro dei docenti, considerando, anche, la disoccupazione e la globalizzazione, che concorrono a una maggiore responsabilità legata alla funzione civile-educativa degli insegnanti nei confronti dei giovani e della società.
Non è irrilevante che il miglioramento economico del Paese, ma anche delle autonomie locali, possa avvenire per mezzo del miglioramento del sistema scolastico, oltre al maggior investimento nella ricerca, attraverso un incremento dei livelli culturali e una maggiore interazione con il mondo lavorativo.
Ovviamente non può essere solo una riforma della Scuola a garantirne il miglioramento, ma devono essere gli stessi docenti ad impegnarsi personalmente per impartire più cultura e più strumenti per un’analisi critica della realtà, per cui diventa inevitabile una maggiore preparazione degli stessi, sia nell’ambito specifico delle loro materie d’insegnamento che in quello tendente ad una preparazione sociologica, psicologica, pedagogica e programmatorio-didattica necessaria per degli operatori professionali che educano altre persone.
Per ciò una possibile riforma del sistema scolastico italiano dovrebbe favorire il miglioramento della professionalità dei docenti, non solo attraverso ottimizzazioni del percorso formativo, ma anche con un riconoscimento maggiore di questo mestiere, sia socialmente che con un aumento delle condizioni economico-retributive. Infatti è logico che a una maggiore preparazione professionale si dovrebbe accompagnare un aumento dello stipendio, sia per un dovuto adeguamento alla “scala mobile” e sia perchè, nella società, si riconosce maggiore rilevanza sociale ai lavoratori statali in base alla loro retribuzione. Un aumento salariale, congruo, va di pari passo con un implicito riconoscimento dell’importanza della professione docente da parte dello Stato e una maggiore considerazione pubblica concorre al rinforzo della stima del proprio lavoro da parte degli insegnanti, favorendo il miglioramento dell’attività svolta.
Un passo verso il progresso scolastico è stato l’istituzione di scuole di specializzazione, ma nonostante tutto la Scuola italiana soffre un gap che sembra incolmabile rispetto agli altri sistemi dell’istruzione europea.
A settembre 2007 i ministri della Pubblica Istruzione e dell’Economia hanno presentato il Quaderno Bianco. Nello stesso Quaderno bianco, vero e proprio documento d’analisi, viene ribadita l’importanza della Scuola e dei docenti per il miglioramento nazionale, in ambito sociale ed economico. Dal ‘96 al 2006 gli studenti sono aumentati di circa il 20%, ma contemporaneamente vi è una dispersione scolastica corrispondente all’aumento, se non superiore. Attraverso questo documento emerge che gli studenti italiani passano più tempo a scuola rispetto agli altri alunni europei, ma ottengono risultati peggiori in merito alla matematica, alle scienze e alla padronanza linguistica. Quindi non è la quantità di tempo trascorso a Scuola a migliorare i livelli culturali, quanto la qualità dell’insegnamento, e durante le ore scolastiche antimeridiane.

In base a quanto riportato sul Quaderno bianco non influirebbe sulla qualità neppure il numero degli studenti per classe, anzi questo documento elabora uno studio che prevede l’aumento degli alunni in aula nei prossimi anni (un disastro).

Inoltre, poi, rispetto ai risultati dell’indagine Pirls-ICONA* Iea* 2006, risulta che le competenze in lettura dei bambini italiani di quarta elementare sono superiori a quelle degli altri corrispondenti alunni europei e mondiali, ma confrontando i dati del Quaderno bianco e le indicazioni OCSE-PISA risulta che i nostri studenti peggiorino progressivamente fino ai quindici anni, per poi arrivare al conseguimento del diploma con bassi livelli culturali, sia in competenze che in conoscenze.

Evidentemente vi sono vari segnali contrastanti.
Certamente l’aumento degli alunni che frequentano la scuola deve prendere in considerazione il numero corrispondente ai figli degli extracomunitari o dei rom, che spesso abbandonano i banchi di scuola dopo la licenza media, se non anche dopo il raggiungimento dell’età dell’obbligo. In realtà la popolazione italiana sotto i quindici anni sta diminuendo e il divario non si colma neanche con i figli degli immigrati.
I problemi sono quindi altri.
Negli ultimi anni è stata dequalificata la figura dell’insegnante e dell’insegnamento, con un’eccessiva semplificazione dei programmi di studio e dei testi in adozione. Se la mente si sviluppa in modo simile al fisico che si allena, certamente con una richiesta di studio e con stimoli minori il cervello lavora poco e le facoltà cerebrali si sviluppano meno.
Sono aumentati gli alunni nelle classi, che invece dovrebbero essere formate da un numero minore di studenti. Non è possibile pensare di insegnare bene in modo quasi individualizzato in classi con 25/30 alunni che, nelle scuole medie inferiori e superiori, non hanno certamente lo stesso grado di maturazione degli studenti universitari. Ripensando alla qualità dell’insegnamento ne consegue che si potrebbero risparmiare molti soldi, a livello nazionale, riducendo i progetti e consentendo in questo modo l’assunzione di più docenti per la creazione di classi meno numerose.
La scuola ha perso l’effettivo valore meritocratico. Questo deve essere riacquistato educando a tal fine gli alunni e la stessa società, non regalando le promozioni ma incentivando allo studio in maniera concreta. Solo così si possono dare validi strumenti anche a chi proviene da classi sociali svantaggiate, perchè invece, e bisogna dirlo, il semplice conseguimento del titolo di studio, con l’abbassamento dei livelli culturali, come già detto, non fa altro che aumentare la forbice della disuguaglianza sociale.
Inoltre, con l’autonomia scolastica, che ha trasformato le scuole in imprese che tendono alla produzione di promossi, non solo sono stati abbassati i livelli culturali, ma è stato instaurato anche un rilassamento, diciamo pure un lassismo esasperato, nei confronti di atteggiamenti scorretti da parte degli alunni, con l’adozione d’interventi educativi paragonabili a semplici palliativi, al posto della giusta sanzione, che non serve per mortificare l’alunno scorretto quanto per educarlo alla giusta condotta, proiettandolo in un futuro civico verso quello che è il normale iter giuridico nei confronti del cittadino colpevole rispetto alla legge. Ovviamente questo lassismo è frutto della paura delle bocciature, che diminuirebbero il numero dei promossi, e genera immancabilmente esempi negativi per tutti gli altri alunni che emulano o incorrono in comportamenti scorretti sapendo, poi, di essere immancabilmente promossi.
Insomma, ormai si promuove per aumentare le statistiche “positive”, ma spesso i promossi non hanno i requisiti.
Personalmente penso che future, e al più presto, nuove politiche scolastiche dovrebbero avere le seguenti modifiche, quali:
1. _ il ritorno a una scuola meritocratica dove si studia e si rispetta l’educazione, imponendo nei casi opportuni l’allontanamento dalle lezioni;
2. _ la creazione d’ispettori straordinari, estranei al tessuto socio-lavorativo in cui dovrebbero operare, coadiuvati da equipe di professori appositi, che controllino i risultati degli studenti in maniera casuale e periodica, tutti gli anni e per tutto l’anno scolastico, nelle varie scuole, a campione, riscontrando poi le valutazioni con quelle registrate dagli insegnanti;
3. _ la separazione della figura del Dirigente scolastico dai consigli di classe, e in sede di scrutinio, per non ”inquinare”, anche involontariamente, le valutazioni, facendo si che gli stessi dirigenti si attengano alla vita organizzativa della scuola, senza incidere sull’insegnamento dei docenti che per legge dovrebbe e deve essere libero;
4. _ prevedere tre ore d’insegnamento della geografia e della storia nelle scuole medie inferiori;
5. _ aumentare le ore d’italiano prediligendo la lettura di romanzi che stanno alla base della nostra storia e lingua, come “I promessi sposi”, e adottare antologie e romanzi, anziché le normali antologie che sono frammentate in maniera eccessiva;
6. _ dimezzare le classi, a vantaggio della qualità dell’insegnamento, passando a medie di 15 – 18 alunni in tutto;
7. _ diminuire i progetti e creare un ricambio lavorativo tra i pensionandi e i tirocinanti, per mezzo di un vero e proprio affiancamento professionale retribuito;
8. _ adeguare lo stipendio dei docenti alla preparazione della figura professionale e all’aumento del costo della vita;
9. _ creare corsi di formazione e aggiornamento per docenti, altamente qualificanti e gratuiti.
Spesso si fa analisi ma non si propongono soluzioni. Dato che le elezioni sono alle porte, visto che per altre categorie di lavoro sono gli stessi lavoratori a chiedere delle riforme per migliorare le condizioni lavorative, potrebbe essere utile che ora gli stessi insegnanti, da una parte per le condizioni della scuola italiana e dall’altra perchè solo questi conoscono appieno i problemi e le dinamiche scolastiche, chiedano o abbiano la possibilità di votare per una riforma scolastica, una riforma tecnica senza colori politici e richiesta dal basso, chiaro esempio di partecipazione democratica!

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