Ma i socialisti dove sono?

di Aldo Torchiaro

Ma i socialisti dove sono? Che fine hanno fatto? In un momento mai tanto denso di novità vorticose, con la rimessa in discussione di tutte le architetture e le geometrie parlamentari, colpisce il silenzio degli aderenti alla Costituente del Partito socialista – Pse. Messa in serra lo scorso ottobre come promettente novità dell'area riformista, la Rosa sembra essersi ‘bruciata’. Se l'ipotesi di legge elettorale proporzionale con sbarramento dovesse prendere corpo, ci sono poche speranze di rivedere i socialisti nelle aule parlamentari. Poco sopra il 2 % nei più recenti rilevamenti sondaggistici, si avvierebbero alla militanza extraparlamentare secondo qualunque ipotesi: con il sistema tedesco del proporzionale corretto; secondo l'applicazione dei microcollegi spagnolo e nondimeno seguendo il Vassallum, che li mette insieme. Facile immaginare la preoccupazione dei diretti interessati, i quali però sembrano preferire una timida via diplomatica per prendere tempo e non alzano i toni contro chi sta preparando per loro la via del non ritorno. Fuor di metafora, l'establishement socialista si è riunito proprio ad un funerale: deceduto l'ex responsabile esteri del Psi, Mario Didò, gli ex compagni di sempre si sono stretti in un pianto corale, vestiti a lutto, tutti intorno al feretro con le rose e i garofani rossi. Sono talvolta – nelle antiche famiglie – quelle funebri le occasioni per rincontare i volti amici e stringere le mani di sempre, quando ci si ritrova nel piccolo mondo dell'aristocrazia decaduta, tra la mestizia del momento, quel che rimane dissepolto del vecchio orgoglio e l'insopprimibile nostalgia del blasone perduto. Quella che potrebbe diventare definitiva, se si realizzasse una delle ipotesi di riforma tra quelle più gettonate, perché di eliminazione dei socialisti si parla ormai apertamente. E “se si eliminano i partiti cosidetti ‘minori’, si elimina la democrazia”, dice Bobo Craxi. “Nessuno può pretendere clausole di salvaguardia esagerate, come prevede la ‘legge porcata’, ma neanche agevolare un ridisegno del sistema politico italiano che cancelli per imperio alcune forze attraverso un accordo fra le maggiori. Una riforma elettorale convincente e moderna dovrà innanzitutto convincere chi la dovrà votare: i parlamentari eletti dal popolo nel 2006, non 20 anni fa. Sarà molto complicato. La legge elettorale maggioritaria, nel 1993 fu sospinta da un referendum e dalla ‘pistola puntata’ della magistratura sui deputati: altro clima, altri tempi che vorremmo non tornassero più”. Sul perché i socialisti fatichino a far emergere la loro voce, incide probabilmente il fatto che si tratterebbe di un coro polifonico. Di un’orchestra dai fiati nient’affatto accordati. Ci sono Lanfranco Turci e i provenienti dal Nuovo Psi che caldeggiano il sistema tedesco malgrado il rischio di sbarramento, senza escludere il ricorso ravvicinato alle urne; c’è Gavino Angius che, fino ad ora, sembra abbastanza disponibile a far convergere i consensi della sua area su questa ipotesi, purché si prenda una posizione chiara. E c’è poi la resistenza dei ‘boselliani duri e puri’, che sperano intanto di allontanare di un anno l’incubo elettorale per ricavare, in cambio della lealtà ‘ulivista’, uno sconto di pena: un sistema tedesco con sbarramento al quattro per cento, anziché al cinque. E un anno per lavorare alla riconquista dell’elettorato riformista capace di raddoppiare la visibilità della Rosa e assicurarsi quel quattro e mezzo per cento capace di fare del Partito Socialista una versione laica dei ‘casiniani’, un indispensabile ago della bilancia che farebbe ripensare ai migliori desiderata del Psi di una volta. “Solo se avessimo davanti un anno di tempo riusciremmo ad affrontare un cambio di passo per superare il 4 o il 5 %”, dice a L'opinione Lanfranco Turci. “Noi abbiamo avviato la discussione da due mesi”, aggiunge l'ex presidente della Regione Emilia-Romagna. “Il grosso delle componenti è a favore del modello tedesco, con sbarramento al cinque o meglio ancora al quattro”. Il problema della soglia è quindi quello che determina le maggiori resistenze all'interno dello Sdi che fu. Con i limiti che conosciamo: se le elezioni dovessero precipitare a primavera, si andrebbe a votare con il sistema attuale. Ma bisognerebbe tagliare subito la testa ad un toro il quale, nonostante veda ultimamente rosso, non sembra volersi dirigere al macello. E malgrado la sveglia suonata martedì scorso da Villetti, capogruppo socialista a Montecitorio (“L'Unione non c’è più”) la diplomazia sotterranea di Boselli non demorde e, se da un lato guarda con interesse all’ipotesi di governo istituzionale e potrebbe sostenerlo al prossimo vertice di gennaio, dall’altro sa di essere legato a doppio filo alle sorti del governo – morente e senza poesia – di Romano Prodi. Difficile, d’altronde, portare avanti, da parte socialista, alleanza e competizione con il Pd, alleanza e competizione con Sinistra democratica, senza uscire schiacciati dai due ingombranti vicini. “E’ inutile continuare a tirare a campare. E’ meglio tirare le cuoia”, ha detto Mauro Del Bue, ultimo segretario del Nuovo Psi. Nessuno ha capito se parlava dell’esecutivo prodiano, del Partito socialista o di tutti e due.(Laici.it).

(articolo tratto dal quotidiano 'L'opinione delle Libertà' del 7 dicembre 2007)

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