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Vedi alla lettera X

di Andrea Ermano

“X” come xenofobia: nel nostro Paese, ma non solo in esso, stiamo assistendo a un rigurgito di xenofobia con apici di vero e proprio razzismo. Questo è, purtroppo, lo stato di cose presente.

Tentare bilanci d'anno andante affatica molto, ma a fin di bene, la nostra facoltà di giudizio. Ricondurre a criteri generali e astratti la concretezza del presente non è cosa né facile né scontata perché, quand'anche certi parametri se ne stiano fermi (certo, non per tutti), i fatti, quanto meno i fatti, mutano continuamente, anche se poi da noi nulla cambia mai per davvero. Ma neanche questo è totalmente vero, perché stavolta qualcosa di nuovo c'è oggi nel sole: i criteri umanitari che avevano informato la cultura politica repubblicana sembrano finiti in una discarica.
Oltre un anno fa, a proposito dell'allora progettata nascita del Partito democratico, noi paventavamo che se il Pci-Pds-Ds si fosse sciolto nel PD, abbandonando l'approdo del socialismo democratico europeo, e se avesse con ciò provocato l'ennesima spaccatura all'interno della sinistra italiana e internazionale, ebbene più o meno questi tre effetti ne sarebbero verosimilmente conseguiti: 1) un notevole spostamento a destra dell'asse politico nel nostro Paese; 2) un sensibile spostamento a destra dell'asse politico europeo; 3) un lieve spostamento a destra dell'asse terrestre. Non ci pare, a ragion veduta, di aver espresso timori infondati.
Nella situazione presente, a voler tracciare un conto politico “dei profitti e delle perdite” in rapporto a ciò che maggiormente salta agli occhi per novità e rilevanza, la voce più notevole ditutte, sulla colonna delle perdite, ci pare in breve questa qui: che incombe sull'Italia (e non solo su di essa) un vajont d'ideologie fascistoidi.
Nel nostro Paese, accanto alla perdurante offensiva clericale e identitaria, stiamo assistendo a un rigurgito di xenofobia con apici di vero e proprio razzismo, le forze del progresso civile sono divise come non mai, il governo di centro-sinistra sembra in crisi profonda e perenne, s'intensificano voci e segnali a favore di una grande coalizione e quant'altro. Speriamo bene.
A livello continentale l'idea di cittadinanza europea è sostituita dall'eversione di alcuni sindaci veneti, secondo i quali il domicilio andrebbe subordinato a un reddito minimo da esibire da parte del demiciliando. “La cittadinanza europea è legata al reddito” — constata con incredulo spavento antropologico il filosofo Marcolo Revelli – “Credevamo che l'Europa fosse l'Europa dei cittadini. No. E' l'Europa dei proprietari… Il vero passaporto europeo è la carta di credito”. E' questa la nozione della Giustizia e del Diritto nella nostra vecchia Europa dei commissari alla Frattini?
All'orizzonte globale si staglia un conflitto senza precedenti. Le nuove carestie e siccità stanno per mettere in marcia, nel corso dei prossimi due decenni, uno (o due) miliardi di migranti. Pensiamo di gestire la cosa con filmati tipo lo spot svizzero diffuso in Africa per spaventare i potenziali esuli dalla miseria? Pensiamo di mandare un filmetto d'avvertimento a tutti coloro coloro che potrebbero carezzare insani progetti migratori? Ci vogliamo predismorre a emulare la Confederazione Elvetica, egemonizzata dalla destra del ministro Blocher? “Africani, non venite a casa nostra, perché non troverete accoglienza né umanità, ma sempre ancora soltanto miseria, freddo, pidocchi”. (Vedi il video sul sito di Repubblica)
Chi in questa situazione, di vergogna assoluta, manifesta paura per lo strapiombo in cui sta cadendo il senso dell'umanità, chi protesta spavento antropologico, non ha torto. Dove non c'è timore, non c'è coraggio. E dove non c'è coraggio, non c'è speranza.

Roma, la bidonville di Tor di Quinto durante lo sgombero: operazione razzista che, nell'autorevole giudizio del filosofo della politica Marco Revelli, mostra come “il vero passaporto europeo è la carta di credito”

Dato che la historia sarà pur magistra di vita, ma non insegna nulla a nessuno, stavolta diciamo questo: che sembra d'essere tornati all'Atene del 322 a. C., al compimento della transizione dalla repubblica attica al principato macedone.
Ricordate? Verso metà del IV secolo avanti Cristo, alcuni tra i pensatori più giganteschi e splendidi della storia universale compresero che gli schiavi e i padroni esistevano non già perché gli uni fossero dei sotto-uomini e gli altri dei super-uomini. Gli schiavi e i padroni sin danno, dissero, quando tra gli uomini si instaurano certe relazioni, di assoggettamento e di dominio, che nulla hanno a che fare con la sostanza e l'idea di umanità. Ed ecco che, intorno alla metà del IV secolo avanti Cristo quegli antichi sapienti compresero come sia essenzialmente “la guerra”, tra gli uomini, a rendere schiavi gli uni e gli altri padroni.
Nondimeno, nell'ultimo quarto di quello stesso secolo nel quale furono pensati quei pensieri così decisivi, sulla repubblica calerà un sipario di ferro. Dacché il popolo d'Atene si era entusiasmato per le nuove teorie nelle quali il vecchio Platone e il suo giovane discepolo Aristotele avevano liquidato l'assurda pretesa di classificare gli esseri umani, da allora erano trascorsi solo venticinque anni, quando l'ascesa del principato macedone portò, nell'anno 322 e per decreto di Antipatro, all'abrogazione del diritto di cittadinanza per i lavoratori manuali.
Capita talvolta nella storia umana che cittadini vengano dichiarati non-cittadini e che uomini liberi vengano fatti schiavi. La remota catastrofe ateniese della democrazia e dei diritti dei lavoratori accadde venticinque secoli fa. Ma eventi analoghi si sono ripetuti, ovunque, anche nel nostro Paese, in tutta Europa e nel resto del mondo. Durante il secolo scorso abbiamo avuto, per esempio. le leggi razziali. Ebbene, il clima culturale, anche in Italia, ma non solo in Italia, è quello lì.
Certo, il gruppo dirigente diessino, confluito nel PD, non teorizza alcuna classificazione in super-uomini e sotto-uomini. Certo, Veltroni non è personalmente colpevole del crac antropologico sotto gli occhi di tutti. Ma il Pci-Pds-Ds-Pd ha pur fatto la sua parte: settant'anni per riapprodare, dalla scissione di Livorno, al Partito del Socialismo Europeo e poi via col vento…
Come non dubitare dell'eterna ricetta italiana? I nostri dirigenti, dentro e fuori del loft, pensano forse di cavalcare la tigre con i mezzi dell'estenuazione tattica e del trasformismo. Speriamo bene.(ADL)

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