PARAGUAY – IL FUTURO NEGATO

I punti cardinali non indicano solo le coordinate del globo. Sollecitano definizioni sociali ed economiche. La parola sud richiama il piacere delle vacanze assieme al dogma del sottosviluppo. Popolazioni incolte, disperazione e violenza, scirocco che soffia sulle società ordinate; sempre società del nord, prospettiva che dall’ Italia si allarga al resto del mondo. Quando noi del nord guardiamo il Brasile scomponiamo il paese continente nel labirinto delle contraddizioni. Gigante dell’industria; benessere in poche mani. Da quando ha scoperto giacimenti infiniti di petrolio, il fascino del suo tropico è diventato saudita, ma le contraddizioni restano: grattacieli e favelas, degrado sociale ed elicotteri privati. L’impegno di un presidente operaio ( Lula ) nell’operazione fame zero e scuola per tutti si apprezza con l’incredulità che accompagnava il don Chisciotte al galoppo contro i mulini a vento. Impossibile che il potere economico si rassegni ad allargare le mani. Eppure, visto dal sud, il Brasile delle speranze diventa una potenza imperialista, non importa le promesse del suo Partito dei Lavoratori: intensifica la moltiplicazione di protettorati che immiseriscono i paesini attorno ma annunciano un Pil record, 5,7 di crescita. Nel Paraguay, per esempio, continua la colonizzazione selvaggia imposta dal liberismo anni ’80. Erano gli egoismi di un nord più lontano, ecco che il nord della frontiera accanto allunga le mani ripetendone l’ indifferenza feroce. Questa l’analisi di uno strano candidato alla presidenza: Fernando Lugo, vescovo che si è spogliato dall’impegno sacerdotale per dare voce ai contadini estromessi dalle piccole proprietà, profughi della miseria nelle baraccopoli che assediano la capitale Assuncion ed ogni centro urbano. La febbre della soia transgenica e del biodisel ruba il pane di bocca. Non sono più persone, cittadini di terza fila, dignità sacrificata dalla sete di energia di chi allarga lo sviluppo e difende le comodità. Noi tremiamo meno, loro diventano immondizia e il vescovo scala la preesidenza nell’illusione di frenare il medioevo 2000. Ma il problema resta: l’adolescenza democratica di un continente fino a ieri terra di saccheggio può sopportare un ritorno al passato cambiandone i protagonisti ? E i quattro paesi fondatori del Mercosur, mercato comune che ad Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay sta aggregando Venezuela e Bolivia, col Cile che occhieggia; questi quattro paesi, come potranno camminare assieme se uno mangia l’altro ? Mentre José Luius Tagliaferro lo fotografa ( immagini pubblicate ieri dall’Unità ) il vescovo Lugo risponde con una decisione che ne rompe il garbo curiale: < E’ urgente rivedere accordi economici per pianificare in modo diverso lo sfruttamento delle nostre ricchezze. Che sono le ricchezze di sempre: terra e acqua >. 140 anni dopo la guerra della Triplice Alleanza, quando Argentina, Brasile ed Uruguay, nutriti dalla banca Rotchild schiacciano l’indipendenza autarchica di un Paraguay isolato e felice; 140 anni dopo, si ripropongono le stesse egemonie con la sorpresa che l’Argentina conferma alla presidenza una famiglia < di sinistra > e la bandiera del Brasile sventola nel nome dei lavoratori. Ma per il Paraguay il tempo si è fermato. Nel 1860 metà popolazione è stata trucidata in una persecuzione che per crudeltà ricorda il massacro turco degli armeni. Nella penultima battaglia, quel Paraguay alle corde schiera tre mila bambini. I militari-militari sono morti. Un generale del Brasile non se la sente di sparare. Viene sostituito da uno stratega < napoleonico > che ammazza e brucia. Oggi guai ricordare. Perché i cannoni sono quelli dell’economia che non sopporta sterili emozioni. Il 39, 8 per cento della popolazione, un milione e 280 mila persone, vive sotto il filo rosso della povertà. 6 poveri su dieci scappano dalle campagne. 876 mila bambini e adolescenti crescono senza scuola e senza speranze. Succede in un paese di 6 milioni di abitanti, 430 mila chilometri quadrati. A metà dell’ 800 era una specie di paradiso laico. Modellava la convivenza sociale sulle comunità disegnate due secoli prima dai gesuiti di Mission, anche loro stritolati con la benedizione della Chiesa legata ai conquistatori. Ma via gli spagnoli era diventata una nazione indipendente e autarchica. Consumava ciò che produceva. Poche esportazioni. Costruisce 600 chilometri di ferrovie quando il Venezuela ha steso i primi binari sei anni fa. La stazione monumentale di Asuncion oggi è ridotta a museo: i treni sono spariti col progresso mentre le mani straniere frugano ovunque. Sta cambiando faccia, ma è la faccia della miseria. E la monocoltura che scandalizzava le sinistre d’antan il cui entusiasmo aveva accompagnato la marcia sulla Sierra dei fratelli Castro; la monocoltura che Mosca ha imposto a Cuba scambiando zucchero con petrolio, questa monocoltura sconosciuta all’agricoltura del Paraguay è diventato il mostro che soffoca il paese. Due milioni di profughi in Argentina dove il presidente Kirchner concede la residenza con larghe vedute. Emigrazione proibita in Brasile. L’anno scorso a Ciudad de l’Este, Lula in visita prospetta un muro che tagli la frontiera per attenuare il contrabbando, spalloni come mosche anche perché resta l’ultima industria a coinvolgere la gente. Il nuovo sviluppo economico allarga l’influenza dei grandi proprietari: due per cento della popolazione che già controlla il 77 per cento della ricchezza prodotta dalla riconversione dell’agricoltura di sopravvivenza nella agricoltura di biodisel, etanolo, benzina verde. Spariscono cotone, caffè, perfino gli aranci che sopravvivono sulle colline di Assuncion. Solo soia transgenica e canna da zucchero. I piccoli proprietari vengono avvelenati da diserbanti chimici indispensabili alle difese delle piantine verdi, miracolo economico a disposizione dei soliti nomi. Come nel Vietnam bombardato dall’agente orange Usa, nascono bambini deformi; anemia e cancro svuotano la voglia di restare. Ogni anno 150 mila contadini lasciano la campagna. Le città diventano un rifugio di baracche. Ma il vecchio latifondismo locale non è ormai solo. La svolta nelle colture è favorita dalle solite transnazionali: Montesanto, Dreyfus, Cargil, eccetera. Regalano sementi che sono sterili, ogni anno vanno ricomprate e alla fine il monopolio di tutto è assicurato: i latifondisti stranieri sono più della metà di chi disegna il futuro triste del paese. L’invasione brasiliana erode il primato nordamericano. Da quando Lula ha concesso la coltivazione transgenica al Brasile bianco ( italiani e tedeschi ) del sud, la frontiera è quasi cancellata: terra fertile, braccia che costano niente anche se le monocolture geneticamente modificate prevedono un’agricoltura con pochissime braccia. Soprattutto macchine e nuvole di veleni. Negli anni ’90 gli ettari coltivati a soia erano 550 mila; nel 2007 hanno superato i 3 milioni. Diventeranno 4 milioni alla fine del 2008. L’esportazione vola: se l’incremento brasiliano è del 3,3 per cento l’anno, quello paraguyano é all’8,5, quarta potenza del mondo dopo Stati Uniti, Brasile e Argentina. Capitali che nessuno vede. Restano nelle casse di proprietari < assenti > dei quali a volte è complicato individuare domicilio e ragione sociale. Indirizzi PoBox. Numeri di telefono. Insomma, fantasmi autorizzati dalla globalizzazione. L’altro capitale paraguyano è l’acqua: paese ricchissimo, avvolto da fiumi che suscitano l’appetito di un mondo che ha sete. Per non parlare dell’ energia. Come si usa dire, la diga di Itaipù è una < delle sette meraviglie del mondo >. Ingabbia il fiume Paranà segnando la frontiera col Brasile e Paraguay. Un gigante inserito nel viaggio dei turisti accanto alle cascate di Iguassù. Il trattato che ne regola gli utili è del 1973, stagione delle dittature. Lo firmano il generale Stroessner per Il Paraguay e il generale Emilio Medici, per il Brasile. Dove il rio Parana accompagna la frontiera con l’Argentina altra diga, meno imponente: Yacreta. Accordo siglato da Stroesner e dagli uomini di un Peron provvisoriamente redivivo: sta per cominciare l’oscurità della dittatura militare, quei 30 mila ragazzi spariti nel niente. Oggi Itaipù copre il 24 per cento del fabbisogno elettrico di 300 milioni di brasiliani e il 95 per cento del Paraguay. Stessa proporzione con l’Argentina. Se il Paraguay potesse rivendere l’eccedenza a prezzo di mercato ogni problema economico sarebbe risolto. 7 ragazzi ghuarani su 10 non finiscono le elementari strangolati dalla necessità di guadagnarsi il pane. Con le casse piene si aprirebbero università per tutti. L’accordo firmato dai presidenti in divisa prevede che l’eccedenza debba essere ceduta < a prezzo di costo di produzione > al partner che ne ha bisogno. Spiccioli. Nessun paese terzo può fare acquisti. Una strozzatura. Ogni anno il Brasile guadagna 3 miliardi di dollari, l’Argentina 600 milioni mentre il Paraguay incassa spiccioli e si svena per comperare il petrolio che serve. E i debiti crescono. Fernando Lugo candidato alla presidenza annuncia di pretendere la revisione degli accordi, se per caso vince. < Il prezzo di mercato dell’energia è 7 volte più alto. Perché un paese povero deve regalare miliardi al paese ricco che sta occupando le nostre campagne ? >. Marco Aurelio Garcia, numero due di Lula, risponde che < modificare trattati che hanno creato opere gigantesche vorrebbe dire rimettere in discussione ogni accordo economico della regione >. Insomma, non si tocca niente. Ed è facile capire il desiderio del governo brasiliano: che il partito Colorado, nonno di una Forza Italia da 60 anni al potere, continui a difendere gli interessi delle forze che lo animano. Nessun cambiamento di rotta, il Paraguay deve restare così. Non è difficile immaginare la sconfitta di Lugo. Se otto mesi fa la sua speranza guidava i sondaggi, è ormai sceso al secondo posto e le possibilità di rimonta diventano più sottili. Guida le intenzioni di voto Blanca Overiar, voluta dalla presidenza di oggi nel nome della continuità: 37 per cento. Lugo è retrocesso al 33. Il generale Oviedo e i suoi Colorados Etici si ferma a 16, mentre un imprenditore della destra nazionalista non supera i 4. Fino a tre mesi fa Oviedo era in galera: doveva scontare 10 anni per aver organizzato un colpo di stato e ispirato l’assassinio di un vice presidente, e represso con l’uccisione di sette studenti i disordini conseguenza del delitto. Orfani del loro Colorado dalla mano pesante, i seguaci di Oviedo per dispetto si erano aggregati a Lugo. Ma Oviedo è stato improvvisamente liberato per < ragioni umanitarie > e subito riconosciuto non colpevole dalla stessa corte suprema che aveva timbrato la condanna. Il governo della continuità sembra salvo. Queste le distrazioni della sinistra latina che si aggrappa al macro interesse dei nazionalismi dimenticando la gente. Non so con quale con quale innocenza il foro di Porto Alegre ( non lontanissimo dal confine paraguyano ) rilancerà la speranza di un mondo finalmente civile.(Arcoiris)
( 2-fine. Il primo reportage è stato pubblicato sabato 12 gennaio )

mchierici2@libero.it

Cortesia dell'Unità

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