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Una fondazione Enzo Biagi

di Maurizio Chierici

Un mese fa è morto Enzo Biagi e attorno alla famiglia si è ricomposto il silenzio dopo il coro appassionato di chi ne ricordava la responsabilità morale nello scrivere la cronaca dei nostri giorni. Ma il sottolinearne la moralità ha suscitato pruriti di intolleranza. . Per Giuliano Ferrara l’ Italia dei cretini si è lasciata andare così. Ma l’ Italia dei cretini insiste ed è successo qualcosa.
Montanelli aveva regalato a Fucecchio ( paese dove è nato ) tutte le carte della sua vita, e quando Biagi è passato di lì si è immalinconito:. Nella solitudine dell’esilio Rai sfogliava i giornali e accendeva la Tv sconfortato dalla mollezza di certe facce nuove ben disposte a remare nelle acque dei padroni. Fragilità di chi vuol restare a galla e quando impara come non si affonda, cortigiano per sempre: la sua amarezza. Loris Mazzetti, compagno di viaggi e malinconie, entusiasma Biagi con una proposta: raccogliere libri, appunti e trasmissioni in un centro studi legato a un’università e appena l’università Modena-Reggio Emilia incorona la lealtà con la laurea ad onore, Biagi si convince che l’idea non è peregrina. Giuseppe Giulietti, , ne parla al ministro Mussi che subito la sposa, ma i tempi della politica sono lunghi. Enzo se ne va mentre Mussi, Giulietti e Loris Mazzetti stanno per annunciargli la nascita della fondazione. Marchetti, presidente Rcs, Cappon, direttore Rai e Regione Emilia-Romagna sono d’accordo. Bice e Carla Biagi, commosse. Carla ne sarà il presidente. Biagi sorrideva quando Carla lasciava i banchi del liceo per sfilare nella Milano ’68: . Bice e Carla inventano un premio per giovani cronisti, ogni anno a Pianaccio. Nessuna santificazione, Enzo ne sarebbe furioso, solo un modo per invogliare alla trasparenza chi racconterà l’ Italia di domani. Due volte ho invitato Biagi all’università. Con la modestia di un artigiano senza nome liquidava i ricordi preferendo spiegare come è possibile maneggiare la chincaglieria della professione per non seguire l’onda dell’informazione plastificata da cortigianerie e protezione di onorevoli. Raccomandava cose che tutti i giornalisti sanno, ma i ragazzi no: come fare un’inchiesta prima di scrivere le domande dell’intervista o usare le informazioni raccolte per ribattere ad interlocutori allenati all’elusione. Coriandoli per vecchi naviganti, ma i nuovi ne hanno forse bisogno. Rimpiccioliva anche il mito dell’inviato speciale nel profilo di . Ha lasciato non solo libri: montagne di appunti, progetti per viaggi, racconti, incontri. Quando Antonio Di Bella lo ha richiamato in Tv, si pensava ad un’ antologia delle sue interviste famose, ma Biagi non ne era convinto: . Ricomincia parlando con loro. L’introduzione a sono le ultime righe che ha scritto. . Insomma, dentro tutti sanno. Era il 5 ottobre, due mesi e qualche giorno fa: parole d’ addio. Prima che le famose chiacchiere al telefono finissero su Repubblica, il libro documenta il travaso Mediaset-viale Mazzini negli anni d’oro del Berlusconi al governo. Alessio Gorla: dal regno di Arcore a responsabile appalti e contratti Rai. Fabrizio Del Noce: da parlamentare azzurro a direttore Rai Uno e la Bergamini trapiantata dalla segreteria del Cavaliere al marketing della televisione pubblica. Via vai non sbadato: ente pubblico scomposto in micro strutture che gli emissari del nuovo potere controllano senza controlli. Anche Lucia Annunziata racconta di quando presiedeva in solitudine il consiglio d’amministrazione: era il vertice decideva tutto. Direttori Tg e altre testate potevano solo obbedire. Con affetto-disprezzo li chiamavano postini. Per non parlare di Guido Paglia coinvolto nelle bombe di Roma, anni di Piazza Fontana: continua ad essere responsabile delle comunicazioni internazionali. E Cattaneo, amico di Paolo Berlusconi e La Russa, subito direttore generale. E la delusione di Baldassarre. Nasce Pci, amico di Natta, ammiratore di Ingrao. Socialista anni’80, si perde nei salotti di Previti e diventa presidente della Corte Costituzionale. Berlusconi- Fini lo insediano in viale Mazzini. E Biagi lo invita a Il Fatto. Domande senza sconti e risposte che sembrano chiare. , ma non alza un dito per telefonare a Biagi tanto per sapere cosa sta succedendo quando firma la lettera di licenziamento dell’obbediente Saccà. , finale dell’introduzione. .
Ma i problemi tra Biagi e Berlusconi non nascono con l’intervista a Benigni che sorride sulle rincorse del piccolo lombardo con gli stessi graffi di qualche sera fa, prologo alla lettura Tv di Paolo e Francesca. Benigni continua a tornare in Tv, Biagi no. Il Fatto era lungo sei minuti, sei minuti , lamento pubblico del Cavaliere. I problemi sono antichi. 1993: l’intervistatore seduto con le sue domande davanti al signore che ha cambiato idea e si è messo in politica, esprime la curiosità di tutti . , ricorda Enzo nei giorni del limbo Tv. Trema per la P2 disarticolata; protettore Craxi nei guai e amici del Sud diffidenti. , trema il Berlusconi che non vuol perdere il sogno. E Biagi, altrettanto sventurato, lo scrive sul e sull’. Mai smentito, ma è un peccato senza ritorno. Lezione della quale il Cavaliere terrà conto per sempre: è la sua ultima vera intervista senza rete. Punto di svolta, comincia la nuova vita: smentire, smentire, smentire. Dopo il trionfo elettorale, Biagi fa sapere al primo ministro del primo governo Berlusconi di voler cominciare la prima puntata del Fatto proprio con lui. Il Cavaliere vuole controllare le domande. . Ma anche senza Tv, Biagi resta mina vagante. Cocciutamente libero: nessun partito o uomo forte lo protegge. Imprendibile per Berlusconi e tutti gli altri. Corriere, Espresso, libri, continua a scrivere: insomma, pericoloso. Comincia la campagna dello sputtanamento affidata ai volonterosi del libro paga. Insulti, prese in giro, allegria dissacrante contro che ricopia frasi scritta dieci anni fa: ecco le terribili prove. Nei giorni delle borse che saltano e dell’economia traballante parla della gente che non conta, che non fa le settimane bianche, che non arriva a fine mese, insomma vecchiume lontano dalla modernità. Per favore, Biagi, torna nel nostro mondo. Ma Biagi non torna e la sua cronaca continua. Nave scuola degli intrepidi Il Giornale della famiglia Berlusconi con appositi satelliti e cortigiani: perseverano fino a quando il poveruomo non è proprio sotto terra. Cappellano militare degli avanguardisti , Baget Bozzo, naturalmente. Manda una lettera al Foglio e Giuliano Ferrara amorevolmente la apre in prima pagina: si commuoveva per Biagi e lo ha fatto . Fra i coloro c’è il cardinale Tonini. Baget Bozzo non trattiene lo sdegno: . E’ una rabbia che commuove Ferrara: . Dietro i pensatori l’impegno dei manovali.. Voglio ricordare il più devoto: Filippo Facci, ardito dell’insulto. Il giorno dopo la morte di Biagi scrive un’intera pagina sull’apposito Giornale di Famiglia. Non c’è mai stato un anatema bulgaro, Berlusconi immacolato, senza contare che il defunto ha preteso anche la liquidazione quando l’hanno mandato via. l’ Unità che racconta il dolore dei suoi ultimi giorni. Nel dei veleni galleggia il minuscolo riquadro dell’ipocrisia: . Per far capire ai cronisti di domani quale tipo di lealtà é dovuta ai lettori o alla morale dei padroni di certi vaporetti, sarebbe utile se il laboratorio dell’università di Modena e Reggio Emilia completasse la raccolta includendo la prosa di chi non lo sopportava. Sfogliando Biagi, Baget Bozzo, Facci, Ferrara, eccetera, i ragazzi potranno liberamente scegliere se diventare testimoni della realtà o palafrenieri nella real casa.(Arcoiris)

mchierici2@libero.it

Cortesia dell'Unità

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