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Dichiarazione di guerra al governo ed al popolo italiano

di Giancarlo Gallani

NOTIZIARIO DEGLI ITALIANI IN FRANCIA
ANNO SECONDO – 2001 – N°4

L'altro giorno due personaggi si sono improvvisamente avvicinati. Ero seduto su di una panchina a “Place de la Nation” a Parigi e stavo leggendo. Mi hanno rivoltola la parola, poi mi hanno consegnato una busta e sono scomparsi. Questo è la cronaca di un fatto sorprendete e straordinario. Sulla busta c'è scritto – “Dichiarazione di Guerra per il Governo ed il Popolo italiano” – Confesso di essere sorpreso ed inquieto. Quale messaggio conterrà? Cose devo fare? Leggerlo, nasconderlo, buttarlo via, inviarlo al Presidente della Repubblica, renderlo pubblico? Ecco la relazione dei fatti. A Parigi esiste una piazza che i turisti, generalmente, non hanno il tempo di visitare. Si chiama la Piazza della Nazione è circolare ed ha un diametro di 252 metri. E' situata nel 12 “arrondissement” a poca distanza dalla Gare de LYON, che molti di voi conoscete, poiché è quella dove arriva il treno dall'Italia. Io vengo, in questa piazza, abbastanza spesso, perché abito poco lontano e perché è una piazza grande e gradevole, anche se l'aria è satura dei gas di scarico. Mi siedo scegliendo una delle numerose panchine e leggo. Generalmente i due quotidiani italiani che compero ogni giorno. La parte centrale della piazza è occupata da un giardino e nel mezzo, tra gli alberi, c'è una statua anzi un importante gruppo di bronzo. Tutto intorno passano centinai di macchine l'ora perché NATION è un nodo stradale, cittadino, assai importante. Vi confluiscono ben 11 strade di cui quattro sono di grande scorrimento. Il pedone che vuole raggiungere il giardinetto, deve prendere il rischio di traversare, l'operazione è sempre assai pericolosa. Le macchine, nonostante i passeggi zebrati ed i semafori, vi sfiorano sempre come dei tori in una corrida. Esisterebbe un sottopassaggio ma generalmente è chiuso. Dopo la “traversata” mi siedo su di una panchina nel giardino. Le panchine sono sistemate in circolo accanto a molti alberi, intorno ad un monumento centrale che ammiro sempre anche se leggermente barocco e nello stile del verismo socialista. E' un bronzo monumentale “Le Triomphe de la République” realizzato da uno scultore francese assai noto, Jules DALOU (Paris 1833 – 1902). Fu posto in opera nel 1889. Rappresenta un carro trionfale tirato da due enormi e maestosi leoni, uno ha l'aria stanca e abbassa la testa, l'altro invece in piena forma la criniera al vento. Sul carro, o intorno, nove personaggi. In alto dominando tutto e tutti una bella figura femminile, la Repubblica Francese. Seria, tranquilla e giusta, in testa il berretto frigio della rivoluzione. Indossa un vestito leggero, trasparente ispirato, forse, alla Primavera del Botticelli. La Repubblica marcia speditamente, i piedi sopra una sfera, probabilmente il modo. Il braccio destro teso in avanti, potrebbe essere un saluto, esprime sicurezza, potere ed autorità. Con la mano sinistra tiene, solidamente, un fascio littorio che si appoggia, accanto ai suoi piedi, sul mondo. Marcia sicura, decisa, indomita, in direzione del centro della capitale. Lo sguardo fissa un punto lontano, probabilmente la Place de la Bastille. Sotto di lei quattro lavoratori due donne e due uomini, e quattro putti accompagnano il carro. Un operaio, nudo, è salito su un leone, tiene in mano una torcia accesa, si direbbe una sfida contro l'oscurantismo, guarda in alto con fiducia la Repubblica. L'altro, vestito come un fabbro, si appoggia e spinge il carro; accanto alla ruota destra e tiene appoggiato sulla spalla un grosso martello. A sinistra una donna, vestita quasi come una regina, anche lei sembra spingere il carro. Serra, nella mano libera, una specie di scettro. Intorno al carro quattro putti giocano con frutti, libri e strumenti tecnici. Dietro il carro un altra donna nuda, un mazzo di fiori in mano e nell'altra una rosa. Guarda indietro sorridente femminile e voluttuosa, potrebbe essere opera di Rubens dai glutei e dal seno possente. Mi sorprendo sempre a guardarla con ammirazione e desiderio. Dai suoi reni sono certamente uscite tutte le illusioni rivoluzionarie del XX secolo. Quel giorno leggevo sulla panchina i miei soliti quotidiani italiani. Due persone si sono sedute accanto a me, ho continuato a leggere senza prestargli attenzione. Sono trascorsi alcuni minuti, poi uno dei due mi ha rivolto la parola. Aveva l'aria serena, direi regale. – “Scusi lei è italiano?”- Ho alzato gli occhi dal giornale – “Si, posso essere utile?” – “Lo abbiamo capito dai giornali che legge, cercavamo appunto un cittadino del suo paese. Noi siamo qui di passaggio. Ogni qual volta che veniamo a Parigi facciamo sempre una breve sosta, in questa piazza, per onorare le vittime della rivoluzione. Come lei certamente saprà ex piazza del TRONO. Poi, durante la rivoluzione, piazza Del Trono Rovesciato, TRONE-RANVERSE. 1306 cittadini, tra i quali André CHENIER, vi sono stati ghigliottinati. Molti di loro sono ancora sepolti nel vicino cimitero de Picpus, si può visitarlo.” Non ha aggiunto altro. Adesso tutti e tre ci osservavamo. Sembrava che il tempo si fosse improvvisamente fermato. Poi ha parlato il secondo personaggio che aveva l'aria severa e decisa di un militare. – “Ci ascolti attentamente, la prego!. “Noi conosciamo bene la storia del mondo, quella delle guerre, delle rivoluzioni delle stragi e delle sofferenze dell'umanità. In questa piazza, oggi cosi gradevole, si sono commessi dei delitti atroci ed anche inutili, una strage al grido di, “liberté, égalité, fraternité”. Il nome attuale di NAZIONE gli fu dato il 14 luglio 1880. Avrebbero potuto chiamarla Piazza della Ghigliottina o della Vendetta, cieca e bestiale. Al posto di un carro trionfale ci avrebbero potuto mettere la statua di un corpo di uomo o di donna decapitati o una montagna di cadaveri!” Il personaggio mi guardava fissamente negli occhi e parlava con gran sicurezza senza tradire la benché minima emozione. Non mi ero accorto che, mentre parlavano, entrambi si erano alzati allontanandosi leggermente, il gruppo di DALOU appariva adesso, vagamente, dietro di li loro, il giorno stava per finire. Quello dai tratti regali era come assorto in pensieri o in visioni tragiche e lontane mi guardava, poi ritornava a posare gli occhi sulla statua o verso l'orizzonte. Difficile capire se era realmente presente o se si trovava in un altro mondo, in altra dimensione. L'altro, il soldato, improvvisamente, si è messo a camminare avanti e indietro. Lo sguardo infuriato sfidava, uno per volta, il carro, i leoni, gli operai i putti e soprattutto la Repubblica. Io tacevo. Ero ancora seduto con i miei giornali in mano, non capivo bene cosa stava succedendo. Ad un certo momento il “re” ha preso, da una tasca, all'interno del suo ampio mantello una busta, porgendomela con grazia ma con estrema decisione. Non ho avuto il coraggio, confesso, di rifiutarla come avrei voluto. “Avvisi del pericolo i suoi “fratelli” il suo popolo, poi ci rivedremo!”. Nessuno dei due parlava più, io ero allibito, sconcertato. Era chiaro, mancava ormai il tempo per altre spiegazioni, per altre parole. Improvvisamente ho udito, distintamente, delle grida. Non avevo il coraggio di guardare da che parte provenivano. Ho avuto il dubbio che fossero quelle dei condannati a morte che stavano per perdere la testa qui, a pochi passi. Mi sono detto, adesso certamente finirò per svegliarmi. E' stato solo un attimo. Ho distolto lo sguardo dai due per guardare il cielo, minaccioso, grigio e coperto. Le grida provenivano da un alto volo di bianchi gabbiani che volteggiavano intorno alla statua. Sono rimasto pochi secondi ad osservarli, assai sorpreso. Quando ho abbassato gli occhi, i due personaggi erano scoparsi. Inutilmente li ho cercati, a destra ed a sinistra. Il giardino era vuoto. Avanzava ormai la sera. Le auto continuavano, come un carosello impazzito, a fare il giro della piazza. Mi sono ricordato della busta e l'ho messa in tasca. Sono ritornato a casa a passi lenti, stupito, pensoso e preoccupato. Adesso la busta è appoggiata sul tavolo di fronte a me la guardo e, sinceramente, non so cosa devo fare.

Parigi, 20/02/2001

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