Quanto costa il non fare?

In Italia è quasi diventato uno stereotipo: per realizzare infrastrutture servono tempi biblici. Alle complesse procedure di appalto, alle infiltrazioni malavitose, alle difficoltà progettuali e alla scarsità di finanziamenti, tutti elementi noti a cui si è tentato di dare una risposta concreta nel corso degli anni, ultimamente si sono aggiunte due ulteriori cause. La prima è l'instabilità politica per cui le fazioni avversarie al potere tendono a fare “tabula rasa” delle decisioni e dei provvedimenti presi dai governi di diverso colore. Mentre la seconda è l'aumento dei localismi che alimentano la cosiddetta sindrome NIMBY (Not In My BackYard – non nel mio giardino) che, sebbene rappresenti la “voce” delle istanze di una popolazione, finisce spesso per danneggiare l'intera collettività dato che le infrastrutture sono un bene strategico per il rilancio economico di un Paese. AGICI Finanza di impresa, in Collaborazione con l'Università Bocconi da due anni ha dato vita all'Osservatorio de “I costi del non fare”, che prova a quantificare il danno di questa mancata infrastrutturazione nella convinzione che “una puntuale valutazione quantitativa dei costi per l'intero Paese delle difficoltà di realizzazione dei progetti infrastrutturali costituisca un potente strumento di comunicazione e negoziazione con i cittadini e gli stakeholders”.
Il non aver realizzato alcune opere infrastrutturali prioritarie nei quattro settori strategici dell'energia, dei rifiuti, delle autostrade e dell'alta velocità, infatti, nel solo triennio 2005-2007 è costato 14 miliardi di euro e, se la situazione non cambia, la cifra lieviterà nei prossimi anni fino a sfiorare i 250 miliardi nel 2020.
La ricerca è stata portata avanti mettendo a confronto i benefici derivanti dall'aver fatto (BAF) con i costi del non aver fatto (CNAF). I benefici dall'aver fatto sono sicuramente molto elevati nel triennio 2005-2007 ed ammontano ad oltre 70 miliardi di euro, ma altrettanto spaventosi sono i costi del non aver fatto che hanno superato i 14 miliardi. Una situazione che, nella sua drammaticità appare comunque più rosea di quella prospettata l'anno scorso, grazie soprattutto ai settori energia ed alta velocità che hanno migliorato il loro bilancio con un attivo di bel 20 miliardi rispetto alle previsioni del 2006.
Per imprimere un'accelerazione, l'Osservatorio indica la necessità di una “sistematizzazione dell'iter e la pianificazione strategica, l'identificazione delle opere prioritarie, le innovazioni procedurali per agevolarle”. Tra le altre proposte vi sono l'istituzione di un infrastructure manager, la revisione della Valutazione di Impatto Ambientale, quale momento di verifica strettamente tecnica; regole chiare e trasparenti per assegnare le compensazioni e limitare i ricorsi amministrativi.

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