Si vuole svuotare il principio di maternita’ responsabile

ABORTO

“Sostenere la legittimità di fare a meno del consenso della madre sempre e comunque a me sembra un primo passo verso lo svuotamento del principio fondamentale della legge 194, la maternità responsabile e consapevole”. Ne è convinta Vittoria Franco, senatrice del PD e presidente della Commissione Cultura, che interviene, con un articolo sull'Unità, nel dibattito suscitato dal documento dei ginecologi romani sulla necessià di rianimare il feto.
“L'aborto di cui stiamo parlando, quello oltre i 90 giorni di gestazione, è un aborto terapeutico – ricorda Vittoria Franco – consentito solo quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna o in presenza di gravi anomalie o malformazioni del feto che determinino un grave pericolo per la sua salute fisica o psichica. E l'articolo 7 della legge 194 stabilisce inoltre che, quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, la gravidanza può essere interrotta solo nel primo caso e il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto. Resta la questione del consenso della madre. Io credo che non si possa fare tutto obliterando il fatto che c’è un’altra volontà e che con la gravidanza si stabilisce una relazione insopprimibile tra la madre e il feto – scrive Vittoria Franco – Se diventa un obbligo rianimare il feto anche quando è altamente probabile che diventerà un bambino con gravi malformazioni, non si contraddice uno dei principi della legge 194 che tutela la libertà di decisione della madre e cha salvaguarda la sua vita fisica e psichica? Sostenere la legittimità di fare a meno del consenso della madre sempre e comunque a me sembra un primo passo verso lo svuotamento del principio fondamentale della legge, la maternità responsabile e consapevole. Non si può non vedere che sono almeno due posizioni – sottolinea Vittoria Franco – La prima usa la 194 come clava a cui ricorrere periodicamente per tenere alto il livello dello scontro ideologico. L’altra consiste nell’assunzione di un’etica della vita prescindendo dalle condizioni concrete delle persone. La vita, anche quella iniziale, viene collocata sopra ogni cosa, anteposta anche alla vita di coloro che sono già nati. Una concezione astratta che annulla e distrugge gli elementi relazionali sui quali l’etica si fonda e che entrano in campo con più forza proprio nel caso della nascita, della maternità, della perdita. Con la legge 40 sulla procreazione assistita si difende, ad esempio, la vita dell’embrione o del feto a tutti i costi – conclude Vittoria Franco – ma si impedisce a una coppia portatrice di malattie genetiche di avere figli con le tecniche riproduttive. Si pensa di semplificare in questo modo la scelta etica con un dovere astratto. Ma soprattutto, con i continui attacchi alla legge 194, si mira a indebolire quel concetto di autonomia della scelta di maternità che è il fondamento della facoltà morale della donna”.

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