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Crudele impedire di rianimare il feto equivale a gettare i figli nel cassonetto

“Crudele non è tentare di rianimare un feto contro la volontà della madre, come sostiene il ministro Turco, ma sopprimere una vita che resiste dopo aver praticato l’aborto terapeutico, che deve invece avere come fine la tutela della salute della madre, non l’attribuzione di un potere di vita o di morte sul nascituro. Impedire il tentativo di rianimazione del feto di quattro-cinque mesi che nasca vivo, una volta garantita la sopravvivenza della madre, significa legittimare il concetto che una donna, per difficoltà personali, economiche o familiari, possa avere diritto di liberarsi di un figlio gettandolo nel cassonetto dei rifiuti”, dichiara Riccardo Pedrizzi, responsabile della Consulta etico-religiosa di An, in risposta ad alcune dichiarazioni del ministro della Salute sul documento presentato dai docenti romani sulla rianimazione dei feti. “Difendere l’autonomia della donna sull’aborto non significa darle il potere di sopprimere la vita di un bambino che nasce vivo e che, come già sostiene la 194, va aiutato a sopravvivere sempre, senza per questo sconfinare nell’accanimento terapeutico. Su questi ed altri punti la 194 va migliorata e chiarita alla luce dei progressi scientifici che consentono nascite sempre più precoci. Come tutti i più autorevoli esperti sostengono le attuali possibilità della medicina consentono di mantenere in vita bambini che nascono alla 23esima, 22esima e, addirittura, 20esima settimana di gestazione. Un plauso va comunque ai medici coraggiosi che escono allo scoperto per difendere il diritto alla vita, come fatto da quelli delle quattro università romane”, conclude Pedrizzi.

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