Site icon archivio di politicamentecorretto.com

Bruno Roscani "Compagni così…"

di Bruno Pierozzi

“Compagni così…” è uno di quei libri che si leggono con apparente facilità, ma che hanno dentro una complessità che si scopre allorché si riflette sugli eventi narrati, su quei “lampi di memoria”, come li definisce l’autore Bruno Roscani. La difficoltà di raccontare questo bel libro, che racchiude fatti che vanno dal periodo precedente la seconda guerra mondiale sino agli anni ’80, sta proprio nel cercare un filo conduttore unificante, impresa nella quale mi accingo sperando di saper compendiare in modo organico fatti e riflessioni dell’autore.
Le vicende personali e politiche che narra Roscani si dipanano su alcune direttrici fondamentali: Roma e la trasformazione della città dagli anni ’30 ad oggi; la militanza politica nel PCI, l’attività sindacale svolta nella Cgil e i personaggi incontrati – che sono sia personaggi noti – ma sopratutto i tanti militanti politici e sindacali, le lavoratrici e i lavoratori. Il tutto amalgamato attraverso i ricordi personali, le sensazioni, gli umori, che incrociano tutte le vicende.
Roma grande periferia e il Pci – Un elemento fondamentale del libro è quello del contesto territoriale: Roma. La città narrata da Roscani è la Roma che inizia a espandersi al di fuori del centro storico e della falsa “Roma imperiale” mussoliniana. Il contesto territoriale di riferimento è la zona di Ponte Milvio (Ponte Mollo per i romani) che negli anni ’30 – quelli della fanciullezza dell’autore – era una delle periferie dove vivevano molti lavoratori e operai, così come la Garbatella, San Lorenzo, il Tiburtino III. Era quel mondo che il fascismo aveva isolato perché povero, e la povertà per il fascismo non esisteva. Invece la povertà c’era e anche tanta, come ci illustra l’autore descrivendo la “fame” come un elemento costitutivo della sua infanzia. Era quella povertà che lo costringeva a calzare i sandali anche d’inverno, perché non c’erano i soldi per le scarpe. Ma quella povertà era vissuta dal proletariato con grande dignità e attraverso l’ingegno si cercava di sopperire alle mancanze materiali. Ecco allora che Roscani ci narra che metteva a frutto la sua capacità nello studio, scrivendo i compiti ai meno dotati, in cambio di qualche merenda. Oppure quando la banda dei ragazzini da lui capeggiata, attuava incursioni nei terreni e proprietà dove c’erano alberi da frutto, attuando così una sorta di “riappropriazione” di quanto negato dal sistema. C’è poi un riferimento fondamentale per il futuro di Roscani, ma anche di tanti giovani antifascisti, è quello rappresentato dall’Azione Cattolica. La chiesa, o meglio, “i sotterranei della parrocchia” divennero luogo di formazione per molti giovani che trovavano nella chiesa l’unica alternativa alla retorica del regime fascista. In quei sotterranei si riunivano i “grandi” e lì che l’autore sentì parlare per la prima volta di Carlo Marx.
C’è poi la Roma della Resistenza, è a “Ponte Mollo” che opera il gruppo che fa capo a Vasco Pratolini. Nel dopoguerra comincia l’espansione della città, quella città che per dirla con Ferrarotti da Capitale diventa periferia, è la città delle grandi borgate. Ecco allora l’impegno del PCI romano per far crescere il partito di massa nella nuova città che si è espansa con nuclei abitativi spontanei e dove la classe operaia era costituita sopratutto da lavoratori edili. In questa Roma Roscani si iscrive nel 1948 e cresce politicamente nella sezione del PCI di Ponte Mollo insieme ai suoi due fratelli, di cui uno è il segretario della sezione, e come specifica l’autore, a quei tempi ci si rivolgeva negli interventi, non col nome di battesimo, ma col cognome e quindi anche il fratello era il “compagno Roscani”.
Il Pci cresce in quella Roma grazie all’impegno quotidiano delle tante compagne e compagni che magari dopo una giornata di duro lavoro si trovano in sezione per costruire insieme la proposta e l’iniziativa politica sui tanti problemi, che vanno da quelli del territorio: casa, scuole, servizi sociali e sanitari, a quelli internazionali della pace e della difesa dei diritti. C’è voglia di fare, c’è invenzione in quel partito e in quella sezione dove passano anche tanti nomi famosi: da Maurizio Ferrara (padre di Giuliano) a Luciana Castellina, da Berlinguer a Bertinotti, solo per citare quelli politici più noti, ma anche compagni come Sergio Ferrante, Giuseppe Loi fratello del regista Nanni. E’ quel partito comunista che riuscirà a radicarsi non solo all’interno dei luoghi di lavoro: fabbriche e uffici, ma anche nel territorio, nei quartieri popolari, nelle tante baraccopoli sorte spontaneamente. E’ il partito nuovo di Togliatti, quello della via italiana al socialismo, che riesce a dare speranza di emancipazione anche a quelle fasce sociali più emarginate rappresentate dal sottoproletariato. E’ quel partito che con la sua azione porterà a risanare la situazione delle periferie abbandonate, attraverso una nuova politica urbanistica e della casa – anche se nella sua politica vi furono alcune lacune ben descritte nel libro. E’ il Pci che arrivò alla metà degli anni ’70 alla conquista del comune di Roma con la prima giunta di sinistra e che avrà nel sindaco Luigi Petroselli il rappresentante di quella importante stagione di grandi cambiamenti politici.
La Cgil e le conquiste del lavoro – L’altro grande tema è quello della lotta e dell’iniziativa sindacale. Il Partito viste le capacità del giovane Roscani nell’attività redazionale e di studio lo propose alla Cgil per il lavoro presso la Casa editrice sindacale. Inizia così la lunga esperienza dell’autore del libro nel sindacato attraverso due passaggi fondamentali, il primo nell’ambito dell’Ufficio studi della Cgil nazionale e successivamente l’esperienza di segretario nazionale del sindacato scuola Cgil. Qui si snodano molti “lampi di memoria” che ci aiutano a capire il clima del sindacato dal dopoguerra fino alla sua evoluzione degli anni ’80.
Roscani è impegnato in tutta la costruzione della stampa sindacale di informazione, con la fondazione della Casa Editrice Progresso. il sindacato ancora unitario pubblica anche un quotidiano il “Lavoro” che dopo la scissione sindacale verrà chiuso. Grazie all’inventiva di Gianni Toti il “Lavoro” viene reinventato come “settimanale – rotocalco” e per dare maggiore visibilità al nuovo settimanale Toti pensò di mettere in copertina una bella ragazza nuda! Il successo come prevedibile fu enorme, con affissione su tutte le bacheche sindacali, ma come prevedibile Di Vittorio fece una dura reprimenda su quella “trovata” pubblicitaria al povero Toti.
In Cgil Roscani incontra Tonino Tatò e con lui dà vita alla rivista della Cgil “Rassegna Sindacale” che è tuttora il settimanale della Confederazione e come precisa Roscani ancora oggi i caratteri tipografici sono quelli scelti allora da lui e Tatò presi in Inghilterra, ma come ci dice l’autore la lettura dei testi spesso era “pesante, pallosa …al limite dell’isopportabilità”.
Tatò oltre ad essere allora dirigente sindacale e anche un riferimento culturale di quel gruppo di compagni di estrazione cattolica che ruotano attorno alla figura di Franco Rodano austero e pignolissimo direttore della “Rivista Trimestrale”. La Rivista Trimestrale fu una delle fucine intellettuali del Pci, dal versante di quello che fu definito “cattocomunismo” e che contribuì certamente all’apertura al dialogo col mondo cattolico, che poi sfociò nella costruzione della linea del “compromesso storico” di Berlinguer. Certamente l’impegno analitico e propositivo fu di alto livello, e da quelle analisi possiamo dire derivi anche lo sviluppo successivo della linea politica che portò al superamento del Pci, con la nascita del PDS , dei DS con l’approdo al PD attuale che dovrebbe realizzare la sintesi dei riformismi di matrice cattolica e di quella comunista. La storia ci dirà se questa strada porterà qualcosa di buono o se sarà soltanto la fine di una speranza.
Sotto indicazione di Tatò Roscani frequenta un corso economico presso la Svimez diretto da Claudio Napoleoni, (uno dei responsabili della Rivista Trimestrale) dovendo misurarsi con teorie e formule matematiche. Ma anche in questo caso l’autore non demorde e supera brillantemente anche questa prova, sapendo bene che – secondo l’ammonimento di Gramsci – “lo studio è fatica”. Da questo episodio, come da altri analoghi, ne esce fuori una delle altre peculiarità del modo di fare politica del Pci, ovvero, quella dedizione, unita alla passione e al sacrificio, che furono uno degli elementi che caratterizzarono l’azione dei quadri e militanti del Partito Comunista e che ne furono certamente, nel bene e nel male, un tratto distintivo. E’ in questo modo di essere a volte un “tutto politico” che trova concretizzazione la “filosofia della prassi”. L’operaio come l’intellettuale sono uniti da quella comune dedizione e il partito diviene lo strumento della sintesi nella fabbrica, come nel territorio divenendo realmente “intellettuale collettivo”.
Roscani dall’ufficio studi passerà alla difficile opera di costruzione del sindacato scuola della Cgil, sotto la “spinta” di Rinaldo Scheda che lo invita a “nuotare in mare aperto”.
Sulle prime l’autore è perplesso, ma poi accetta la sfida. Il sindacato scuola era allora alquanto composito, con una pletora di gruppi facenti capo ai molteplici riferimenti politici della sinistra politica, di cui quella cosiddetta extraparlamentare era nella fattispecie ben radicata. Figurarsi dunque le difficoltà di omogeneizzare il tutto per un “comunista strutturato” come Roscani! Ma anche in questo caso, pur tra mille difficoltà, ebbe la meglio, costruendo un solido sindacato scuola. Sono interessanti i resoconti delle diverse fasi negoziali con il Ministero della scuola, ministero che fino ad anni recenti fu sempre diretto da rappresentati della Democrazia Cristiana, così come per il Ministero degli interni. Questo la dice lunga su come la D.C. considerasse fondamentale e strategico il ruolo dell’educazione e il controllo della cultura. Roscani ci narra di come dopo una faticosa trattativa con il Ministro Franco Maria Malfatti fu raggiunto l’accordo sul contratto. L’accordo era in linea con la politica egulitarismo salariale propugnata dalla Cgil ed aveva avuto il consenso dalle assemblee di categoria. Ma allorché fu verificato che tale linea non era stata assunta dagli altri comparti del pubblico impiego, il sindacato scuola fu costretto a disdire e ricontrattare tutto!
Gli anni in cui Roscani dirige il sindacato scuola sono anche gli anni in cui si sviluppa in Italia il terrorismo, che trova spesso proprio nell’ambito scolastico e universitario il terreno fertile alla crescita dei cosiddetti “fiancheggiatori”. Nel ricordare i pericoli incorsi negli “incontri” con le diverse fazioni e gruppi extraparlametari, tra cui la famigerata “Autonomia Operaia”, non mancano anche sottolineature umoristiche, come quella della tattica di evitare la possibilità del comizio agli estremisti che raggiungevano il palco con il semplice trucco di staccare il filo dell’amplificatore collegato al microfono e agli altoparlanti.
Ci sono poi le pagine che narrano l’esperienza di direttore della Scuola sindacale di Ariccia. Di questo periodo vorrei sottolineare il capitolo dedicato a Claudio Sabbatini e al “Protocollo IRI”. Dal racconto – a tratti commovente – esce fuori tutto il dramma umano e politico di questo grande dirigente sindacale che ebbe il coraggio di porre le basi per il rinnovamento della pratica contrattuale, attuata appunto attraverso il “Protocollo IRI”, rimettendo in discussione se stesso e quelli che erano stati i suoi valori guida nell’azione negoziale con le controparti imprenditoriali. Lo sviluppo della riflessione sulla metodologia della “codeterminazione” fu un contributo di grande innovazione strategica, di cui Sabbatini fu propugnatore e che Bruno Trentin cercò di far avanzare e sistematizzare nella cultura di una Cgil “antagonista”. Dobbiamo dire che ancora oggi esistono forti resistenze nella Cgil a far avanzare una nuova cultura contrattuale. Alcuni settori sono ancora attestati su una concezione puramente conflittuale, nella quale il sindacato deve essere soggetto di rappresentanza di classe senza “contaminazioni” con la cultura d’impresa. In questa ottica il l’operaio e il lavoratore non saranno mai soggetti attivi e propositivi nella determinazione del processo produttivo e redistributivo. Tali posizioni hanno come logica conseguenza l’incapacità di proporre un nuovo modello contrattuale, di cui ormai c’è un inderogabile bisogno. E su questo fronte sentiamo oggi la mancanza di compagni come Claudio Sabbatini.
Abbiamo ancora bisogno di “Compagni così…” – Il libro si chiude col dilemma finale dell’autore, che è il dilemma di quanti hanno vissuto tutta o in parte la stagione di lotte e di speranze narrata, ma che investe anche coloro che quella stagione non l’hanno vissuta. E’ la domanda che tutti ci facciamo, sopratutto oggi, in cui non vediamo certezze per il futuro non solo della sinistra, ma anche per il Paese: “dobbiamo riprendere la scalata al cielo, o compiere il duro lavoro di aratura del terreno di una stagione nuova della nostra democrazia…” Abbiamo ancora bisogno di “Compagni così…”.

Bruno Roscani – Compagni così… lampi di memoria per un post-diario. – Ediesse, 2007, pagine 219, Euro 12,00

Exit mobile version