Intervista a Dimos Flessas

È il grande amore che nutre per l’Italia, ciò che mi colpisce di più durante il mio colloquio con Dimos Flessas. Amore condiviso pienamente anche dalla moglie Pirko, di origine finlandese: mi parlano del nostro Paese con grande rispetto e soprattutto con grande nostalgia: «È li – mi dicono – che alla fine degli anni Sessanta ci siamo incontrati, sposati, ed abbiamo avuto il primo dei nostri tre figli». Nel suo laboratorio di pittura ingombro di tele, mentre gusto un caffè espresso, mi racconta qualcosa di più su sè stesso e sulla sua arte: di come gli anni passati a Roma, dove si è laureato in architettura, siano stati i piùsignificativi della sua vita, del piacere che prova ancora nel collaborare con l’Italia e di quanto abbia acquisito, fin da giovanissimo, dai grandi maestri italiani.
«In Italia, per la prima volta in vita mia, mi sono sentito libero, mi sono emancipato, è stata la mia prima esperienza di vita e mi ha dato un bagaglio culturale – mi sono laureato nel 1971- che in quell’epoca non era facile trovare in Grecia. Camminando per Roma, visitando i musei, ho potuto misurarmi dapprima, essendo molto giovane, con la mia istintività quindi, pian piano acquistare anche una certa coscienza critica. Tutta l’arte italiana il Medioevo, il Cinquecento, il Barocco, sono state una continua scoperta, un grande stimolo ed ho avuto la possibilità di poter conoscere un enorme patrimonio pittorico. A voi italiani sembrerà una cosa normale poter ammirare Caravaggio o Raffaello ma per un artista straniero, trovarsi davanti a tali capolavori, poterli studiare da vicino rappresenta un assoluto privilegio: egli resta indelebilmente colpito da tutta questa enorme ricchezza che diviene anche fonte di ispirazione».
Gli chiedo se si è ispirato a qualche pittore anche classico, visto che la sua pittura è moderna, metafisica. Mi mostra un’enorme tela con una deposizione, spiegandomi quanto abbia assimilato da Caravaggio sulla postura dei personaggi e soprattutto sulla luce.
Nell’opera di Dimos Flessas il tema centrale è l’uomo: un uomo moderno che èsempre in azione e movimento, un uomo microcosmo all’interno del cosmo, capace di racchiudere in sè gli equilibri e l’armonia della natura ma anche del vivere e del cooperare e con i suoi stessi simili.
« Nelle mie opere – dice l’artista – èsempre presente un modello di uomo cittadino del mondo. Il mio è un modello ideale, scaturito una ricerca difficile, che attraverso i miei molti esperimenti, ha finito per assumere le sembianze di un manichino senza volto; ciò tuttavia non gli nega la possibilitàdi poter acquisire uno specifico ruolo ed una propria personalità. In questo mi ha aiutato anche la tradizione popolare greca: Karaiosis, protagonista del nostro tradizionale teatro delle ombre, è proprio come i miei soggetti, un’ombra di profilo che ci passa davanti. Io non partecipo direttamente alla realtà personale delle figure che creo, ma ne sono semplicemente lo spettatore, così come lo è chi osserva la mia pittura».
Mi permetto di fare un’osservazione sui colori, spesso assai vivi ed espressivi, che egli adopera «nel colore – mi risponde – indubbiamente l’esperienza italiana ha condizionato il mio lavoro, così come anche la Grecia vi e presente attraverso gli elementi geometrici come le sfere, i triangoli, i cilindri ed i cubi. La geometria èdi origine greca e mi sembra che si sposi perfettamente con la definizione delle forme presenti all’interno del design tipicamente italiano. I miei personaggi sono articolati in modo geometrico, i loro arti sono tenuti insieme da viti, e quindi oltre ad essere sempre di profilo hanno anche un qualcosa di meccanico nei movimenti e sono nell’atto di correre sempre, sono una presenza costante ma sfuggente nella vita di tutti i giorni, qualche volta hanno una valigia in mano o dei pattini a rotelle ai piedi con cui scivolano nella vita quotidiana: il colore bianco che condraddistingue la figura del corpo umano la rende impersonale ed il fondo scuro su cui essa si staglia rappresenta l’immensità dell’universo. I colori vivi sono invece la speranza mentre i piedi di molti dei miei personaggi poggiano spesso su di una tavolozza di colori a guisa di pavimento che è poi la terra su cui l’uomo cammina con sicurezza in quanto essa rappresenta per lui l’elemento piùstabile».
Gli chiedo dei sui progetti futuri: mi risponde sorridendo che viaggiare spesso in Italia, come fa attualmente, non gli basta. Vorrebbe stabilirsi definitivamente in Toscana «per poter studiare ancora piùda vicino il Rinascimento, in ciò sono condiviso pienamente anche da mia moglie. Anche i miei figli amano l’Italia ed uno di loro, come me, ha studiato architettura a Roma».

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