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Intervista al Senatore Lucio Malan

Oggi (13 sett.) si è discusso di Birmania. La grave violazione dei diritti umani che si perpetra da decenni ai danni di innocenti. E’ una situazione gravissima, allora come è possibile che non si adottino provvedimenti immediati? A che serve discutere quando, nel frattempo la gente viene sopraffatta nei diritti elementari?

Il fatto è che questa giunta militare regge grazie al sostegno della Cina, della Repubblica Popolare di Cina. Il governo di Pechino, fin dall’88 e cioè da quando i militari hanno preso il potere, sin dall’88 sostiene senza deviare di un millimetro dal suo percorso, questa dittatura. La sostiene per interessi economici, per interessi politici di accesso al mare e li sostiene anche perché, da parte loro, la Cina non può certo criticare la Birmania per il mancato rispetto dei diritti umani. La Cina credo che sia il regime record con la storia per il mancato rispetto dei diritti umani e lo dico con cognizione di causa. Anche per la enorme popolazione della Cina i numeri della violazione dei diritti umani superano quelli della Russia di Stalin superano quelli di Hitler e così via. E il regime è sempre quello, quello che c’è oggi.

La posizione dell’Italia, al di là della politica ufficiale che, ovviamente, deve adottare una dialettica oggettiva, qual è?

La politica dell’Italia in questo non può che essere fatta all’interno dell’UE. E’ chiaro che l’Italia da sola potrebbe fare ben poco. Io sono stato sfavorevolmente sorpreso dal fatto che il sottosegretario agli Esteri abbia chiesto di attenuare alcuni punti della risoluzione. In particolare chiedeva di ripresentare, presso le Nazioni Unite, una risoluzione di condanna nei confronti della giunta militare. Una richiesta fatta dal governo basandosi sul fatto che lo scorso tentativo era andato a vuoto. Ma lo scorso tentativo era andato a vuoto per il veto posto da Russia e Cina. Io credo che sarebbe l’occasione non per avere timore che lor signori del governo cinese possano essere contrariati, ma bisognerebbe fere pressione affinché i cinesi, quantomeno, non pongano il veto, poi possono votare contro ma potrebbero non porre il veto. Sarebbe loro dovere visto che sono il paese che ospita le Olimpiadi che sono forse l’evento che, dal punto di vista mediatico, emotivo, maggiormente unisce il pianeta assai più di una sessione generale della Nazioni Unite. Credo che sarebbe l’occasione per chiedere alla Cina di recedere, non recedere noi perché lor signori i dittatori cinesi hanno deciso che in Birmania le cose vanno molto bene così.

Siamo alle solite, la questione della democrazia e dei diritti umani, è esportabile? E se è esportabile lo è solo con sistemi altrettanto repressivi?

Non c’è bisogno di esportarla perché in Birmania in qualche modo, la democrazia c’era. Il maggiore esponente democratico che maggiormente con maggior rischio personale anche con maggiore rilievo si è battuto per i diritti umani in Birmania è Aung San Suu Kyi premio nobel per la pace che è assolutamente birmana. Cioè si tratta semplicemente di incoraggiare chi in questo paese sostiene la democrazia perché la sente come esigenza propria contro la giunta militare. Quanto poi al fatto che in questi paesi ci possa essere meno sensibilità sull’aspetto democratico, può anche essere vero. In questi giorni sono state arrestati dei dimostranti per aver fatto un pacifica manifestazione a favore dei diritti umani. Arrestati e torturati, uno di essi è stato ucciso. Credo che da parte loro non ci sia una sensibilità democratica inferiore. Non so quanti nel nostro paese sarebbero disposti a correre questo rischio per difendere la democrazia. La democrazia è forse più sentita in Birmania che da noi proprio perché manca.

Lei è intervenuto in aula oggi (13 sett.) qual è il punto cruciale del suo intervento?

Ho voluto sottolineare appunto il sostegno da parte della Cina alla giunta militare in Birmania. La Cina è un po’ il convitato di pietra quando si parla di Birmania. La Cina è stata menzionata di passaggio dal sottosegretario secondo me proprio in senso contrario, ha detto, che dato il veto della Cina, lasciamo perdere. Io credo invece che forse dovremmo fare esattamente il contrario. Ho voluto sottolineare questo aspetto. Alcuni colleghi del centro sinistra hanno mostrato di avere apprezzato il sottolineare questo punto. Detto questo, sono d’accordo con il testo della risoluzione prima che fosse attenuato dal governo. Noi possiamo fare per esempio, tutti i boicottaggi economici che vogliamo nei confronti del regime birmano, supponendo che i boicottaggi possano raggiungere qualche risultato in qualche caso sì ed in altri no, ma quando la Cina è il primo pertner commerciale non solo non partecipa al boicottaggio, ma sostiene la giunta in particolare fornendo, a prezzo d’amico, le armi, allora anche i boicottaggi sono inutili. Paradossalmente, detto da un collega di rifondazione informato su questi temi, la Birmania è il 15° paese al mondo per quantità di spese militari. Ed è la Cina a sostenere questo stato di cose.

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