La protesta dell’on. Gino Bucchino

Un paio di settimane or sono attraverso una lettera aperta indirizzata al Vice Ministro degli Esteri Franco Danieli, lanciavo un grido di allarme sulla situazione delle rete consolare italiana in Canada con particolare riferimento ai consolati onorari. Faccio finta di illudermi che il silenzio istituzionale che ha fatto seguito alla mia lettera sia dovuto al periodo estivo e torno quindi sull’argomento arricchendolo di fatti nuovi. Premessa necessaria è che, fatti e dati fanno necessario riferimento solo alla situazione che meglio conosco ma è certo ragionevole pensare che la situazione drammatica che denuncio sia in realtà di portata mondiale e tale da imporre una seria riflessione politica. E tanto per non nascondersi dietro un dito e per ribadire la mia convinzione che la situazione Canada è la stessa di tutto il mondo, dico con forza che viviamo una situazione della quale ci dovremmo tutti sentire per lo meno in imbarazzo, primi fra tutti noi, Comites, CGIE e Parlamentari eletti all’estero. Sono anni che conosciamo questa situazione ma anche noi lasciandoci forse prendere dall’incanto del far politica e del sentirsi investiti di chi sa quale potere invece di metterci a gridare, lottare, attuare forme di lotta e di ricatto, invece di dimetterci tutti in massa, invece di incatenarci davanti alle sedi dei Consolati, invece di occupare civilmente, ma sì pur sempre occupare, Consolati, Ambasciate e Ministero degeli Esteri, facciamo anche noi, ormai da anni, le solite interminabili riunioni dove diciamo che all’estero bisognerebbe aumentare il contingente del personale a contratto assunto in loco, continuiamo a dire che è una totale imbecillità mandare a Addis Abeba un autista da Roma o, peggio ancora, a Toronto un esperto informatico sempre da Roma. Ad Addis Abeba, ma anche a New York o Buenos Aires, l’autista romano spesso non conosce la lingua e sempre non conosce le strade. Non so esattamente quanto costa un autista “romano”, certo non meno di 5 – 7 mila Euro al mese. Stesso discorso, quanto a costi, per l’esperto informatico. A Toronto un esperto informatico “romano” costa non meno di 100,000 Euro l’anno, un esperto informatico “locale” può costare al Massimo 35,000 Euro l’anno. E che dire poi dell’altra schizofrenica pensata che gli inviati da Roma devono andare in una città straniera, dove al massimo ci resteranno 4-5 anni, a cercarsi casa, organizzarsi il trasporto di mobili e masserizie (pagati ovviamente dallo Stato) quando invece sarebbe tanto più semplice che lo Stato affittasse o comprasse in loco gli appartamenti necessari da dare in locazione, o gratuitamente, ai loro “inviati”? Insomma per farla breve altri Paesi, ai quali noi abbiamo insegnato tante cose, a cominciare dallo stesso istituto dei “Consolati”, come Spagna, Francia, Inghilterra compresi, tanto per citarne alcuni, ma anche Paesi che si sono affacciati da poco sulla scena internazionale, come i paesi baltici, hanno i loro uffici consolari in moderni edifici facilmete accessibili e contano al massimo un personale espatriato di 3-4 persone: il titolare della rappresentanza, il suo vice, l’addetto ai visti e l’addetto al materiale cifrato, delicato e segreto. Tutto il resto è personale locale. Noi invece abbiamo i Sindacati che legittimamente fanno il loro dovere di difendere il posto di lavoro e lo stipendio dei loro assistiti. Ma non sono cresciuti, non hanno maturato quei cambiamenti che dovevano essere fatti. E’ lecito porsi la domanda se dovevano tentare qualcosa di nuovo? E’ vero, un dipendente del Ministero degli Esteri quando lavora in sede, a Roma, guadagna tre soldi, al pari di tanti, milioni, connazionali che lavorano in Italia nella pubblica amministrazione. Quando invece lo stesso dipendente in missione all’estero guadagna 4-5 volte tanto e può sperare così di acquistarsi una casa e mettere da parte un pò di soldi. Cosicché, per mantenere consenso i sindacati si limitano a difendere il privilegio dello stipendio della missione all’estero rifiutandosi di portare una ventata di modernità e di aprire le porte ai contrattisti rigidamente mantenuti sotto il tetto numerico delle 2000 unità in tutto il mondo. Hanno mai pensato I nostri Sindacati all’enorme beneficio a favore dei nostri connazionali all’estero e dell’immagine dell’Italia che apporterebbero utilizzando meglio gli stessi soldi? Con lo stipendio di un autista “romano” se ne potrebbero assumere in loco 3 o 4 in paesi come il Canada e addirittura una decina in paesi come il Kenia o l’Etiopia.
Ed eccoci alla nostra situazione “canadese”. La rete consolare è in agonia. Le nostri sedi sono fatiscenti e senza nessun requisito di sicurezza per il personale che ci lavora e per le persone (i nostri connazionali) che hanno la sfortuna di tanto in tanto di avere bisogno di recarsi in consolato per una qualsiasi pratica o che, peggio, perché quasi sempre si tratta di nostri anziani che hanno l’obbligo di andare in consolato per far vedere che sono ancora vivi per continuare a sperare di ricevere due lire di pensione. Dato che non ci sono più soldi (ma non e’ vero), la rete dei Consoli onorari invece che potenziata viene smantellata e invece di cercare di fare almeno riferimento ai Consolati onorari, così vitali in paesi come il nostro si fa di tutto per chiuderli o per togliere alle persone che vi lavorano qualsiasi voglia di fare il Console onorario. Ho parlato personalmente con numerosi Consoli onorari, altri mi hanno scritto accorate lettere di aiuto. Persone delle quali l’Italia deve essere orgogliosa e verso le quali dovrebbe essere riconoscente. Ecco i conti: nell’anno 2000 al Consolato onorario X veniva riconosciuto un contributo di 17,000 dollari canadesi all’anno (poco più di 1200 dollari al mese). Soldi che avrebbero dovuto aiutare a coprire le spese per l’affitto di una stanza degna di chiamarsi tale, della luce, e di un “gettone” (non vedo come altro chiamarlo) da riconoscere ad un altro altrettanto “onorario” volontario che potesse aiutare a mandare avanti il lavoro di ufficio. Nessun riconoscimento economico ovviamente al Console onorario. Oltre questo contributo spese veniva anche riconosciuto dietro opportuna documentazione, un rimborso per le spese telefoniche e postali. Nel 2006 il contributo allo stesso consolato onorario e’ stato ridotto a 10,000 dollari canadesi. Nel 2007 il contributo è stato portato alla cifra ormai nemmeno simbolica di 3500 dollari canadesi l’anno, (nemmeno 300 dollari al mese). E il rimborso spese? Scomparso dal 2005, cioè zero, anche se la nostra amministrazione (non aveva osato tanto nemmeno la proverbiale amministrazione “borbonica”) in questi tre anni ha comunque inviato ai Consoli onorari i moduli per i rimborsi accompagnati da una cortese lettera di invito a riempirli dovutamente in tutte le loro parti. Siamo ormai arrivati alla più incredibile imbecillità, tanto grave che ce n’è anche per una sana risata. Bene non resta altro da dire, se non il chiedere scusa a tutti i nostri connazionali all’estero e vergognarsi per il nostro complice comportamento, per non essere riusciti a fare nemmeno un graffio all’apparato di potere, quello sì immarcescibile, del Ministero degli Affari Esteri resistente a tutto e tutti, nonostante la presenza e azione di qualche illuminato Direttore Generale della DGIEPM (mi piace ricordare i nomi dell’ambasciatore Marsili e dell’Ambasciatore Benedetti) e nonostante l’avvicendarsi di qualsiasi governo. Dicevo che invece sì i soldi ci sono. Eccome se ci sono!! Basta guardare a quanti ne vengono spesi per le missioni all’estero ufficiali (ne hanno fatte tutti i governi), quasi sempre se non inutili almeno pletoriche e anche quelle, non necessariamente utili e non sempre richieste a carattere misto, ufficiale e privato, come quella in corso ( a partire dal 6 settembre) del Presidente del Senato. Siamo contenti della sua visita in Canada. Non siamo altrettanto contenti al sapere che ci sarà un seguito di una ventina di giornalisti per i quali è stato prenotato un pulmino a spese del Senato. Con gli stessi soldi sarebbe stato possibile mantenere in vita un Consolato onorario per i prossimi dieci anni. E scusate se è poco. Vorrei invitare , per concludere tutti i Consoli onorari a dimettersi e mi inchino davanti al loro coraggio di restare al loro posto nonostante l’offensiva elemosina che ricevono dal nostro Paese. Quanto al sottoscritto non mi dimetto dal mandato solo perchè spero, anche attraverso questo grido di allarme, di portare a casa qualche cosa per i nostri connazionali all’estero, prima che questa legislatura (per me prima e ultima) vada a termine.

Gino Bucchino

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