L’uomo giusto per il Paese sbagliato

Letter from Washington

Editor Oscar Bartoli

Il professor Romano Prodi, presidente del Consiglio dei Ministri, ha rassegnato le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica italiana, dopo che la sua richiesta di fiducia è stata bocciata al senato, mentre alla Camera aveva ottenuto, il giorno prima, una larga maggioranza. Artefici della bocciatura, come sanno bene i nostri Lettori italiani mentre quelli americani (beati loro) ignorano il tutto, il sig. Mastella e il sig. Dini le cui consorti sono impegolate in pesanti vicende giudiziarie. Nonostante le smentite i due capetti di minipartiti confluiranno nella destra del sig. Berlusconi del quale hanno contribuito a ricompattare la leadership. Romano Prodi ha voluto bere sino all’ultima goccia l’amaro calice, battendosi perché la crisi uscisse dai conciliaboli trasversali e fosse gestita in Parlamento. Gli italiani hanno così avuto la possibilità di seguire in diretta il penoso dipanarsi della discussione e votazione nell’aula più austera della politica italiana, caratterizzata da scene da osteria (scontri fisici, epiteti osceni, brindisi in aula con bottiglie di spumante stappate per festeggiare il voto da parte della coalizione di destra.) Nel degrado sociale che caratterizza l’Italia, Romano Prodi ha recitato ancora una volta con convinzione il ruolo del Cincinnato. La sua era veramente una missione impossibile perché la coalizione che aveva vinto alle elezioni generali di due anni fa era composta da spezzoni di sinistra radicale, movimenti di centro e destra. Nonostante Prodi si fosse illuso di ottenere da parte dei singoli componenti l’Unione una garanzia di fedeltà, facendo firmare ad ogni capo partito un programma dettagliato di 281 pagine, il giorno dopo la formazione del governo ogni scheggia della maggioranza ha cominciato a recitare a soggetto per affermare la propria verginità nei confronti della personale miniplatea. Ne è risultato un cicaleccio da vicolo napoletano che ha offerto il destro alla opposizione di fare il suo mestiere quotidianamente. Eppure il governo Prodi è riuscito a rimettere a posto i conti dello stato, dissennati dal precedente governo Berlusconi, ottenendo riconoscimenti pubblici all’estero. Prodi ha attuato una politica di provvedimenti che andavano incontro ai lavoratori, alle classi disagiate, ai giovani senza un lavoro. Ma il Professore di Bologna ancora una volta si illudeva di parlare ad un popolo, l’italiano, di vocazione europea. Ed ancora una volta il suo impegno missionario è stato vanificato dalla realtà: gli italiani non sono come Prodi li immagina o li vorrebbe. Anni di predicazione televisiva commerciale di basso livello hanno creato modelli di comportamento privi di qualsiasi etica, all’inseguimento di paradisi artificiali e successi di immagine che sono l’antitesi della solidarietà e dell’impegno di costruire insieme una società migliore. Una atmosfera questa che rende favorevole qualsiasi soluzione sbrigativa che potrà calpestare la difficile convivenza democratica a favore dell’uomo forte e dei treni in orario di buona memoria. Ci torna in mente la copertina della rivista Time di molti anni fa con una moltitudine di uomini e donne che camminavano verso un grande cancello sul quale campeggiava la scritta Europa, trascinandosi dietro un moccioso sporco. Il titolo: un’Italia urlante e scalciante viene condotta verso l’Europa. Sono passati molti anni ma l’Italia di allora continua ad essere l’Italia di oggi. Grazie, Professor Prodi.

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