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Le cravatte del presidente

di Mauro Montanari

Che fa un politico quando viene messo in galera con l’accusa, mettiamo, di concussione? In Germania non ce lo possiamo immaginare. In Italia, un politico agli arresti, come minimo “è sereno”. Così la signora Sandra Lonardo Mastella, presidente del Consiglio Regionale della Campania, arrestata proprio nei giorni in cui scriviamo questo articolo, ha dichiarato di essere “serena”.
Siamo sereni anche noi, anche perché oggi non vogliamo occuparci dei Mastella. Non vogliamo occuparci neppure del Gran Mezzano Berlusconi Silvio, che nei giorni scorsi ha fatto parlare di sé con le sue soubrette, né del lupanare Rai, e neppure del Gran Leccascarpe, il già direttore di Rai Fiction, Saccà Agostino. In attesa di vederlo diventare -si capisce- direttore megagalattico nel prossimo governo. No, grazie! Scusateci, ma vogliamo essere un po’ sereni anche noi, pur non essendo agli arresti come lo è la signora Mastella.
Quindi ci occuperemo, stavolta, di cravatte. Non delle nostre, certo: ne indossiamo poche, quelle poche comprate a cinque euro dai marocchini alla stazione Termini, quando capitiamo a Roma per servizio. Ci occuperemo piuttosto di quelle del presidente della Camera dei Deputati, il compagno Fausto Bertinotti, di Rifondazione Comunista, conosciuto anche come il Parolaio Rosso.
Bertinotti, come tutti i politici italiani, è convinto che i problemi del Paese si risolvano parlandone a un Talk Show. Quindi lo vedi un giorno sì e uno no in tv, oggi da Bruno Vespa, domani a Matrix, dopodomani da Santoro. Senza televisione, Bertinotti non dice niente. Anche la visita di pellegrinaggio al Monte Athos di cui si è parlato tanto prima di Natale, il presidente l’ha fatta a condizione di essere seguito da una equipe del Tg1. Altrimenti i frati ci andavano da soli, sul Monte Athos, se volevano andarci!
Si capisce allora l’importanza non accessoria delle cravatte per uomini così. Per riconoscimento unanime le migliori sono appunto quelle del presidente della Camera, invidiate persino dal già presidente del Consiglio, Berlusconi, il quale ultimo se le fa arrivare, com’è noto, dalla ditta Marinella di Napoli. Bertinotti invece preferisce quelle dello stilista Luca Roda, di Sirmione del Garda.
Roda fa le cravatte su misura, in relazione all’altezza e alla circonferenza di stomaco della persona, e in base al nodo utilizzato: tutte cose che influiscono sulla lunghezza della cravatta stessa, la quale deve arrivare esattamente alla cintura, non un centimentro più sù, non uno più giù. I colori, poi, sono ispirati alla natura e ai paesaggi del lago di Garda. Cravatte davvero bellissime, che il presidente riceve in omaggio con spedizione diretta da Sermione.
Così accadde anche venerdì 5 ottobre 2007. Venne fatta la usuale spedizione (una scatola bianca in carta da regalo color crema e nastro beige scuro) con recapito alla sede di Rifondazione Comunista, in viale del Policlinico. All’interno c’erano cinque cravatte della collezione autunno-inverno: tre del modello cosiddetto “Regimental”, nei toni rosso e blu, e due più normali in cachemire. Cuciture e ricami a mano. Valore dichiarato dal produttore per modelli simili: 4800 euro complessivi.
Ora, però, quel 5 ottobre accadde un imprevisto. Un anonimo compagno, vista incustodita in portineria la nota, bella scatola color crema, se la mise sotto la giacca e se la portò a casa. Sbagliando, si capisce. Perché un furto è un furto. Sono cose odiose, che non si fanno, poi rimangono sulla coscienza. E questo è meglio dirlo esplicitamente. I presenti, infatti, rimasero interdetti.
Anche il Corriere della Sera intervenne il giorno dopo con un trafiletto a p. 13. Una condanna unanime, e si capisce che il presidente da quel momento preferisca farsi recapitare il pacchetto da Sermione al fermo posta della Camera, dove forse si ruba, ma certo non le cravatte dei colleghi.
Condanniamo anche noi questo compagno ladro, tuttavia non ce la sentiamo di farlo al cento per cento. Chissà, forse, informandosi sul valore delle cravatte, come abbiamo fatto noi, avrà pensato, se è un metalmeccanico, che esse valgono quattro volte il suo stipendio. Se riesce a rivenderle, per quattro mesi potrà tornare a casa dicendo che guadagna il doppio e per quattro mesi non dovrà sentirsi un fallito di fronte a moglie e figli.
Se è un co.co.co, un precario della scuola o addirittura un disoccupato, quelle cravatte diventano per lui un valore non misurabile. Lo condanniamo, ma con rimorso, perché, forse, chissà, nella stessa situazione, quelle cravatte al compagno presidente le avremmo rubate anche noi. E ce ne saremmo poi tormentati, come fece Jean Valjean de “I miserabili” dopo avere rubato l’argenteria in casa di mons. Myriel.
Mauro Montanari

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