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Più di 10.000 italiani morti nelle foibe, molti dei quali gettati vivi

Dopo la “shoah” (olocausto) degli ebrei oggi 10 febbraio se ne ricorda un altro, meno conosciuto: quello degli Istriani, Fiumani e Dalmati. Pur se la dimensione è diversa essa appare non meno drammatica ed efferata di quella posta in essere dal nazismo. E’ questo il segno che la crudeltà e la cattiveria umana non hanno colore. Si calcola che tra il 1943 ed il 1945 non meno di 10.000 italiani d’Istria e Dalmazia furono trucidati dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito e molti di essi morirono tra inaudite sofferenze dopo essere stati gettati ancora vivi nelle foibe. Altri, non meno di 350 mila, furono costretti all’esodo perdendo affetti e beni della loro terra natia. I corpi rinvenuti dalle foibe, seppur in avanzato stato di decomposizione rivelano le torture e gli abusi subiti prima della loro morte. Venivano torturati a lungo con i polsi legati dal filo di ferro, tenuti a digiuno e malmenati brutalmente. Le donne erano spesso oggetto di stupri collettivi. Legati a coppie con altro filo di ferro percorrevano un tratto a piedi, solitamente scalzi,fino all'orlo delle foibe, dove venivano svestiti, derubati dei loro averi, e persino dei loro denti d'oro, staccati con violenti colpi di fucile al viso. Così denudati venivano gettati nelle foibe, con una grossa pietra legata al collo che li trascinava verso il fondo.Dopo l'olocausto degli ebrei nei campi di sterminio nazisti, quello delle Foibe è stato certamente una delle più grandi tragedie che hanno colpito l'umanità. Fu un preordinato massacro di “pulizia etnica” che mirava alla distruzione di tutto ciò che era “Italia” e “italiano”, per favorire l'annessione alla Jugoslavia dei territori di Trieste, del Goriziano e dell'Istria. Da allora sono trascorsi più di 60 anni, ma per oltre 50 questa terribile pagina della nostra storia è passata sotto silenzio, perché venissero dimenticati i fatti e le gravissime colpe di uomini e di partiti politici, impedendo alla nostra collettività nazionale di prenderne coscienza e conoscenza. Ora il 10 febbraio è diventato “il giorno del ricordo” di questa immane tragedia, perché i giovani abbiano consapevolezza di quanto fragile possa essere il confine tra il benessere di cui godono oggi in Italia e l’inferno della guerra e della crudeltà umana.

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