Il profilo della fondatrice, Maria Federici, nell’intervento di G. Palmerini
“Quando si scriverà la storia dell’emigrazione italiana, secondo i canoni storiografici cari a Jacques Le Goff, per interpretare e comprendere davvero in profondità la complessità del fenomeno sociale, economico e politico che nella seconda metà del novecento vide partire dall’Italia una rilevante parte della popolazione verso ogni angolo del mondo, nessuno storico serio potrà fare a meno di tener conto del rilevante patrimonio di attività dell’ANFE, l’Associazione Nazionale Famiglie Emigrati che celebra sessant’anni dalla sua fondazione. Un’opera imponente, in Italia e nel mondo, sviluppatasi nel secondo dopoguerra negli anni della grande emigrazione che vide svuotarsi interi paesi d’ogni regione d’Italia, in cerca di lavoro e di avvenire all’estero”. Così scrivevo qualche mese fa in un articolo pubblicato sulla stampa italiana all’estero. Ma soprattutto non si potrà fare a meno di studiare e conoscere la ponderosa opera della sua fondatrice, Maria Agamben Federici. Lo affermo con l’orgoglio d’essere abruzzese, per quasi un trentennio amministratore comunale della città natale di Maria Federici.
Nata all’Aquila il 19 settembre 1899 da Alfredo Agamben e Nicolina Auriti, famiglia benestante, laureata in lettere, insegnante e giornalista, Maria sposa nel 1926 Mario Federici, anch’egli aquilano, drammaturgo ed affermato critico letterario, tra le personalità più insigni del teatro e della cultura abruzzese del novecento. Da Roma, negli anni del fascismo, Maria si trasferisce con il marito all’estero, dove continua ad insegnare presso gli Istituti italiani di cultura, prima a Sofia, poi in Egitto ed infine a Parigi. Cattolica impegnata, profonda fede nei valori di libertà e di democrazia, la Federici matura la sua formazione influenzata dal pensiero cristiano sociale – il personalismo di Mounier e l’umanesimo integrale di Maritain – che avrebbe connotato profondamente la filosofia del secondo novecento. Esperienza significativa, quella vissuta all’estero dalla Federici, cresciuta nella consapevolezza del valore della giustizia sociale e del ruolo essenziale della donna, non solo nella famiglia, ma anche in politica e nella società. Al rientro in Italia, nel 1939, Maria Federici mette pienamente a frutto tali convinzioni con un intenso impegno sociale e d’apostolato laico. A Roma si attiva nella Resistenza, organizzando un centro d’assistenza per profughi e reduci.
Esempio davvero ante litteram d’emancipazione femminile, con trent’anni d’anticipo sui movimenti poi nati in Europa, sviluppatisi talvolta tra esteriorità ed esuberanze piuttosto che in impegni reali utili alla società. Nel 1944 è tra i fondatori delle ACLI, nella cui direzione ricopre l’incarico di Delegata femminile, e tra le fondatrici del CIF (Centro Italiano Femminile) del quale diventa prima Presidente, dal 1945 al ‘50. Ma sopratutto è una delle figure più importanti della nuova Repubblica democratica. Deputato all’Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana, dal 19 luglio 1946 al 31 gennaio 1948, contribuisce a scrivere le regole fondamentali della nostra Costituzione. Insieme a Nilde Iotti e Teresa Noce (Pci), a Lina Merlin (Psi) e Ottavia Penna (Uomo Qualunque), fu tra le cinque donne entrate nella Commissione Speciale dei 75 che elaborò il progetto di Costituzione poi discusso in aula ed approvato il 22 dicembre ’47. Promulgata il 27 dicembre dal Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, la Carta costituzionale entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Eletta alla Camera nel collegio di Perugia nella prima legislatura (1948-1953), l’on. Federici operò accanto a De Gasperi nella ricostruzione del Paese.
Frattanto, l’8 di marzo del 1947, Maria Federici aveva fondato l’ANFE. Presidente dell’ente sin dalla fondazione, lo rimarrà fino al 1981. Sotto la sua guida sicura, con infaticabile impulso, l’associazione si espande in tutta Italia, con sedi in ogni provincia, con una rete operativa diffusa nei comuni a più alta emigrazione, presente dovunque i problemi sono più duri, in Italia o nel nuovo mondo. Anche in quei lontani continenti nascono sedi dell’ANFE: in Argentina, Brasile, Venezuela, Stati Uniti, Canada, Australia, ma anche nel vecchio continente, in Belgio, Francia, Svizzera, Germania, Olanda, Lussemburgo, Gran Bretagna, con una rete capillare di strutture che diventano punti decisivi d’assistenza per i nostri emigrati, per la soluzione d’ogni problema sociale, burocratico ma anche psicologico nell’integrazione nelle nuove realtà. Dunque, un’opera notevole quella svolta dall’ANFE, nella formazione professionale, nel sostegno alle famiglie ed a difesa della loro integrità, nella crescita culturale, sociale e civile dei nostri emigrati. Insomma, le meritorie attività dell’ANFE, riconosciuto nel 1968 Ente morale, ne hanno fatto un insostituibile partner nei più alti organismi internazionali per l’emigrazione e l’immigrazione, recando l’enorme bagaglio di esperienze, patrimonio dell’Italia e della comunità universale. Merito appunto di Maria Federici, tra i più fulgidi esempi femminili d’impegno civile e politico della nostra Italia.
E’ scomparsa il 28 luglio 1984. E tuttavia il suo insegnamento e l’esperienza accumulata dall’ANFE sono il cespite su cui poggiano le fondamenta dell’Associazione per svolgere efficacemente il suo prezioso servizio sociale nel terzo millennio. L’opera di Maria Federici, il suo pensiero illuminato, il suo contatto diretto con persone e problemi, il suo stile restano un esempio notevole nel tempo che viviamo. Oggi stride con certe distanze medianiche, con la volatilità del pensiero politico, con l’incoerenza dei comportamenti, con la labilità dei riferimenti ai grandi valori. Nella difficile transizione che vive l’Italia, dove sovente domina l’apparenza piuttosto che l’essenza, quando talvolta persino l’opulenza viene ostentata a valore, esempi di vita quale quello testimoniato da Maria Federici – come di altre Personalità della sua generazione – sono indispensabili riferimenti per poter migliorare il rapporto tra Istituzioni e cittadini, per recuperare la necessaria credibilità della politica, per costruire nel reciproco rispetto il futuro del nostro Paese. Occorre dunque riscoprire una giusta austerità, nella consapevolezza che l’Italia può avere un grande avvenire se non perde la memoria dei buoni esempi del proprio passato, quale quello dato da Maria Federici. Del suo esempio e della sua opera possono andare fieri tutti gli Italiani, in Patria e nel mondo. L’Aquila, l’Abruzzo e l’Italia non la dimenticheranno.
*Goffredo Palmerini
ANFE Abruzzo e componente del Consiglio regionale Abruzzesi nel Mondo