HERMANN FRANK MEYER : "-‘Bluetiges Edelweiss’ (‘Edelweiss sanguinanti’)-

HERMANN FRANK MEYER uno studioso tedesco non sospettabile di indulgenza verso le nefandezze compiute dai suoi connazionali durante il secondo conflitto mondiale, ha scritto un libro uscito di recente -'Bluetiges Edelweiss' ('Edelweiss sanguinanti')- in cui riassume le 'gesta' compiute nel 1943 dall'omonima divisione alpina tedesca 'anche' a Cefalonia.
Egli ha anche rilasciato UN'INTERVISTA al quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung in cui PERO' l'entità numerica dei Caduti italiani è calcolata intorno a 2000 unità ed è questo forse l'unico dato rilevante della sua opera che SMENTISCE le cifre fatte da sessant'anni di cui – sorvolando sulle smentite contenute nel mio ultimo libro “I Caduti di Cefalonia: fine di un Mito”- si continua a parlare con incredibile faccia tosta malgrado uno storico del calibro di Giorgio Rochat, ridimensionando a meno di 4000 quelle da lui fatte in precedenza, abbia espresso il parere che segue su quanti continuano a 'sparare' ancora oggi cifre al di fuori di ogni realtà: “i 9 o 10000 morti sono cifre fatte da gente che non ha senso storico e somma tutte le cifre possibili” (intervista all'AVVENIRE del 5.7.2006). Senza entrare nel merito dell'intervista di Meyer contenente molte imprecisioni ed inesattezze soprattutto giuridiche (ad. es. l'estradizione di un cittadino tedesco in Italia non era prevista tra Italia e Germania nel dopoguerra ed ancora oggi) che ne provano l'appartenenza alla 'vulgata' più ideologica che storica -tipica della sinistra italo – tedesca- segnalo la parte iniziale di essa quale ulteriore smentita delle frottole relative al 'massacro di un'intera Divisione' di cui ancora oggi in questa ignorante e politicizzata Italia ci si riempie la bocca da parte di alcuni storici o presunti tali che invito ora a rivolgersi a H. F. Meyer -con cui hanno dimestichezza- per farsi spiegare come anche costui sia giunto alle stesse conclusioni di chi come me ebbe il padre assassinato dai tedeschi in una tragedia che essi 10 anni orsono neanche conoscevano e che oggi pretendono di rappresentare in modo non conforme alla realtà per sostenere i loro fini ideologici, gli unici ai quali essi tengono: anche a scapito della storia.

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TESTO INTERVISTA la parte iniziale tradotta in italiano :
Süddeutsche Zeitung 271, pagina 46

Nel settembre 1943 le truppe da montagna tedesche uccisero un gran numero di italiani sull’isola greca. Per decenni tutte le indagini su presunti colpevoli sono state insabbiate. Poco tempo fa, la Corte d’Appello regionale di Monaco ha archiviato l’ultimo processo ancora pendente contro l’ex tenente Otmar M. Motivazione: un omicidio non sarebbe più perseguibile, tutt’al più si potrebbe prendere in considerazione come omicidio doloso. Questo stato di fatto sarebbe però caduto in prescrizione.
Il 67enne Hermann Frank Meyer non riesce a capire questo verdetto. L’ex imprenditore è da decenni sulle tracce dei crimini della Wehrmacht. Per il suo ultimo libro („La stella alpina insanguinata. La prima Divisione da Montagna nel secondo conflitto mondiale“, editore Links, Berlino, ca. 800 pagine) che dovrebbe apparire alla fine dell’anno, ha fatto ricerche per 15 anni.

SZ: Cefalonia è ritenuta oggi uno dei maggiori crimini di guerra della Wehrmacht. Quanti Italiani furono veramente uccisi allora?
Hermann Frank Meyer: Le cifre vanno da 4.000 fino a 10.000 morti. Esse sono molto esagerate. Nel mio libro ho confrontato queste cifre in modo accurato. Secondo il mio calcolo allora sono morti in totale circa 4.000 Italiani; 2.500 sono morti sull’Isola, nelle esecuzioni, ma anche in azioni di combattimento o nei massicci bombardamenti della Luftwaffe. Altri 1.500 prigionieri sono morti durante il trasporto dall’Isola, perché le navi sono finite sulle mine ed affondate.

SZ: Ciò significa che il numero degli uomini effettivamente trucidati non potrà più essere determinabile in modo reale?
Meyer: Quanti dei 2.500 Italiani sull’Isola siano stati veramente fucilati non posso dirlo. Ad essere documentata è la fucilazione di 137 Ufficiali presso la “Casa Rossa”, dove entrarono in azione almeno 4 plotoni. Il primo ad essere fucilato alle ore 8 del giorno 24 settembre fu il Comandante Generale italiano Antonio Gandin. Le fucilazioni andarono avanti fino a mezzogiorno. Ne uscirono vivi 36 Ufficiali in quanto originari dell’Alto Adige, oppure poterono dimostrare di essere Fascisti, oppure infine furono salvati da un sacerdote italiano che aveva implorato il Comandante Maggiore von Hirschfeld di salvar loro la vita.

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