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La politica che si suppone

Formato il nuovo governo, è il momento della pianificazione sistematica degli equilibri prima ancora dell’attuazione dei programmi.
La vittoria risicata del centrosinistra, specie per i numeri al Senato, mette a rischio la maggioranza e favorisce opportunità di accordi tra i diversi schieramenti. Il peso politico di un senatore, a questo punto, è di gran lunga maggiore, tira più di una pariglia di deputati. E’ facile, dunque, immaginare quanto ambito sia il suo ruolo e quanto determinante possa risultare un solo voto in più.
Il centrodestra sembra convinto, però, che, a patire questa sofferenza, sarà solo il centrosinistra. E non si capisce perché. Non si comprende per quale motivo, specie quando il peso e le misure del potere hanno subito un cambio di direzione drastico, il centrodestra si senta escluso da ogni danneggiamento. Si tratta di un errore di valutazione ingenuo e grave al tempo stesso. Si ignorano, o si fingono di ignorare quegli “alligatori” che sanno vivere molto bene in egual misura sia sott’acqua che sulla terra ferma. Eppure, la storia parlamentare degli ultimi venti anni è prodiga di esempi, di passaggi da destra a manca e di balzi “ballerini” soprattutto nei momenti del bisogno. E questi non sono i soli. Molti, invece, accampando, a volte, una presunta onestà di vedute che li ha costretti “per coscienza politica” a divergere, girano le spalle alla propria coalizione. Pochi altri, invece, per coerenza ideologica e riassuntiva di un progetto e di un confronto politico, hanno quasi sempre strillato il loro dissenso ed avanzato, nel contempo, i propri dubbi. Questi ultimi, sono degni di attenzione non fosse altro perché latori di una predisposizione positiva al contraddittorio, di una posizione, comunque sia, chiara.
Il centrodestra, dunque, sembra sicuro di sé. Non vede alcun pericolo che non sia a carico degli opposti schieramenti. Ma non è così. La citazione latina di cui si è spesso abusato, la celeberrima “do ut des” è stata coniata per merito della politica. Niente per niente. Basta seguire la formazione di un nuovo governo per capirlo. Questo a Tizio, questo è di Caio, Sempronio pretende quel dicastero, Mevio minaccia l’appoggio esterno e via discorrendo.
Il venticello della politica che si suppone serva a scongiurare agguati, a scoprire sotterfugi e ad evitare trappole, invece, finisce con l’agevolarne l’attuazione.

L’on. Marco Follini è senatore di questa Repubblica. Egli è reduce da rapporti oramai “consumati” all’interno dell’UDC, deteriorati già da prima che fosse costretto a lasciare la guida del partito. Ebbene, sbaglia chi crede che non abbia niente da recriminare. Commette un errore politico serio, chi continua a sottovalutarlo cercando di mobbizzarne la personalità politica ed il peso. Marco Follini e qualche altro senatore a lui legato e non solo, oggi, sono il vero ago della bilancia che farà la differenza agli esigui numeri del senato. Ciò si saprà per sua stessa bocca quando sorgeranno divergenze di linea politica. Il prossimo appuntamento referendario sulla devoluzione, sarà il primo esempio. Non è uno che cela ciò che pensa. Ma sa pianificare perché dotato di una intelligenza politica che neanche l’ex Presidente della Camera sa eguagliare. Così come, per sua ammissione, ha elogiato la figura di Massimo D’Alema per il Quirinale e votato Giorgio Napolitano Presidente della Repubblica. D’altronde, bisogna ammettere che è stato molto più coerente, per lui, apprezzare le qualità di Napolitano ed accettarne il prestigio vero o presunto che fosse, prima della sua proclamazione piuttosto che dichiararlo a squarciagola solo dopo e senza averlo votato. Ma ciò è oramai, agli atti.
Immaginare un quadro politico al Senato che ponga Follini transfugo al gruppo misto, allora, non è proprio fantascienza politica. Questo aspetto sembra essere ignorato dal centrodestra. Eppure, se il tentativo di metterlo all’angolo, continuerà, se la linea della casa delle libertà si ostinerà a ritenerlo una palla al piede, allora sì che quel piede sarà pesante.
Diventa, poi suggestiva, l’ipotesi per nulla peregrina, di una accordo segreto tra Follini e Mastella di future e neanche troppo lontane collaborazioni. Insieme, essi, potrebbero tentare una spallata al sistema e smuovere l’inerzia centrista in senso centripeto. Il risultato sarebbe veramente eclatante. Da un lato la caduta del governo Prodi per mano di Mastella, dall’altro, la ribalta centrista di Follini senza, per questo, aver scavalcato il muro di cinta della sinistra e, buonanotte ai suonatori. Si tratta, è chiaro, di fantasie, di scenari improbabili ma, è necessario aggiungere nient’affatto inverosimili. Certo che Follini e Mastella insieme, in un momento in cui nessuno se lo aspetterebbe, potrebbero rendersi protagonisti della politica dei prossimi anni. Autori di una “Pearl Harbor” tutta italiana.

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