Siamo diversi quindi esistiamo

Nell’atto di essere sgradevoli siamo obiettivamente tutti uguali

Se le ossa dello scheletro avessero avuto un colore, se le ossa di alcune popolazioni fossero state “negre”, quindi nascoste dietro un resistente strato di derma, la discriminazione razziale ci sarebbe stata comunque

Chi l’avrebbe mai detto che, un pigmento, potesse divenire pretesto di discriminazione razziale. Eppure, la melanina svolge un ruolo che si stenta ancora a comprendere. Sarebbe un conduttore organico derivato dall’aminoacido tiroxina e via discorrendo. Una cosa è certa, da questa dipende il colore della pelle. Non è poco.
Intere generazioni di individui sono state discriminate ed ancora lo sono perché il colore della pelle connota un diverso da noi dal quale guardarsi.
La gente comune, bianca, sente subito il desiderio di difendersi perché insieme al colore, cambiano gli odori ed i profumi lasciando intatti gli olezzi sgradevoli. Nell’atto di essere sgradevoli siamo obiettivamente tutti uguali. La reazione di “specialità” del bianco al cospetto dell’essere umano colorato, però, si giustifica tutta nei rimedi, nella organizzazione della casa, nella pulizia dei pavimenti, nell’igiene intima, nella presunzione, insomma, che siamo depositari di una soluzione all’avanguardia, evoluta.
Questo atteggiamento, conduce pericolosamente a farne motivo di discriminazione.
Essere neri, non è stata e non è certo una bella cosa. Così come essere Ebrei in epoche non sospette e senza l’ausilio della melanina.
La discriminazione razziale è un progetto sciagurato e criminale. Una costruzione poggiata su fondamenta di carta pesta ammantate di retorica, spugnate dalla bava idrofoba di “intellettuali” derelitti.
Contro di questa, il mondo intero non ci può più di tanto. Contro di questa, non basterebbero scioperi generali protratti ed insistiti nel tempo e nello spazio, così come non sono bastati milioni di vittime che l’hanno subita e combattuta.
Scioperi di anime. Anime in sciopero, indotte dalla consapevolezza fresca prerogativa delle nuove generazioni: il futuro, il domani.
Non è agevole pensare che queste differenze di colore, di fisionomie tanto evidenti ad occhio nudo,siano un caso frutto della evoluzione e basta. Sono lì a mettere alla prova l’essere umano. Estroflettono angoli della coscienza per poterne demolire ogni alibi. Esse sono evidenti, però, e questo fatto diventa terreno fertile per coltivare la lotta e dimostrarne l’inferiorità e la subordinazione razziale. Se le ossa dello scheletro avessero avuto un colore, se le ossa di alcune popolazioni fossero state “negre”, quindi nascoste dietro un resistente strato di derma, la discriminazione razziale ci sarebbe stata comunque. Certo.
Dopo le prime operazioni chirurgiche, ci saremmo accorti di questa caratteristica ed avremmo cominciato ad elaborare il “progetto” della diversità, su base scheletrica. Aggiungendo nei passaporti insieme alle generalità la dicitura: di scheletro nero.
E’ proprio così che funziona il cervello di un antisemita, per esempio. Un bianco ebreo, per chi non sa che sia ebreo, è solo un bianco. Dal momento che si viene a conoscenza del fatto che è anche un ebreo, allora, il fatto di essere bianco diviene irrilevante.
Ma le nuove generazioni, sono composte da menti sane, l’unica preoccupazione sta nell’attenzione che si deve porre per evitare l’inganno protratto della leggenda metropolitana reiterata, della narrazione infetta sulle ragioni della diversità e sulla “logica” della discriminazione.
L’umanità è bella perché varia. Ciascun popolo è bello e custodisce saggezza utile alla vita di tutti gli altri. Questo i giovani lo sanno. Hanno solo bisogno di codificare il messaggio che hanno recepito per poterlo tramandare. Hanno anche l’obbligo di correggere e di intervenire però. L’obbligo di essere protagonisti.
Sin qui, le forme più evidenti ed elementari di razzismo. Ma cosa dire al cospetto di tentativi più subdoli e sottili di emarginazione, discriminazione, per esempio, in base al sesso?
In Italia si è parlato tanto di quote rosa. Significa che la protesta esposta dalle donne italiane, contiene una denuncia: esse si sentono discriminate rispetto ai loro colleghi uomini sia alla partecipazione delle compagini governative del paese, sia alla copertura di posti di prestigio istituzionali a causa di una presunta inferiorità manifesta. La cosa è ancor più miserabile, qualora fosse possibile. Qui siamo alla codifica di un elenco scelto sulla base del sesso. Siamo agli antipodi della discriminazione. Immaginiamo allora cosa accadrebbe ad una signora nigeriana che aspirasse a fare il ministro.
Eppure, negli emicicli, siamo tutti bianchi, forse nessuno è ebreo, ma qualcuno è donna. Ed essere donna è una diversità che inficia il posto stesso di lavoro, in questo caso, quello di parlamentare. La donna come categoria inferiore per specie e genere, l’antonomasia della discriminazione fatta prassi. Ben ci stà, se tanto ci dà tanto, non resta che vergognarsi!
Le generazioni future devono sapere che solo quando un parlamento composto del 100% di donne, non farà alcuna notizia, solo allora, potremo esser certi di aver superato il problema.
Essere diversi è bello. Cosa sarebbe di un mondo di tutti uguali? Un mondo monotono, atono, acromo, depresso.
Nel variegato campionario umano, c’è lo stimolo all’impegno ed allo studio. Si cresce e, con il confronto delle culture, degli usi, delle civiltà, persino del peccato, si moltiplica l’esperienza, si comprende il vero significato della tolleranza.
E’ nella diversità che ciascuno riscopre sé stesso. Siamo diversi, quindi esistiamo. Abbiamo in questo modo la prova di esistere e se esistere è bello, avere questa consapevolezza, aiuta ad essere solidali, anzi, obbliga naturalmente ad esserlo quasi fosse una funzione fisiologica.

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