di Rosario Amico Roxas
Un silenzio ovattato è calato sulla documentata proposta del cardinale Carlo Maria Martini che ha chiesto un “Concilio Ecumenico Vaticano III”.
Dal momento che molte determinazioni del precedente Concilio vengono disattese o annullate, è opportuno che la Chiesa ritrovi unità attraverso un nuovo Concilio, per chiarire i termini di un dibattito che rischia di creare fratture che potrebbero diventare insanabili.
Che nel dibattito intorno alla religione si siano inseriti personaggi esterni ed estranei, conferma l’esigenza di un tale sommo incontro, affinché nulla sia lasciato alla libera interpretazione, o peggio, a esibizionismi blasfemi che vogliono solo seminare zizzania in un mondo che non appartiene loro.
La Chiesa non è un uomo, sia pure dotato di grande erudizione, non è una interpretazione o un fatto storico; la Chiesa è Cristo con il suo insegnamento che può necessitare di adattamento ai tempi in taluni argomenti che coinvolgono l’ordinaria quotidianità, ma non certo di interpretazioni o di elucubrazioni dottrinali.
Il tema fondamentale della pace nel mondo non trova una indicazione unitaria; lo stesso Nuovo Catechismo del 1992, redatto dalla Congregazione per la dottrina della Fede, allora presieduta dal card. Ratzinger, non esprime una condanna rigorosa della guerra e di tutte le guerre, lasciando ampio spazio all’ipotesi di accettazione di una “guerra giusta”, affidando la valutazione circa la “giustezza” a “coloro che hanno la responsabilità di governo (Hitler, Mussolini, Stalin, Pinochet, Saddam, Bush, etc.).
Uccidere si può – per «legittima difesa»-, che può arrivare ad essere perfino un «grave dovere». Fare la guerra si può – come si può ricorrere all’uso della forza militare, tutte le volte «che si ha la certezza di un durevole e grave danno subito». Eliminare un altro essere umano, insomma, è lecito, se questo serve all’interesse degli Stati, dei governi, dei grandi poteri.
Anche l’enciclica “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII, venne ammorbidita nella condanna senza mezzi termini delle guerre espressa dal Pontefice, nella traduzione, redatta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, dal testo latino a quello italiano, spagnolo, francese, portoghese, tedesco, inglese (ho potuto consultare solo queste traduzioni), aggiungendo un “quasi”, che non esiste nel testo originario, nel quale è scritto che in una età come la nostra…. “quae vi atomica gloriatur, alienum est a ratione, bellum iam aptum esse ad violata iura sarcienda”, diventata nella traduzione…. “riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia”; quel “quasi” aggiunto arbitrariamente lascia aperte le porte per la valutazione di una “guerra giusta”.
Così le guerre sono possibili per il Vaticano quando sono “guerre giuste”, mentre per le nazioni che le dichiarano unilateralmente diventano “guerre preventive” e per altre nazioni governate da fedeli servitori del più forte assumono, ipocritamente, la veste di “missioni di pace”.
E’ solo uno dei temi che necessita approfondimento, ma altri incombono, come la laicità degli Stati e la reciprocità del rispetto dei ruoli; lo sviluppo equilibrato dell’economia globalizzata che deve globalizzare la solidarietà verso i più deboli e non solo i mercati opulenti.
Un nuovo, e urgente, Concilio, quindi, per fare rinascere l’unità interna alla Chiesa ed escluda i mestatori; un Concilio che proponga una visione originaria della fede e che coinvolga tutte le comunità di base, lì dove alberga la Fede più genuina. «Il Dialogo.org)