Cefalonia: Filippini deve essere TABU’

Il 20 febbraio 2001 ricevetti la seguente email:

Egregio dott. Filippini

mi chiamo Pavignani Orazio e sono figlio di un reduce di Cefalonia. La recente lettura del libro “Italiani dovete morire” di Alfio Caruso ha acceso in me un grande interesse per gli episodi avvenuti dopo L' 8 settembre 1943 nell'isola greca.
Si è acceso in me anche il desiderio di ricostruire le tappe percorse da mio padre durante i mesi trascorsi a Cefalonia e dopo l' 8 settembre durante quei tragici giorni.
Mi rendo conto che la mia è senza dubbio un'impresa ardua essendo il mio genitore deceduto da dieci anni e provo un grande rammarico di non poter, da adulto, disquisire con lui sull'argomento, giacchè da ragazzo quando ogni tanto cercavo di porgli delle domande lui glissava sull'argomento.
Forse i tragici eventi di cui egli è stato testimone non potevano essere riferiti ad un ragazzo o forse era sofferenza doverli ricordare.
Ho gia letto alcuni libri sull'episodio ma mi sono ripromesso di cercare tutte le testimonianze possibili e le dico che nelle librerie si trova ben poco.
Ho letto il libro di Padre Formato, quello di Caruso, il romanzo di Venturi ed in ultimo quello del fante Guglielmo Endrizzi ed ora sto leggendo “La divisione Acqui a Cefalonia” di Rochat e Venturi ma quest'ultima mi pare sia un'altra cronistoria ed invece io cerco testimonianze dirette tipo “Cefalonia 1943 testimonianza di un superstite” di Walter Battistini ed altri titoli che non sto ad elencarLe.
Le sarei molto grato se Lei mi potesse spedire una copia del suo libro (in contrassegno) poichè anche il suo titolo è nella mia lista di ricerca e se mi potesse dare qualche consiglio su dove poter trovare gli altri.
Mi complimento con lei per il sito costruito e per le parole scritte nella sua pagina di presentazione, che mi trovano pienamente d'accordo.
Mio padre si chiamava Pavignani Marino e serviva da Caporal maggiore nel 317° fanteria.
Le lascio il mio indirizzo sperando mi possa spedire al più presto copia del suo libro e scusandomi di un italiano povero e sgrammaticato colgo l'occasione per porgerLe i più distinti saluti.
Orazio Pavignani

Calderara di Reno
Bologna

Negli anni successivi l’autore della suddetta email -scritta in ‘un italiano da lui stesso definito ‘povero e sgrammaticato’- deve aver ‘studiato’ a fondo oltre che la grammatica anche la questione ‘Cefalonia’ come dimostra la sua brillante carriera nell’Associazione ‘Acqui’ che lo ha portato ad esserne il ‘Presidente’ (sic !) della sezione di Bologna.
Ciò lo ha senz’altro fatto illudere di saperne più del sottoscritto che è oggetto di odio da parte dei vertici dell’Ass. ‘Acqui’ per due motivi principali: 1) perchè sui fatti di Cefalonia preferisce (e racconta) la verità alle ricostruzioni (inventate di sana pianta) in chiave resistenzial-mitologica; 2) perché non è comunista né gradisce e respinge con forza l’intrusione dei comunisti nella vicenda.
Ovvio pertanto che il ‘neo Dirigente’ Orazio Pavignani, da buon comunista oltretutto immemore di quanto mi scrisse pochi anni orsono, avendo fatto ‘carriera’ in un’Associazione in mano ai comunisti, abbia inviato alla GAZZETTA DI PARMA una lettera in cui protesta contro RAI 2 rea di aver accennato nel tg2 del 15 novembre 2007 alle mie ricerche su Cefalonia.
“FILIPPINI NON DEVE PARLARE E DI FILIPPINI NON SI DEVE PARLARE”, questa è la morale che si ricava dalla lettera inviata da costui alla Gazzetta di Parma che riporto unitamente alla mia replica di cui mi auguro la pubblicazione in deroga al ‘diktat’ di stampo prettamente sovietico contenuto in quella del ‘Dirigente Acqui’ Pavignani.

Al lettore il commento sulle due lettere sotto riportate.

LETTERA DI PAVIGNANI :

Egregio direttore,
tempo fa è andato in onda, sul canale 2 della Rai TV, durante il telegiornale delle 20,30, un servizio sugli ultimi avvenimenti relativi alla riapertura di un procedimento giudiziario contro sette nazisti,
viventi, autori di stragi a Cefalonia. Seguiva poi un breve excursus sulla vicenda storica, dopo l' 8 settembre 1943, dei militari italiani a Cefalonia e sul numero dei morti che l'eccidio, compiuto dai nazisti, aveva provocato.
A proposito di quest'ultimo dato, è stata citata, in contrapposizione, la versione dell'avv. Filippini, ben noto alla Associazione Nazionale Divisione Acqui come contestatore e negatore di verità storiche ormai acquisite: sostiene infatti ( a titolo personale) che il numero dei morti o trucidati dai tedeschi a Cefalonia è assolutamente irrisorio, e ben lontano da quello da tutti riconosciuto.
L'Associazione Nazionale Divisione Acqui, che rappresenta i reduci, i superstiti e i familiari dei caduti a Cefalonia e Corfù, e ne custodisce e tramanda la memoria, ha sentito con dolore ed indignazione la diffusione delle cosidette verità del già citato Filippini, avvenuta, tra l'altro, in un'ora di massimo ascolto.
Gli estensori del telegiornale avrebbero potuto consultare o riportare la voce di molti giornalisti di serio impegno professionale o di molti storici (Venturi , Rochat, Aga Rossi, Rusconi Labanca, Pezzino ecc..), i quali tutti hanno consultato gli atti ufficiali del Ministero della Difesa, nonchè molti documenti originali di Istituti Storici italiani ed esteri, giungendo, in modo unanime, alla determinazione del numero dei caduti totalmente diverso dalle tesi del Filippini.
Data la serietà, anzi la gravità della situazione, la presidente nazionale dell'Associazione Divisione Acqui, Graziella Bettini, a nome dell'Associazione tutta, ha chiesto, attraverso i telegiornali, venisse data notizia di questa nostra protesta, affinchè gli ascoltatori potessero conoscere la verità sull'eccidio.
E ciò perchè non venga meno quella Memoria, doverosa e riconoscente, che tutti dobbiamo a coloro che, come hanno detto i presidenti della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, sacrificarono la loro vita combattendo per tenere alto l'onore proprio e della Patria, ma
, arresisi poi ai nazisti, furono da costoro ignobilmente massacrati.
Orazio Pavignani
Bologna, 16 dicembre________________________________________

LETTERA IN REPLICA DI FILIPPINI

Gentile Direttore,

la presente per replicare alla lettera di Orazio Pavignani del 4 c. m. fortemente critica nei confronti miei e del TG2 per aver quest'ultimo citato il 15 nov. scorso le ricerche sul dato numerico dei Caduti della div. Acqui, da me compiute e rese pubbliche nel mio ultimo libro “I CADUTI DI CEFALONIA: FINE DI UN MITO” basato principalmente sui dati ricavati dai “TABULATI DEI CADUTI DELLA DIVISIONE ACQUI NELLA GUERRA 1940 -45” da me rinvenuti presso l'Ufficio Storico dell'Esercito di Roma.
Potrei chiudere subito dicendo al mio censore di 'adirarsi' con tale Ufficio e non con lo scrivente di cui egli -a dispetto della struggente 'pietas' mostrata verso i Caduti della div. 'Acqui'- omette di menzionare la qualifica di Orfano del magg. Federico Filippini fucilato a Cefalonia dalle belve tedesche il 25.9.1943: una ben strana dimenticanza non solo per chi mi conosce bene avendo tra l'altro chiesto e ricevuto tutti i miei libri sull'argomento ma anche per chi si arroga -senza averne alcun titolo- il diritto di rappresentare “i familiari dei Caduti” come del resto fa la Presidente alquanto 'sui generis' dell'Ass. ne Acqui, Bettini, Orfana di un Ufficiale fucilato il quale, però, non apparteneva alla Divisione Acqui e non venne fucilato a Cefalonia ma a Corfù.
Detto questo vengo alle doglianze del mio censore limitandomi, data la ristrettezza dello spazio a replicare loro stralciando alcune significative frasi di uno storico a lui gradito -il prof. Giorgio Rochat – che in un'intervista all'AVVENIRE del 5.7.2006 (leggibile nel web), a seguito della pubblicazione del mio ultimo saggio -I CADUTI DI CEFALONIA – FINE DI UN MITO- ridusse a 3.800 circa i 'suoi' numeri dei Caduti dicendo -dopo di me- che essi furono molti di meno di quanto fino ad allora detto e che le cifre 'assai superiori' da lui fatte in precedenza erano 'errate'.
Illuminante è la seguente frase che giro a Pavignani affinché dall'alto delle sue certezze censuri anche il prof. Rochat il quale all'intervistatore Roberto Beretta rispose chiaro e tondo:
“Guardi, i 9 o 10 o 11 mila morti di cui si parla sono invenzioni tirate fuori da gente che non ha capacità storica e somma tutte le cifre possibili. Ad esempio molti studiosi aggiungono ai caduti sull'isola anche gli scomparsi in mare e per costoro arrivano persino a 3.000, quando invece non si può salire oltre le 1.300 vittime, contate dalla marina tedesca che era precisa”.
Purtroppo non finiscono qui le arrabbiature di Pavignani e soci: infatti a dicembre è uscito in Germania il libro 'Bluetiges Edelweiss' di Hermann Frank Meyer in cui lo studioso tedesco 'organico' alla sinistra storico- culturale italiana e tedesca e quindi ben lungi dal nutrire indulgenza per i suoi compatrioti denuncia le efferatezze compiute nei Balcani dalla famigerata divisione Edelweiss che agì anche a Cefalonia, riducendo però le Vittime italiane a circa 2000-2500 in un' intervista (leggibile sul web) alla Suddeutsche Zeitung del 17.11.2007 di cui riporto la prima risposta che qui interessa, augurandomi che il focoso Pavignani non parta lancia in resta anche contro Meyer.:
SZ: Cefalonia è ritenuta oggi uno dei maggiori crimini di guerra della Wehrmacht. Quanti Italiani furono veramente uccisi allora?
Hermann Frank Meyer: Le cifre vanno da 4.000 fino a 10.000 morti. Esse sono molto esagerate. Nel mio libro mi sono occupato con queste cifre in modo accurato. Secondo il mio calcolo allora sono morti in totale circa 4.000 Italiani; 2.500 sono morti sull'Isola, nelle esecuzioni, ma anche in azioni di combattimento o nei massicci bombardamenti della Luftwaffe. Altri 1.500 prigionieri sono morti durante il trasporto dall'Isola, perché le navi sono finite sulle mine ed affondate.
E con questo chiudo augurando al mio censore di non prendersela troppo tenendo presente, però, che se “errare humanum est” , “perseverare” (come stanno facendo lui e soci) ” diabolicum”.

Cordiali Saluti
Avv. Massimo Filippini
Orfano di un Caduto di Cefalonia

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