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Ricercatrice di Psicologia sociale presso l’Università  di Macerata e Dottore di ricerca in Scienze dell’educazione e Analisi del territorio

di ALESSANDRA FERMANI

La ricerca Bulli in Ballo è nata per valutare in che misura nelle scuole superiori della regione Marche fossero presenti atti di discriminazione verso omosessuali, immigrati e donne.
Per tale ragione è stata realizzata una ricerca che ha coinvolto 2489 studenti appartenenti a quasi gli istituti superiori della regione, ragazzi tra i quali uno/a su 20 dichiara di essere gay e/o lesbica e 1 su 25 di essere immigrato.
I partecipanti hanno esplicitato l’esistenza di questo fenomeno tra i giovani delle nostre scuole. Gli studenti, infatti, hanno sottolineato di aver assistito spesso a situazioni di offesa verbale, di aggressione fisica e di discriminazione nei confronti di persone omosessuali (41%), di individui immigrati (31% ) o di ragazze (33%). I luoghi in cui tali condotte vengono assunte sono soprattutto le aule e gli altri spazi scolastici come i corridoi e il 97% circa dei partecipanti indica come responsabili di tali condotte gli studenti stessi.
I ragazzi contattati si rendono conto della gravità di certe offese, ma dichiarano di non intervenire quasi mai, senza distinzione di genere. D’altra parte quando c’è un’attivazione sono gli studenti (44%) e gli insegnanti (50%) a cercare di bloccare le violenze verbali e/o fisiche.
Gli studenti giudicano poco sicura la loro scuola soprattutto per i gay (45%) ma anche per le ragazze lesbiche (38%), ma abbastanza sicura le persone immigrate e, soprattutto, per le ragazze.
Lo studio ha considerato anche le emozioni suscitate da gay/lesbiche e dagli immigrati come uno dei parametri attraverso il quale raccogliere vissuti negativi verso le diversità. Le ragazze nel pensare, ad esempio, a due donne baciarsi provano sentimenti più negativi dei ragazzi (imbarazzo, sdegno, fastidio, spavento) che, invece, provano curiosità, attrazione, contentezza, ma anche rabbia. D’altra parte nel pensare a due ragazzi che si baciano, sono i maschi che provano più emozioni negative (imbarazzo, spavento, sdegno, fastidio).
Nei confronti delle persone immigrate le partecipanti, rispetto ai loro compagni, hanno mostrato di provare più emozioni positive e meno emozioni negative.
Considerando, invece, il tipo di scuola ci sono delle differenze a seconda degli istituti frequentati perlopiù derivanti dal contesto e dalla diversa composizione delle classi, ad esempio nei Licei, essendo più bassa la presenza di persone immigrate, è più facile che si presenti una minore discriminazione nei confronti delle diversità poiché tali studenti si raffrontano con realtà più ideali e meno vissute concretamente nella quotidianità come accade invece nei professionali o negli istituti tecnici.
In generale, comunque, sembra essere poca la disponibilità a voler approfondire il tema dell’immigrazione, dell’omosessualità e delle differenze di genere.

Da un punto di vista prettamente analitico possiamo affermare quindi che il fenomeno del bullismo nella nostra Regione esiste ed è ben radicato. I bulli sono consapevoli di quello che fanno (cioè capiscono che hanno comportamenti lesivi della dignità dell'altro), ma hanno scarsa capacità empatica, ossia non sono capaci di soffrire autenticamente per la sofferenza altrui. In genere è proprio questo sentimento di disagio che proviamo nell'osservare la sofferenza altrui a farci adeguare alle regole sociali. Nei nostri ragazzi invece, la sofferenza non causa né emozioni positive né negative, come se fossero incapaci di prendere posizione.
Sono invece molto suscettibili al concetto di reputazione: non importa se positiva o negativa, l'importante è che il gruppo dei pari riconosca loro un valore, un ruolo. Questo dato è supportato anche dall'osservazione pratica: spesso i ragazzi che sono testimoni di atti di bullismo dicono che la vittima di turno non è capace di difendersi, che ognuno deve pensare per sé, che è uno “sfigato” e così via, giustificando un questo modo il comportamento del bullo e riconoscendogli il valore di persona che “si fa da sé”, che sa farsi rispettare. E' evidente quindi che il concetto di reputazione per i ragazzi risponde a criteri che sono molto diversi da quelli degli adulti, ma questo a loro non interessa, non si sentono messi in discussione dal giudizio degli adulti.
La scuola è il primo esempio di istituzione che incontrano nella loro vita e con le reciproche violenze manifestano un forte contrasto con l'autorità.
Da rilevare infine che i dati scaturiti da questa ricerca vengono avvalorati da molte altre ricerche, soprattutto anglosassoni, che riscontrano nei giovani europei un alto grado di anaffettività, cioè la difficoltà di provare empatia con gli altri.

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