di ROBERTO BECCANTINI
Dal buffetto alla sberla. L’Uefa non barcolla di fronte alla sceneggiata di Dida. Due giornate di squalifica. Una misura seria e condivisibile per inchiodarlo alle sue responsabilità e scoraggiare gli imitatori. Il portiere l’aveva combinata grossa. Nessun disegno, ma uno spettacolo così imbarazzante che persino allenatore e compagni avevano preso subito le distanze. Dal protagonista, viceversa, non una parola di scuse. Né la notte della partita, né dopo. Un atteggiamento che a Nyon non hanno gradito. Si era comportato in maniera molto più leale quando venne investito dai razzi interisti, la sera dell’euroderby. Ammesso che ce ne fosse bisogno, i filmati, esaminati dai giudici, hanno ribadito l’enormità della simulazione, non inferiore alla recita dell’avvocato Cantamessa: «C’è astio nei confronti di Dida».
Nello stesso tempo, trovo giusto non aver toccato il Milan: l’immediata rinuncia al ricorso – da non confondere con l’appello contro la sentenza, che personalmente avrei evitato comunque – ha fugato quei sospetti che l’irruzione della improvvida barella avrebbe potuto collegare ai lampioni e al ritiro di Marsiglia. Il Celtic, da parte sua, se la cava con una multa. Troppo poco. È vero che il tifoso non aveva intenti bellicosi (altrimenti, chissà come avrebbe reagito Dida), ma insomma: era pur sempre un’invasione di campo. Da punire, per scongiurare repliche, con un turno a porte chiuse. (LaStampa.it)