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Il consiglio regionale del Piemonte su Cefalonia

di avv.Massimo Filippini

Le solite insulsaggini su una triste vicenda

Il Consiglio Regionale del Piemonte –retto da una giunta di Sinistra- il 4 dicembre 2007 ha approvato un Ordine del Giorno* (v. nota) in cui -tra l'altro- si sottolinea ” l'alto valore del sacrificio dei militari italiani trucidati dai nazisti a Cefalonia per aver rifiutato di consegnare le armi dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943″ e si rivolge un appello “al Presidente della Repubblica, al Governo, al Parlamento, alle altre Regioni italiane, nonché a tutti gli enti locali affinché intervengano con i mezzi che riterranno opportuni per far sì che i familiari delle vittime e le associazioni non siano lasciati soli nella loro opera di difesa dell'onore e ricordo dei militari che hanno dato la loro vita per mantenersi fedeli a un supremo ideale di democrazia e libertà”.
Per dirla in latino ‘nihil novi sub luce solis” nel senso che il predetto O. d. G. altro non è che l’ennesima ripetizione dell’ormai stantio “refrain” secondo cui: a) a Cefalonia ci fu un immane sterminio (anche se nel testo ‘prudentemente’ ci si astiene dal fare numeri …forse perché qualcuno ha letto il mio ultimo libro); b) i militari della divisione ‘Acqui’ RIFIUTARONO di consegnare le armi “per mantenersi fedeli a un supremo ideale di democrazia e libertà” (!!) (e non perché arrivò al loro comandante l’ORDINE DI RESISTERE del governo Badoglio fuggito a Brindisi), affrontando per giunta CONSAPEVOLMENTE la MORTE.
Una tale ‘balla’ ripetuta –addirittura all’unanimità- dai membri della Regione Piemonte è un altro avvilente tassello che si aggiunge alla sequela di menzogne e di inesattezze più o meno volontarie imperversanti sulla vicenda di Cefalonia divenuta ormai costante oggetto di speculazioni ideologiche –materia in cui i comunisti sono inimitabili maestri- fondate su fatti inesistenti o sul travisamento di fatti realmente accaduti.
Di fronte a questa ennesima prova di ignoranza mista a malafede -operata stavolta da una pubblica Istituzione- sottolineo ancora una volta che la mancata cessione delle armi da parte dei militari italiani avvenne non ‘MOTU PROPRIO’ ma A SEGUITO dell'ORDINE DI RESISTERE inviato dal Comando Supremo riparato o meglio fuggito a Brindisi al seguito del governo Badoglio SENZA una preventiva DICHIARAZIONE DI GUERRA ai tedeschi, con l'obiettiva conseguenza di porre i nostri soldati nella situazione di partigiani o franchi tiratori come tali passibili -a norma delle convenzioni internazionali- di fucilazione appena catturati.

Che tale ORDINE abbia avuto la tremenda conseguenza di provocare la rappresaglia tedesca CONTRO GLI UFFICIALI lo ribadì addirittura il Comandante in capo delle Forze Alleate gen. Eisenhower quando, il 29 settembre 1943, in occasione della firma dell'armistizio ‘c. d. lungo’ avvenuta a bordo della corazzata 'Nelson' nelle acque di Malta -per l'Italia erano presenti il M. llo Badoglio. i generali Ambrosio, Roatta e Sandalli e l’amm. De Courten- chiese a Badoglio se fosse a conoscenza delle condizioni alle quali i soldati italiani erano sottoposti negli scontri coi tedeschi se fatti prigionieri, poiché il governo italiano non aveva dichiarato guerra alla Germania.
Questo il testo del colloquio:
Eisenhower: “Desidero sapere se il governo italiano è a conoscenza delle condizioni fatte dai tedeschi ai prigionieri italiani in questo intervallo di tempo in cui l'Italia combatte la Germania senza averle dichiarato guerra”
AMBROSIO: “Sono sicuro che li considerano partigiani”.
EISENHOWER: “Quindi passibili di fucilazione ?”.
BADOGLIO: “Senza dubbio”.
EISENHOWER: “Dal punto di vista Alleato la situazione può anche restare com'è attualmente, ma per difendere questi uomini nel senso di farli divenire combattenti regolari, sarebbe assai più conveniente per l'Italia dichiarare la guerra”.
(Tra le varie fonti v. Attilio Tamaro – Due Anni di storia ed. Tosi 1950 Roma).

Alla luce di quanto sopra è più che evidente, quindi, che gli ORDINI di RESISTERE n° 1023 e n° 1029 del Comando Supremo inoltrati al gen. Gandin quindici giorni prima dalla città pugliese condannarono la “Acqui” a subire la rappresaglia della Wehrmacht poichè la dichiarazione di guerra alla Germania avvenne solo il 13 ottobre successivo.
In questo lasso di tempo di un mese secondo il diritto internazionale tutti i soldati italiani che avevano preso le armi contro i tedeschi vennero da questi considerati partigiani con le obiettive conseguenze che sappiamo.
Questa la realtà dei fatti nei quali tra l'altro la rappresaglia tedesca ( v. mio libro I Caduti di Cefalonia: fine di un Mito IBN Roma 2006) -in deroga ai draconiani ordini iniziali di Hitler- si abbattè principalmente sui nostri Ufficiali tra cui come forse non sanno alla Regione Piemonte (e se non lo sanno glielo dico ora) ci fu anche il magg. Federico Filippini com. te il genio Divisionale – mio Padre- e non solo i Padri delle due signore De Negri e Fioretti menzionate con enfasi dal predetto O. d. G. quasi che ad esse vada il merito di aver ‘costretto’ il Procuratore Militare di Roma A. Intelisano ad iscrivere nel Registro degli Indagati della Procura di Roma alcuni vecchietti quasi novantenni le cui responsabilità in merito alle fucilazioni di nostri militari sono tutte da dimostrare essendo state, tra l’altro, escluse –dopo cinque anni di indagini- dalla magistratura tedesca di Dortmund e proprio da quel Procuratore Maas –più volte definito ‘democratico’ (nel senso ovviamente di comunistoide), nel quale le predette signore credevano di aver trovato un valido appoggio per le loro tesi proprie della Sinistra Comunista che le ha sponsorizzate entrambe come si rileva dai complimenti loro rivolti dal senatore Grassi (quello che vuole mantenere la falce e martello nel simbolo del partito) e da tutto l’entourage del Partito della Rif. Comunista, leggibili nel sito esserecomunisti.it o in altri consimili come “articolo21.it, la cui visione politico-ideologica della vicenda mal si concilia con l’aspetto giuridico –oltre che storico- della stessa.
Di conseguenza è ovvio concludere che se i tedeschi commisero un'infamia fucilando degli innocenti rei di aver obbedito a un Ordine superiore, chi mandò quell'ordine è da ritenere altrettanto infame come pure lo è chi, sapendo, preferisce tacere su questa terribile circostanza.
Queste brevi righe evidenzianoancora una volta come, purtroppo, sulla triste vicenda di Cefalonia si continui a parlare a sproposito da parte di una Sinistra per fortuna non più egemone e a tacere -per timore di essere accusati di filonazismo- da parte di una Destra che dovrebbe solo vergognarsi del suo silenzio.
Quanto ai primi sembra che stia finalmente per arrivare l’ora di un ‘redde rationem’ troppo a lungo rimandato e quanto ai secondi è da sperare che si sveglino dall’innaturale narcosi che li ha portati –anche se involontariamente e spesso per mera ignoranza- ad essere complici delle menzogne di una Sinistra condannata dalla Storia ed ormai smascherata, essendo di tutta evidenza che i fatti storici non si raccontano solo per quello che fa comodo dire ma in tutti i loro aspetti anche se ad alcuni, malati di ideologia ciò, non va bene.
Un vecchio adagio dice che ‘un bel gioco dura poco’ e quello di questi signori è durato fin troppo.

avv.Massimo Filippini
orfano di un Martire di Cefalonia e primo ad essersi costituito Parte Civile nell’agosto 2003 al Tribunale di Dortmund
www.cefalonia.it
*Questo il testo dell'O.d.g. presentato da tutte le forze politiche.
“Il Consiglio regionale sottolineando l'alto valore del sacrificio dei militari italiani trucidati dai nazisti a Cefalonia per aver rifiutato di consegnare le armi dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943; onorando la memoria dei Caduti, tra i quali non pochi piemontesi, e la strenua resistenza opposta alla resa da parte di tutti gli ufficiali e dei soldati della Divisione “Acqui” a Corfù e Cefalonia, che costituì a tutti gli effetti il primo atto della Resistenza italiana; avendo appreso che la Procura militare di Roma ha aperto un'inchiesta nei confronti di alcuni ex militari tedeschi, individuati come possibili responsabili del massacro; ricordando l'impegno di Marcella De Negri, figlia del piemontese capitano Francesco De Negri, una delle vittime di Cefalonia, e di Paola Fioretti, anch'essa figlia di un ufficiale fucilato dall'esercito tedesco a Cefalonia, le quali hanno presentato un esposto alla magistratura militare di Roma dopo che la procura di Dortmund aveva archiviato la posizione di sei indagati e la procura di Monaco di Baviera aveva mandato in prescrizione il procedimento relativo all'ex ufficiale tedesco Otmar Mulhauser”.
“Decisione contro la quale la stessa Marcella De Negri aveva presentato anche in Germania un ricorso, che la Corte d'Appello della Baviera ha definitivamente rigettato giudicandolo irricevibile e infondato; accogliendo con favore l'iniziativa della Procura militare di Roma non solo e non tanto come atto dovuto alla memoria dei Caduti, ma come indispensabile ricerca della verità
esprime
la propria solidarietà ai familiari delle vittime di Cefalonia e alle associazioni dei reduci, dei deportati e dei partigiani che da sempre si battono per il rispetto della storia e della verità
dichiara
il proprio impegno da un lato a sostenere nelle forme e nei modi consentiti dalla legge e dallo Statuto della Regione Piemonte e nelle sedi ritenute più opportune le iniziative che verranno intraprese per difendere la ricerca della verità e l'onore e la memoria dei Caduti di Cefalonia e Corfù, già offuscati da una dimenticanza durata per molti anni e solo recentemente riportata all'onore della cronaca, e dall'altro a far conoscere soprattutto alle giovani generazioni la storia della Divisione “Acqui” e le tragiche vicende seguite all'8 settembre 1943 nelle isole greche
rivolge appello
al Presidente della Repubblica, al Governo, al Parlamento, alle altre Regioni italiane, nonché a tutti gli enti locali affinché intervengano con i mezzi che riterranno opportuni per far sì che i familiari delle vittime e le associazioni non siano lasciati soli nella loro opera di difesa dell'onore e ricordo dei militari che hanno dato la loro vita per mantenersi fedeli a un supremo ideale di democrazia e libertà”.

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