Scassare tutto?

di Andrea Ermano

Quindici anni fa Agnelli lamentava la tendenza del Pci-Pds a “scassare tutto”. Oggi nell'arte dello scassamento è il centro-destra a prevalere.

Quindici anni fa un certo governo portava a termine una certa manovra economica, fatta di “lacrime e sangue”, che salvaguardò la nostra possibilità di partecipare come sistema-Paese all'unificazione monetaria europea. I commentatori ricordano che senza quell'operazione saremmo oggi esposti agli uragani finanziari della globalizzazione.
I commentatori ricordano altresì che si trattava del primo governo Amato. Non sempre si ricordano di aggiungere, i commentatori, che quell'operazione ebbe luogo nel vituperio delle genti. Ad Amato fu rinfacciato di essere un “socialista” e, per tutto ringraziamento, venne cacciato da Palazzo Chigi. Beninteso: non fu cacciato per avere commesso alcunché di disonesto, no: per la semplice appartenenza a una tradizione ideale e politico-organizzativa.
Erano gli anni in cui “socialista” equivaleva in Italia a un insulto feroce. Anni in cui i militanti del Pci e del Msi lanciavano le monetine per strada agli avversari corrotti e corruttori. I mass media alimentavano, non disinteressatamente, l'opinione secondo cui il regime partitocratico e specialmente il finanziamento irregolare della politica andasse considerato una peculiarità esclusiva o quasi del gruppo dirigente socialista e non già un carattere sistemico di antica storia. L'untore fu indicato al pubblico ludibrio. Tal Craxi Benedetto, detto Bettino, in combutta con una banda di ladroni denominata Psi. Attenzione, non è una battuta! In Italia si dibatté “seriamente” e a lungo circa l'opportunità di applicare al Psi la legge sull'associazione a delinquere…
Fu così che il premier Amato, il “socialista”, venne licenziato nel 1993 dopo un anno di legislatura. Craxi e i craxiani vennero enucleati dal panorama politico nazionale. Nessuno dei problemi di allora – fossero attinenti alla giustizia, alla trasparenza amministrativa, alla riforma della politica e delle istituzioni – venne affrontato con serietà e determinazione. Ma fin qui si può dire che le cose procedettero in modo, se non giustificabile, almeno comprensibile.

Giuliano Amato

A parte il dispiacere personale di chi aveva aderito al Psi e lo vedeva sprofondare nel fango, il corso politico dell'Italia mostrava ancora parventi di logicità. Non era pur vero che molti socialisti avevano dato gran scandalo con la loro Milano da bere? Non c'erano state forse tutte quelle orrende piramidi di nani e di ballerine? Ernao forse invenzioni di Borrelli le miriadi di tangenti mariuole? Ecco costoro, i “socialisti”, venivano ora colpiti per la loro hybris da discotecari, tutti quanti, anche in non-discotecari, e anche quelli distintisi magari per una vita rigorosa e onesta. Avevano pur sempre condiviso, perbacco, la spelonca di Alì Babà e dei quaranta ladroni! Dura lex, sed lex.
A sostituire Amato giunse Carlo Azeglio Ciampi, allora governatore della Banca d'Italia. Come il suo predecessore “socialista”, anche l'ex Governatore (e futuro Capo dello Stato) governò molto bene, per generale riconoscimento storico. Ma neppure lui poté rimanere a lungo in sella. E venne licenziato, anch'egli, dopo circa un anno.
Fioccavano quotidianamente gli avvisi di garanzia. Scalfaro sciolse il “Parlamento dei corrotti”. Si andò a votare. Era il 1994. La “gioiosa macchina da guerra” movimentata dal Pci-Pds di Achille Occhetto si preparava a sbaragliare gli avversari, cavalcando la tigre di quella ormai lontana rivoluzione mediatico-giudiziaria. Poi però le cose andarono come andarono: Berlusconi “scese in campo”. Lo fece, come ammette Giuliano Ferrara, per tutelare il suo enorme patrimonio, i suoi privilegi, i servaggi televisivi e la propria impunità dal destino degli eventuali sconfitti. E vinse. Lasciando di stucco molti ragazzi della ex Fgci, nonché il buon Rutelli, celebre ai tempi per il suo motorino.
E' utile rilanciare oggi un quesito di allora: perché la ex Fgci e Rutelli non lasciarono Ciampi a Palazzo Chigi fino alla fine naturale della legislatura? Perché non si spesero nella riforma del sistema, allora possibilissima? Perché permisero che il piano inclinato giungesse oltre il limite estremo? In risposta a questa serie di questioni, la tesi che avanzo l'avv. Agnelli è presto detta: perché c'è gente a sinistra che vuol sempre scassare tutto.

Carlo Azeglio Ciampi

Francamente, ancor oggi non so dire se questa sia una tesi valida a chiarire tutti i misteri d'Italia. Certo è che contiene aspetti essenziali di verità, anche se la lista non finisce a sinistra. Senza dubbio i ragazzi del Bottegone — nel momento più delicato e drammatico di quella crisi – diedero una bella spallata a ogni ragionevolezza avviando senz'alcun senso di responsabilità nazionale una transizione che, sorda e cieca com'è, non transita.
Ma non ci si può limitare a Botteghe Oscure, senza ricordare altri corresponsabili dello sfascio: i neo- e post-democristiani, i neo- e post-fascisti, il popolo leghista e i suoi cappi nel Parlamento della Repubblica.
Quante gazzarre! E quanti travasi di bile allora per chi come chi scrive viveva all'estero, tra i lazzi anti-italiani di mezzo mondo che se la rideva dei nostri immondezzai (allora ancora in senso figurato).
Assistevamo attoniti all'autolesionismo collettivo di una delle maggiori potenze industriali del mondo, che passo dopo passo andava a parcheggiarsi fuori d'ogni competizione civile, per spirito di rivalsa intestina, al seguito di interessi egoistici, con moto di secessione da ogni raziocinio!
“Così la fanciullezza / fa ruzzolare il mondo / e il saggio non è che un fanciullo che si duole di essere cresciuto”: parole del maggior poeta morente Vincenzo Cardarelli.
Questo è accaduto. E adesso? Oggi è il centro-destra in prima linea a scassare tutto. Ma, che volete, questo è il patriottismo costituzionale della destra italiana e soprattutto del centro cattolico. Però anche il PD e gli altri non scherzano. Sembra di assistere alla stessa rappresentazione del 1992-'94, con attori forse più bolsi e voci divenute stentoree per le parti molte volte invertite.

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