La Grecia è un paese ricco ma triste…

Gli analisti economici scommettono sull’aumento del PIL, per i prossimi cinque anni, di circa il 4% annualmente. Caso unico in Europa. La Borsa, secondo quanto afferma Luca Focardi della Banca HSBC, è in continua crescita ed è leggermente sottostimata. Per i prossimi cinque anni sono previsti investimenti in infrastrutture dell’ordine di una decina di miliardi di Euro. Con l’arrivo di questi capitali provenienti dall’ Unione Europea aumenterà la circolazione di denaro (secondo alcuni economisti è la sua circolazione che sviluppa la domanda) e naturalmente la percentuale di economia in nero: vero tallone di Achille delle casse pubbliche.
La Grecia è un Paese che sta diventando ricco, ma soffre ancora di arretratezza nella sua rappresentanza politica. Troppe clientele, troppi favori di scambio, troppo elefantiaco la macchina statale. La Grecia è un Paese ricco, ma un Paese triste, svogliato, cinico e pedante. Questi riflessi si sono visti nella campagna elettorale. Tutti i leader, diciamo i due principali Karamanlis di Nuova Democrazia e Jorgos Papandreu del Pasok, parlano di “futuro”, di “faremo”, di “cambieremo”, ma il loro sguardo è rivolto al passato. Parlano ancora al ventre molle del Paese, quella parte dell’elettorato che vota per “tradizione familiare”, la parte nuova, manageriale e produttiva, quella che ha studiato all’estero, che si immagina con progetti specifici il futuro, rimane per ora ad assistere alle promesse di cambiamento e di riforme che vengono offerte dai leaders.
A pochi giorni dal voto, nessuno ha le idee chiare sui programmi dei due partiti principali: hanno parlato di riduzione delle tasse, di riforma del sistema pensionistico, di riforma della burocrazia, di privatizzazioni, di sviluppo sostenibile. Ma tutto sul vago. Persino sul futuro delle terre bruciate in Peloponneso – vera emergenza del futuro governo – i discorsi sono stati vaghi, anche se Papandreu ha insistito sulla inefficienza del governo, dimenticando che per vent’anni è stato il governo socialista a ricevere sovvenzioni da Bruxelles per la protezione dell’ambiente. Ma nulla è stato fatto.
A rendere ancora più incerto il risultato sarà la legge elettorale, votata dal governo Simitis. Spesso in Grecia si è cambiata la legge elettorale, ma alla fine si è stabilita una regola di democrazia: ogni cambiamento deve essere applicato dopo due legislature. Ebbene, votata nel 2000, oggi la legge che introduce una maggiore proporzionalità, potrebbe portare anche al mancato raggiungimento della maggioranza dei seggi, 151. Karamanlis ha già dichiarato che senza una maggioranza sicura, il Paese ritorna a votare, il Pasok ha invece lasciato la porta aperta a possibili governi di coalizioni. Ma in Grecia, storia insegna che le coalizioni sono sempre state l’anticamera di profonde spaccature sociali e politiche, di tradimenti e di pronunciamenti militari.
Maurizio De Rosa

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