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Intervista a Marco Fedi

L’On. Marco Fedi, deputato eletto nelle file dell’Unione nella circoscrizione Africa-Asia-Oceania-Antartide, di ritorno dall’Australia, sta riprendendo in questi giorni l’attività parlamentare a Roma. Varie le questioni sul tappeto che lo riguardano da vicino.

Nel Parlamento italiano esistono molte proposte di legge di riforma della 153/71, la norma che regola l’insegnamento della lingua e della cultura italiana all’estero. Qual è la sua idea?

Sgombriamo subito il terreno da un equivoco. L’insegnamento di lingua e cultura italiane all’estero non va “privatizzato”. Credo invece che si debbano trovare soluzioni adeguate rispetto a situazioni davvero diverse tra loro in termini di realtà dell’insegnamento e della diffusione della nostra lingua. Ci sono casi in cui l’impegno principale è degli enti gestori, altri dove il ruolo centrale è delle scuole italiane ed altri ancora dove gli ordinamenti scolastici locali hanno assunto un ruolo centrale. È fin troppo evidente, quindi, che il nuovo quadro normativo debba articolare e differenziare gli interventi conformemente al Piano Paese predisposto per ciascuna situazione specifica.

Esiste però un problema di risorse economiche?

Va affrontato con “realismo”. Mi spiego. Ci possono essere trasferimenti di risorse ad enti di diritto privato, che non perseguano il lucro, che si propongano fini ed obiettivi statutari relativi al benessere della comunità italiana e che rispondano, sia in Italia che in base alle legislazioni locali, a criteri di trasparenza e di corretta gestione amministrativa, sottoposta a controlli annuali. E tutto ciò non può definirsi una “privatizzazione” in senso tradizionale. Il dibattito, che si è trasferito sul piano ideologico, deve tornare ad essere legato alle soluzioni ottimali.

Quali sono?

Penso alla già citata differenziazione degli interventi a seconda della realtà Paese, all’azione didattico-formativa e di coordinamento affidata ai dirigenti scolastici i cui uffici devono essere adeguatamente dotati di personale amministrativo, all’azione di controllo da parte dell’autorità consolare, all’assunzione in loco di docenti e, in alcune realtà, se il Piano Paese indica quella soluzione come la più confacente ai bisogni formativi, anche assunti dall’Italia. Inoltre, è necessario operare un coordinamento tra diverse Direzioni del MAE con altri Ministeri che hanno competenza specifiche come il Ministero della Pubblica Istruzione, per concorrere a determinare le linee generali dell’azione di promozione e diffusione di lingua e cultura italiane. Mi sembra che questi elementi possano portare all’elaborazione di un testo condiviso da sottoporre all’attenzione del Governo o da ripresentare come proposta unitaria in Parlamento.

C’è poi un’altra questione “spinosa”. I diritti sindacali dei lavoratori del Ministero degli affari esteri.

A tal proposito, è necessario un chiarimento con i sindacati per quanto attiene due aspetti: la partecipazione democratica all‘elezione delle rappresentanze sindacali unitarie (RSU) e la questione delle retribuzioni e della ristrutturazione della carriera professionale.

Parliamo delle RSU.

Una premessa. La Costituzione della Repubblica italiana garantisce ai lavoratori, indipendentemente dalla natura del loro contratto di lavoro, la possibilità di partecipare alla vita sindacale e di eleggere le proprie rappresentanze. Qui noi stiamo parlando di circa 1.200 lavoratori, la maggior parte dei quali cittadini italiani o comunitari, che non hanno la facoltà di esercitare liberamente i loro diritti sindacali. Infatti questi lavoratori non sono destinatari della contrattazione collettiva e non possono eleggere le rappresentanze sindacali unitarie. Lo dimostra il fatto che in occasione delle ultime elezioni delle RSU, su un contingente di oltre 2.500 impiegati a contratto, solo il 50 per cento circa ha avuto il diritto di partecipare attivamente e passivamente alla elezione di propri rappresentanti.

Come è potuto accadere?

L’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), ha determinato che solo i destinatari del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) possono partecipare alle elezioni delle RSU, escludendo pertanto dal diritto di voto gli impiegati in possesso di un contratto regolato dalla legge locale. Tale grave discriminazione, in stridente contrasto con l’art. 3 della Costituzione e con i princ?pi comunitari, non tiene conto dello spirito del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (attualmente decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), con il quale il legislatore ha inteso garantire la partecipazione di tutti i lavoratori alle consultazioni per le RSU. A ciò si aggiunga il dettato dell’art. 93 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, come sostituito dall’articolo 11 della legge 23 aprile 2003, n. 109. Cito: «Il personale dell’Amministrazione degli affari esteri è costituito (…) dal personale delle aree funzionali come definiti e disciplinati dalla normativa vigente, nonché dagli impiegati a contratto in servizio presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura».

Seconda questione: retribuzione e carriera. Cosa pensa a tal proposito?

Bisogna riconoscere l’attività svolta per anni con impegno, professionalità e dedizione dagli impiegati assunti localmente dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti di cultura. C’è una proposta di legge che stiamo esaminando e che riprende un’analoga proposta presentata nella scorsa legislatura dai deputati Calzolaio, Spini ed altri, che dà luogo a un quadro normativo più adeguato, ispirato dalla legge n. 775 del 1956, la quale istituiva il ruolo speciale transitorio ad esaurimento. Anche su questo tema il confronto con i sindacati deve portarci a raggiungere un’ipotesi di riforma dell’intero settore.

Cambiamo argomento. Anche le pensioni in regime internazionale hanno goduto del recente aumento delle pensioni basse.

È un ottimo risultato. Non scontato. Però dobbiamo lamentare, nuovamente, un assoluto vuoto informativo da parte dell’INPS e di chi ha ulteriormente esaminato la legge n. 127 del 18 agosto 2007, approvata prima della pausa estiva, e ne ha limitato alcuni effetti.

I parlamentari eletti all’estero non hanno colpe in tal senso?

Non è un nostro compito esclusivo informare, soprattutto quando vi sono interpretazioni della legge da parte delle pubbliche amministrazioni. Il compito dei parlamentari è di monitorare l’applicazione pratica della legge affinchè sia rispettata la volontà del Parlamento. E in tal senso esprimiamo ancora preoccupazione per la mancata messa a regime di un sistema di verifica reddituale annuale anche all’estero. Questa situazione potrebbe portare al crearsi di ulteriori indebiti. Semmai noi parlamentari dell’Unione abbiamo dei meriti.

Quali meriti?

Per quanto concerne le nuove modalità di pagamento delle pensioni all’estero, alla luce dei problemi insorti e relativamente alle misure adottate dall’Istituto per il superamento dei problemi iniziali, è stato significativo l’intervento dei parlamentari de l’Unione eletti all’estero e dei patronati. Abbiamo ribadito la necessità della messa a regime del nuovo sistema di pagamento e, soprattutto, la realizzazione di un archivio informatico.

Si è discusso anche di una sanatoria indebiti pensionistici di recente.

Per la sanatoria abbiamo presentato una proposta di legge che dispone l’abbandono del recupero delle prestazioni pensionistiche e familiari erogate indebitamente dall’Inps a oltre 50.000 pensionati residenti all’estero per i periodi dal 1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2005. Si tratta di una ragionevole ed inderogabile sanatoria di indebiti che si sono spesso costituiti a causa di ritardi e di farraginose procedure con cui vengono acquisite e registrate le informazioni reddituali dei pensionati residenti all’estero.

Insomma un condono degli indebiti pensionistici dei residenti all’estero a cui potrebbero seguirne di altri in futuro…

No, questa sanatoria potrebbe essere l’ultima, dal momento che, ci è stato riferito dallo stesso Inps, è allo studio un provvedimento che, riformando e sistematizzando con cadenza annuale le procedure relative alla rilevazione dei redditi dei pensionati residenti all’estero, dovrebbe eliminare a regime le cause che provocano l’insorgere delle situazioni debitorie.

I costi dell’operazione?

In realtà non si tratterebbe di costi effettivi ma di un minor recupero, peraltro di somme difficilmente esigibili per ragioni legislative, tecniche e territoriali.

Ultimo argomento. Il Partito democratico è in costruzione. Anche nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide?

Il cantiere procede. Sono nati anche in Australia i comitati a sostegno della candidatura di Walter Veltroni alla guida del Partito Democratico. Importanti iniziative si sono svolte a Perth, Adelaide, Sydney e Melbourne. I comitati hanno approvato un documento politico in cui si stabiliscono gli orientamenti per le candidature nella lista Democratici Italiani nel Mondo per Veltroni, nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide.

Quali orientamenti?

I Democratici Italiani nel mondo si accingono a dare un contributo significativo alla costruzione di un partito nuovo. Un partito che nasce anche con il contributo originale degli italiani all’estero e che determinerà, fin dalla sua nascita, sia la struttura organizzativa all’estero che l’indirizzo programmatico. È un passo decisivo per la costruzione di una nuova cultura politica, in cui gli italiani all’estero possano contribuire anche alla creazione di percorsi internazionali, globali, per la pace e la sicurezza, lo sviluppo sostenibile, la tutela dell’ambiente, l’avanzamento dei diritti delle persone e la loro integrazione. Inoltre, il nuovo partito dei democratici italiani nel mondo avrà il compito di contribuire a rafforzare il legame politico e culturale con le comunità italiane nel mondo, a portare avanti un piano di riforme indispensabili per rendere davvero efficaci gli investimenti del nostro Paese all’estero.

A chi vi rivolgete?

Il Partito dei Democratici italiani nel mondo si aprirà a nuovi soggetti attingendo da esperienze politiche e culturali diverse tra loro, ma in grado di costruire un percorso autenticamente riformatore. La novità di questo processo politico è rappresentata dalla candidatura di Walter Veltroni. Su capacità di aggregazione di forze e soggetti nuovi e programma, dovremo fare insieme una valutazione di merito nei prossimi mesi. Il mio auspicio è che l’apertura sia la più vasta possibile. Credo che la politica sia bella quando è servizio e quando tutti i cittadini hanno occasione per costruirla, per parteciparla, per rappresentarla.

Ma poi i democratici italiani nel mondo conteranno davvero nel Pd?

Mi sembra che l’elezione di sette componenti dell’assemblea costituente è anche occasione di partecipazione. Una partecipazione che vedrà altri momenti signficativi con l’elezione nei prossimi mesi, sia in Australia che nell’intera ripartizione elettorale, degli organismi dirigenti del Partito Democratico.

On. Marco FEDI
Camera dei Deputati
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