Site icon archivio di politicamentecorretto.com

L’ECONOMIA E L’IRAQ AL CENTRO DEL DIBATTITO ELETTORALE

UNA FINESTRA SUL PIANETA AMERICA

Repubblicani e Democratici hanno la loro ricetta

HOUSTON, TEXAS – Gli operatori americani dell’informazione per queste elezioni presidenziali non avevano dubbi: il presidente Bush alla fine sarebbe stato giudicato dai risultati della guerra irachena ed i candidati in lizza sarebbero stati votati o no per le loro idee a questo proposito.
Col protrarsi dell’impegno militare, coll’aumentare delle spese necessarie alla conduzione del conflitto e del numero dei militari morti e feriti, con il sorgere di un’ala favorevole al “tutto ed adesso” candidati come Barack Obama venivano a trovarsi subito sulla cresta dell’onda del favore popolare mentre a destra i fautori del “No alla fuga” e della “vittoria con onore” venivano a convergere specialmente attorno a McCain, l’eroe di guerra d’accordo con le motivazioni del Presidente Bush ed in linea con le attese dell’elettorato repubblicano.
I colleghi di partito dell’uno e dell’altro, con sfumature diverse, dichiaravano nel corso di comizi e di confronti televisivi d’avere circa le stesse idee ma nessuno come loro aveva posizioni cosi’ radicali ed estreme nei confronti della finalizzazione del lungo conflitto.
Nel frattempo, Bush, il comandante in carica, faceva sapere che l’impegno nella terra di Hussein sarebbe durato ancora per molto tempo ed i suoi punti di vista condivisi tra tutti più da vicino proprio da McCain non trovavano altra giustificazione che quella generica della lotta globale contro il terrorismo internazionale per fare in modo che stragi destabilizzanti come quella dell’undici Settembre di New York non dovessero ripetersi mai più.
I candidati delle presidenziali avrebbero dovuto dunque darsi battaglia specialmente a proposito di questo scabroso argomento se nel frattempo non fosse esploso, con una dirompenza ancora maggiore, il problema dell’economia. Fu a quel punto che molti Americani anche conservatori cominciarono a chiedersi se spendere centinaia di miliardi di dollari per continuare la guerra irachena fosse veramente la cosa più opportuna e più intelligente da fare. Quei miliardi avrebbero potuto migliorare la sorveglianza ai confini col Canada e col Messico, estendere a tutti i milioni d’Americani che non l’hanno e non possono permettersela l’assicurazione medica e rilanciare l’industria che continua nella sua emorragia di forze spostate all’estero dove si usufruisce d’una mano d’opera notevolmente meno costosa ed impegnativa.
Adesso nel partito trasversale che è venuto a formarsi tra la gente che si avvia ad eleggere il nuovo presidente, s’e’ capita finalmente la verità incontrovertibile che il portafogli del Grande Paese è uno, e che al momento in cui si rimane a secco per le spese fatte per la difesa non ci si può aspettare che rimangano ancora risorse sufficienti per risolvere tutti gli altri problemi che toccano tutti i giorni più da vicino la vita degli Americani.
Sarà forse questa presa di coscienza e questa considerazione pratica che potrà fare ancora registrare nella corsa per la Casa Bianca sorprese ben più grandi di quelle avute nel corso dei primi scontri delle primarie.
Alcuni analisti esaminando l’area di sud est degli Stati Uniti ammonivano già che in Louisiana e negli stati vicini i politici si sarebbero confrontati con un “fattore Katrina”, mentre ora il fenomeno per loro più preoccupante sarebbe stato quello dell’economia malata e delle idee che erano offerte per dare soccorso alle finanze nazionali.
Anche se ogni candidato ha la sua ricetta per uscire presto o tardi dal pantano mesopotamico gli elettori considereranno certamente con maggiore attenzione l’aumento del costo della benzina, la perdita della casa le cui rate non riescono più a pagare ed i costi crescenti degli studi universitari. E’ probabile che la consapevolezza di quante risorse siano inghiottite dall’Iraq li spinga a dare un taglio al consueto, provato già da molto tempo, per abbracciare la bandiera del cambiamento che in queste elezioni sembra raccogliere intorno a se sempre più consensi di quanto non fosse previsto e, se queste considerazioni dovessero sedurre gli indipendenti e gli indecisi, allora l’America verrebbe a trovarsi davvero col primo presidente donna o col primo presidente nero.

Direttore di
INFO USA MAGAZINE

Exit mobile version