La liberalizzazione della telefonia fissa

Un settore ancora da disciplinare seriamente

Con l’aumento dei gestori di telefonia si è avuto un incremento del contenzioso tra utenti ed aziende telefoniche

Il libero mercato della telefonia ed il conseguente proliferare dei gestori, ha portato anche ad un aumento del contenzioso dovuto ad una ampia tipologia di contratti in uso.

I casi di inadempimento contrattuale, sono numerosissimi e conducono i giudici di merito ad erogare risarcimenti di danni non patrimoniali dovuti a casi di mancata attivazione dei servizi oppure a casi di attivazioni di servizi non richiesti.

Il danno non patrimoniale, secondo l’art. 2059 del c.c. è: «Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge». Questo non è facilmente quantificabile in quanto il danno morale e, recentemente anche i danni non patrimoniali derivanti da lesioni di interessi di rango costituzionale inerenti la persona, vengono liquidati non sulla base di criteri legati alla capacità di produrre reddito, ma con valutazione equitativa. La condizione necessaria per il risarcimento di qualsiasi danno non patrimoniale è che sia riscontrabile una lesione di interesse di importanza costituzionale, per esempio, il danno esistenziale. In questo modo viene superato il limite dell’art. 2059 la cui applicazione era circoscritta ai soli casi nei quali il danno era derivato da un fatto costituente reato ai sensi dell’art. 185 c.p. In ciò ha contribuito la Suprema Corte di Cassazione con le sentenze nn. 7281, 7282 e 7283 del 2003 nonché con sentenze confermative nn. 8827 e 8828 con l’aggiunta della sentenza n. 233 della Corte Costituzionale. Queste pronunce hanno svincolato l’applicazione dell’art. 2059 dal combinato con l’art. 185 del c.p. Tali decisioni introducono il concetto di risarcimento danni riparatorio in nome della solidarietà sociale. D’altronde, questa limitazione, cozzava con il dettato dell’art. 3 della Costituzione, principio di uguaglianza, ponendo in atto una vera e propria disuguaglianza e, conseguentemente, disparità di trattamento tra vittime i un reato e vittime di un illecito civile.

Nei contratti di telefonia, il danno è ,spesso, di lieve entità. Con il diritto a vedersi risarcire danni non patrimoniali di interessi di rango costituzionale, non è affatto detto che il pregiudizio subito dal danneggiato non sia rilevante.

Ciò premesso, prescinde, come ovvio, dall’inadempimento contrattuale, il quale, per codice, permette di tutelarsi nei propri interessi violati dai quali derivi un pregiudizio del consumatore.

L’azione davanti al giudice, deve essere preceduta dl tentativo di conciliazione obbligatorio proposta ad un organismo di controllo, il Co.re.com., Autorità di Garanzia nelle Comunicazioni voluto dalla legge n. 249/1977. Il ricorso al Co.re.com. sospende per 30 giorni la possibilità di ricorrere al giudice ordinario e, nel caso di responso negativo, lo preclude.

Non mancano orientamenti discordanti per quanto riguarda l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione voluto dalla legge. Infatti, il Giudice di Pace di Taranto, con sentenza 18 dicembre 2004 ed il Giudice di Pace di Catania, con sentenza 31 dicembre 2004, hanno stabilito che il tentativo di conciliazione non sarebbe da intendersi come obbligatorio perché, se così fosse, contrasterebbe con l’art. 24 della Costituzione per cui si precluderebbe a monte un diritto di ogni cittadino: «la possibilità di rivolgersi al suo giudice naturale». In più, il tentativo di conciliazione obbligatorio, secondo questo orientamento, riguarderebbe solo violazioni di diritti o di interessi protetti dal diritto privato o da norme in tema di telecomunicazioni, non riguarderebbe quelle di violazione di una norma di legge come l’attivazione di un servizio non richiesto o addebito all’utente di spese di fatturazione.

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