di Carlo Diana
Vanno accadendo cose strane in questa Italia. Fino a qualche lustro fa le festività segnavano l’ansia dell’acquisto, l’indecisione sul regalo da scegliere fra le tante opportunità, i gusti propri, le esigenze di amici e parenti. Oggi ci si perde nell’elenco delle rinunce, fra ciò di cui fare a meno, nel superfluo da evitare con l’ansia di necessità primarie a premere, nonostante la tredicesima. Fin qui la razionalità è ancora guida ineluttabile, soccorre.
Ma la confusione attanaglia proprio sul finire d’anno, quando si pensava d’averlo sbarcato in qualche modo. La confusione è grande quando non si comprende bene se il messaggio augurale del capo dello Stato sia la copia di quello del Papa o viceversa. Ci si perde come bambini imbrogliati da cinici giochi adulti, se i punti di riferimento istituzionali e religiosi si confondono in una pericolosissima unità. Come se padre e madre adottivi, più che scambiarsi i ruoli per la loro dichiarata omosessualità, si fondessero nell’unicità, dentro un immaginario senza poli. Chiesa e Stato all’unisono dicono della famiglia il caposaldo della pace. Pochi giorni prima la relazione annuale del Censis (cfr. pag. 14 rapporto Censis 2007) avvertiva dell’aumento della violenza infrafamiliare, su donne e bambini. E quindi mentre si mente spudoratamente, per Stato e Chiesa tutto ciò che non è famiglia propende alla violenza. Come se la maggior parte dei criminali arrivassero a delinquere perché bambini adottati da coppie gay. Siamo al ridicolo.
Naturalmente tutta la stampa segue la diatriba come gregge ordinato, E passa fuori notizia ciò che si trama a danno dei cittadini, l'attacco al «bene comune» concentrico (destra, sinistra, mondo economico, chiesa) e pericolosissimo. Si prepara attraverso la «liquefazione» dello Stato e dell'Ente pubblico territoriale (comune, provincia regione) che avrà sempre meno beni da gestire (trasferiti progressivamente al privato). Per questa ragione Lanzillotta&C. preparano lo strumento normativo ed il potere decisionale funzionale a questo progetto di trasferimento al privato. Una rivoluzione della pubblica amministrazione che prevede centri decisionali come le «città metropolitane» (dove prima decidevano 100 consiglieri comunali ne basteranno 10) che risucchiano e sommano in sè poteri di altri Enti (Province, circoscrizioni, ecc) . Enti snelli, decisionisti e con vasta competenza territoriale e di merito. Centri che dovranno decidere in materia di trasporti, energia, istruzione, acqua, sanità. All’Ente Regione resterà sì e no la funzione di controllo.
L'idea è quella dello «Stato leggero» – così tanto funzionale alla circolazione del capitale nel mercato globale – introdotta da Bassanini e curata ora dalla sua consorte Lanzillotta. Il PD rappresenta la prima e propedeutica riforma politica per realizzare quel disegno scellerato. Qui in Puglia, in terra di Bari, il «piano strategico» ne è il braccio operativo locale. Più che altro, bisogna chiedersi perché Michele Emiliano – sindaco di Bari – sia stato eletto segretario del PD pugliese con il largo consenso che conosciamo. Bisogna interrogarsi anche su come e perché le persone si avvicinano alla politica, sulla funzione della propaganda nell'azienda-partito, ed altre sottili dinamiche per la gestione del consenso che diventano sempre più simili alle strategie di marketing aziendale. La differenza, si capisce bene, sta nella particolarità del «prodotto» da piazzare e sulle conseguenze dell'imbroglio: il privato se fallisce ci rimette di suo, il partito politico spende pubbliche risorse, sia quando non vince, sia quando vince e amministra male.
Poi, e per fortuna a questo punto, non si ha la capacità reale ed il talento di provvedere. Il “piano strategico” voluto da Michele Emiliano, fuori di ogni previsione programmatica presentata agli elettori in campagna elettorale, finora ha prodotto sì e no un sito web ed ha speso circa 1.000.000 di Euro. Beneficiati, prassi canonica da prima repubblica – i consulenti, tanti pescati fra personaggi del comitato elettorale della lista Emiliano.
Il male di questa Italia, ed in particolare della città di Bari, sta tutto nell’epoca storica dove continua a rimanere incastrata, sia sotto il profilo economico che per quello culturale: il feudalesimo protezionista, consolidato dallo sforzo propagandistico straordinario e patetico per nasconderlo.
A Ichino vorrei dire sì, è vero, sono tanti i lavativi del pubblico impiego a fianco dei tantissimi che lavorano bene. Tanti anche i dipendenti di aziende private sovvenzionate in parte con denaro pubblico, assunti senza alcuna selezione nè pubblici concorsi. Allora dico, se un privato rischia propri capitali è giusto che si scelga chi vuole nella propria azienda. Ma se l'impresa è sovvenzionata, anche in parte, con pubbliche risorse o gode di agevolazioni allora l'ente pubblico che paga deve pretendere quantomeno procedure concorsuali trasparenti per le assunzioni, aperte a tutti i possessori dei requisiti previsti per il profilo professionale necessario. Naturalmente in numero proporzionato al capitale pubblico di cui l'azienda gode. Questo dovrebbe valere per tutte le imprese agevolate con pubbliche risorse od altri benefici normativi, dalle testate giornalistiche alle aziende a capitale pubblico, (F.S:. Alitalia, Eni, Enel, ecc) alle municipalizzate, alle aziende che gestiscono il servizio idrico, alla quasi totalità delle imprese italiane, tutte, dico tutte, beneficiate direttamente o indirettamente con risorse pubbliche, anche grazie a sgravi fiscali.
Se è giusto che lo Stato e gli enti pubblici restino fuori dal mercato, è essenziale che essi si occupino, invece, di scrivere le regole del mercato dove i privati dovranno competere. Tra le regole, appunto, è necessario contemplare quella delle pari opportunità dei lavoratori, almeno in riferimento ai capitali pubblici (di tutti i cittadini) messi nel mercato a beneficio delle aziende private. Quando si parla di pari opportunità non ci si riferisce solo al contesto uomo/donna ma ad un più generale criterio a garanzia d'una giusta e controllata competizione fra le persone nel mondo del lavoro e delle imprese.
Non si può più tollerare che a trovare lavoro, anche quello precario, siano soltanto persone legate in qualche modo ad un partito, ad un personaggio influente nel mondo della politica e della economia. E' probabile che se i nullafacenti abbondano nell'impiego pubblico come in quello privato il difetto di merito stia proprio all'ingesso del percorso professionale. Ed il mondo universitario che Ichino in qualche modo rappresenta, è il più scandaloso rifugio di nullafacenti blasonati artificiosamente con procedure autoreferenziali a dir poco medievali
Creato da mariaricciardig
Ultima modifica 2008-01-04 11:38