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Quel 27 gennaio del 1945

Sassanta anni fa, il 27 gennaio del 45 i primi russi, comandati dal maresciallo Ivan Koniev, liberando Auschwitz non avranno creduto ai loro occhi alla scoperta dell’olocausto. Neanche il più veterano dei soldati aveva mai visto un tale scempio. Nessuna ferita, nessun cadavere dilaniato, nessuna bomba aveva mai procurato una tale criminale pianificazione del delitto di massa. Nessun crimine di guerra poteva essere minimamente paragonato allo sconquasso della dignità degli uomini morti nei lager, al puzzo putrescente dei forni “esausti” dal lavoro intasati da corpi sciolti. 5.878.000 furono le vittime dell’olocausto.
L’Italia contribuì con 15.000 uccisioni. La Bulgaria ammazzò di meno in Europa: solo 7000 ebrei. Tutti quelli che sono sopravvissuti hanno il terrore che, col passare delle generazioni, con la morte dei testimoni e dei sopravvissuti, si possa dimenticare questo “schifoso” periodo della storia criminale dell’umanità. Molti intellettuali ebrei, miracolosamente scampati ai campi di sterminio, non hanno sopportato il ricordo angosciante di quella esperienza. Non riuscendo a cancellare quel maledetto numero tatuato sull’anima, alcuni di loro si tolsero la vita. La maggior parte di essi erano scrittori. Primo Levi fu tra questi. Gli scrittori più di tutti gli altri artisti perché la parola scritta, cercata e scelta con cura, visualizza bene l’immagine e, nel racconto, ne fa un film pieno di particolari. Nel caso della Shoah, lo scrittore individua con la precisione del cecchino i particolari agghiaccianti, riesce, con perizia e con una abilità descrittiva maniacale, a proporre la storia ammantandola di ingredienti che vivono di vita propria: suoni, lamenti, spari, urla, dolori, odori, sentimenti persino il calore del sangue fresco. La disperazione descrittiva diviene masochismo e la narrazione diviene vita vera. Lo scrittore, allora, si sente oppresso ed eternamente sofferente a vivere ed a rivivere di continuo le atrocità sopportate. E’ come se si sentisse chiuso in una bara ancora vivo nel bel mezzo di un gran prato verde e fiorito. Sarebbe difficile per chiunque accettare di continuare a vivere in quelle condizioni.

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